Posso definitivamente far rientrare Emma (2020) tra la Top10 dei miei film preferiti!
Non solo per la trama, leggera ed attualissima, ma soprattutto per i costumi che andrò ad approfondire in questo post.
Il film è l’adattamento cinematografico dell’omonimo romanzo del 1815 di Jane Austen, famosa scrittrice britannica vissuta a cavallo tra il Settecento e l’Ottocento. Noti sono i suoi romanzi Pride and Prejudice (Orgoglio e Pregiudizio, 1813) oppure Sense and Sensibility (Ragione e Sentimento, 1811) e molti altri. La caratteristica comune di queste narrazioni sono i temi che a primo impatto appaiono molto semplici: storie di provincia, d’amore e di vita quotidiana che si svolgevano tra le verdeggianti campagne inglesi. Le eroine che caratterizzano le vicende della Austen sono in realtà molto articolate: sono ironiche, virtuose e determinate, proprio come la stessa scrittrice. Essere una donna non sposata, indipendente e desiderosa di cambiare il proprio destino all’inizio del XIX secolo erano caratteristiche di emancipazione poco comuni tra le donne del tempo, le quali invece erano dedite ad una vita matrimoniale, tra le quattro mura di casa. Il carattere libero e il forte intelletto sono presentati in maniera esemplare nella pellicola Becoming Jane del 2007, diretto da Julian Jarrold con l’attrice Anne Hathaway nei panni della scrittrice.
La trama del film e del libro Emma, ruota intorno ai desideri di Emma Woodhouse (interpretata da Anya Taylor-Joy), giovane, bella, ricca, ingenua e capricciosa fanciulla di Highbury che vive ai tempi della Reggenza inglese.(1811/1820) Emma in seguito ad intrighi, pettegolezzi, giochi di gelosia ed errori nel combinare matrimoni per gli altri, si trova catapultata in una storia d’amore con Mr. George Knightley, suo migliore amico, nonchè fratello del cognato, innamorandosene perdutamente. La giovane ragazza alla fine mostrerà il suo vero carattere, la sua vulnerabilità e la sua umanità, lasciandosi cullare dall’amore appena sbocciato.
Diversamente dagli altri adattamenti cinematografici dei romanzi della Austen, come Pride and Prejudice del 2005 con Keira Knightley, la mia attenzione in Emma continuava ad essere catturata da dettagli, colori, ambientazioni e poi ancora dettagli, colori e ambientazioni! Il merito è da attribuire alla fotografa e regista Autumn de Wilde che con Emma ha debuttato alla regia cinematografica. Il suo stile colorato, luminoso, saturo, da atmosfera sospesa ed irreale però mi era già noto, ed infatti ha diretto i cortometraggi The Postman Dreams (2016) dedicati alla borsa Galleria di Prada. I colori di questi filmati, la scelta dei personaggi, gli abiti e gli scenari qualche anno fa mi avevano letteralmente rapita.
Nel film di Emma però i colori, le ambientazioni e i dettagli sono ancora più accentuati e studiati, merito anche della fotografia di Christopher Blauvelt, il quale ha deciso di accentuare le luci nella scena, per far risaltare maggiormente la palette. La narrazione è scandita dal passaggio delle diverse stagioni le quali permettono di assaporare diverse sfumature e toni, sia nelle scenografie (curate dalla set designer Stella Fox) che negli abiti, i quali creano in ogni frame una perfetta unione cromatica con lo sfondo. Di particolare risalto sono le scene girate all’aperto nelle campagne inglesi: campi verdeggianti e sulle colline eleganti e regolari dimore georgiane, con annessi dei piccoli giardini o roseti. La caratteristica di queste case però risiedeva all’interno; pavimenti scricchiolanti, intonaci dal lilla al carta da zucchero, stucchi e legno intagliato erano la base per poter esporre vasi, porcellane, dipinti, oggetti d’arte di ogni genere e sculture di chiara ispirazione neoclassica. Molto spesso si potevano rintracciare anche carte da parati e monili provenienti dalla Cina come ad esempio i paraventi usati dall’ipocondriaco Mr. Woodhouse per ripararsi dagli improvvisi colpi d’aria. In ogni stanza era presente un grande camino che rendeva l’atmosfera più calda ed accogliente e le tavole da pranzo erano sempre imbandite, nel caso del film, da pasticcini color pastello con glasse e frutti di bosco e teiere di porcellana o d’argento, per il classico rito del tea inglese. Alcune di queste nobili dimore sono aperte al pubblico e visitabili, come la Harriet Smith School, che in realtà è Kingston Bagpuize House vicino ad Oxford, oppure come la residenza di Mr. Knightley che è Wilton House o ancora il villaggio di Highbury con la merceria Ford (riconducibile ad alcune illustrazioni di mercerie sulle riviste di moda), che non è altro che il tranquillo paesino di Lower Slaughter nelle Cotswold. Non nego che alcune scene d’interni mi hanno ricordato Maria Antonietta di Sofia Coppola del 2006, anche se ovviamente con meno fastosità. Tra i dettagli comuni ci sono sicuramente le torte e i dolci in primo piano alla scena, oppure la presenza di domestiche che aiutavano la nobiltà a preparasi e a vestirsi.
L’aspetto però da prendere maggiormente in considerazione sono i costumi, replica fedele dell’epoca Recency, interpretati in chiave estremamente ricca, contemporanea ed attuale. La costume designer del film non a caso è Alexandra Byrne, la quale conta quattro candidature agli Oscar e vincitrice di una statuetta con Elizabeth:The Golden Age del 2007.
Bisogna tener presente che l’abbigliamento inglese e delle altre nazioni europee era dettato dalla Francia, la quale dal 1785 iniziò a pubblicare riviste di moda contenenti bozzetti, come Cabinet des Modes, oppure come la rinomata Journal des Dames et des Modes, pubblicata nel 1797 dopo l’interruzione dovute alle vicende della Rivoluzione Francese. Sull’onda del successo ottenuto in Francia, in numerosi paesi europei iniziarono a divulgarsi riviste simili a quelle francesi. Alla fine del XVIII il modello delle riviste e la moda francese erano diffusi così in tutto il continente europeo. Da non dimenticare anche l’importanza in questo periodo della riscoperta delle antichità classiche (nel 1738 e nel 1748 le bellezze di Pompei e di Ercolano vennero rimesse in luce), le quali influenzarono le fogge vestimentarie, caratterizzandole da linee ispirate all’arte antica, in particolar modo a quella greco-romana. Nell’abbigliamento femminile fu introdotta la struttura dell’abito ispirata al classicismo, adottando una moda più semplice e naturale, abbandonando i fasti del Rococò. La caratteristica principale consisteva in una impostazione verticale degli abiti, dovuta al punto vita posto sotto al seno, all’uso di mussole e lini e/o stoffe leggeri e trasparenti, con l’assenza di elementi artificiosi o di orizzontalità, come panier, sellini o semplicemente corsetti. Da indossare con questi abiti fini e impalpabili erano previsti degli scialli, spesso di tessuti preziosi, oppure una corta giacchina chiamata spencer, con lunghe e aderenti maniche e un dritto colletto. Abbinati agli abiti anche accessori come cappelli di varia tipologia: estivi di paglia, piatti o a tesa larga e piccole borse chiamate reticule, che si portavano al polso, di chiara provenienza orientale. Le estreme parrucche incipriate lasciarono il posto a tantissimi piccoli riccioli, oppure a sporadiche ed appariscenti esagerazioni, soprattutto in voga tra le donne merveilleuses. Anche le scarpe subirono un’evoluzione; vennero abbandonati tacchi e fibbie per adottare scarpine basse prive di tacco, allacciate con nastri attorno alla caviglia e lungo il polpaccio, soprattutto da usare in casa. Anche se il film è ambientato nel 1815 circa, sono chiari i riferimenti all’abbigliamento di qualche anno prima, considerando il fatto che le scene non si ambientano in grandi città come Londra, ma in paesini della campagna inglese, e che quindi non erano esattamente aggiornati con la moda francese dell’ultimissimo momento.
L’abbigliamento femminile nel periodo del Direttorio (1799/1804) continuò a mantenere una linea di base verticale, introducendo quindi tessuti più sostenuti o sontuosi come il raso e il velluto, per continuare poi con la moda impero dal 1800 al 1820, ancora più austera e formale, simbolo di un mutamento sociale e di maggiore dignità. Emblema della moda impero fu Giuseppina Bonaparte, personaggio cardine dell’unione tra ispirazione classica e sfarzo, dettato in particolar modo dall’attenzione ai dettagli, ai gioielli e agli accessori. Nel 1805 la veste femminile assunse un aspetto più austero, anche se l’abito leggero di mussola e di lino rimase, venne affiancato da abiti più strutturati, soprattutto sullo sprone, caratterizzato da importanti pieghe o addirittura sorretto da stecche di balena con la funzione di segnare il busto e il punto di attacco della gonna, come nel caso dell’abito giallo di Emma. Il film Emma vedendo lo scandire delle stagioni, ci consente di assistere ad un abbigliamento diversificato; tuniche morbide per i mesi estivi e primaverili e tuniche e spencer o soprabiti a maniche lunghe per i mesi autunnali e invernali. Le ampie e trasparenti scollature degli anni precedenti lasciarono il posto ad una stratificazione di camicette che si indossavano sotto all’abito e che cerchiavano il collo con colletti e balze di mussola e pizzi, come alcune camicine indossate dalla signorina Woodhouse. Lo spencer rimase un elemento base nell’armadio della moda impero ed era in uso sia in tessuto leggero che pesante. Di particolare risalto è lo spencer rosa indossato da Emma nelle prime scene del film, dettagliato da applicazioni di cordoncini in tinta con un alto collo e maniche lunghe sormontate da maniche più corte, simili a quelle in voga nel Cinquecento. La costumista del film si sarà sicuramente basata sullo spencer rosa in seta con colletto del 1817 del Chertsey Museum in Inghilterra, oppure lo spencer con le maniche con i tagli conservato al MET.
Gli spencer invernali potevano essere sostituiti anche da dei mantelli rossi, chiamati riding hood, come quello indossato da Harriet Smith e dalle sue compagne. Nei testi di Jane Austen è spesso citato l’ampio mantello rosso e nell’adattamento cinematografico del 1996 è possibile notare la mantellina indossata da Gwyneth Paltrow nei panni di Emma. Il mantello rosso fu inoltre oggetto degli acquerelli di una giovane ragazza inglese, Diana Sperling, che dipingeva scene della vita rurale nelle campagne inglesi tra il 1812 e il 1823. Si nota come in questo caso l’abito di Emma e di Harriet sia diverso, sinonimo del discrepante carattere delle due ragazze. Emma indossa un elegante e sofisticato soprabito rosso dal quale fuoriescono dei raffinati colletti bianchi, mentre Harriet più ingenua e più spontanea è coperta da un mantello rosso con colletto e un nastro in velluto chiuso in un fiocco. Oltre agli spencer invernali non era raro trovare comodi soprabiti in lana foderati o con dettagli in pelliccia.
Accanto ai soprabiti, alle camicette, agli spencer, alle mantelline rosse e ai semplici abiti di mussola era facile trovare gli abiti femminili di corte chiamati petit costume, costituiti da una robe en chemise a vita alta di raso di seta a tinta unita o impreziosita da ricami, su tutto l’abito o solo sull’orlo. Per i balli erano in voga abiti simili, ma con tessuti più leggeri per permettere i movimenti. Dal 1810/1815 si riscontrò un allargamento del perimetro del fondo della gonna, accompagnato da ricami o imbottiture. Questa tipologia di abito poteva essere usato sia per il giorno, con colori pastello, che per la sera, con tessuti più preziosi e scuri, dai quali comparivano sottoabiti/sottovesti leggeri e velati con pizzi o passamanerie. (Un abito da sera indossato da Emma sembra essere la riproduzione di un evening dress conservato al Victoria&Albert Museum di Londra).
Dal 1810 gli abiti subirono dei piccoli cambiamenti dati dall’aggiunta di guarnizioni, balze al fondo e sbuffi alle maniche.
Alcune righe vanno spese anche per l’utilizzo delle stampe. Thomas Bell nel 1783 introdusse la stampa meccanica a cilindri, la quale consentì non solo di avere tempi di produzione ridotti, ma anche una disponibilità di prodotto finale maggiore per le diverse classi sociali. Dal 1780 infatti, i tessuti stampati, che prima erano riservati solo all’aristocrazia, si diffusero velocemente anche tra i ceti sociali più bassi. L’unica differenza era che le fantasie e i colori dei tessuti riservati alle classi meno abbienti avevano colori limitati e scarsa qualità del tessuto di base. Nel film è possibile rintracciare i motivi stampati nell’abito indossato da Mrs. Weston, il quale sembra essere realizzato con una tela di cotone e al tempo stesso la stampa a piccoli motivi con righe verticali, su un tessuto più ricco e sostenuto può essere notata su Miss Bates, nel soleggiato pomeriggio dedicato al pic nic all’aperto.
I cappelli e i copricapi erano presenti in quasi tutti i look. Di varie fogge, assunsero i nomi più svariati, anche se quello più in uso era il cappello alla pamela, con una tesa larga solitamente di paglia che si incurvava per circondare il viso e che si legava sotto al mento con un lungo fiocco di diversi colori.
I capelli venivano acconciati ancora secondo il modello neoclassico, con tanti piccoli riccioli e impreziositi da fiori. L’unica differenza nella acconciature del film è la pettinatura di Mrs. Elton, chiamata Nodo di Apollo, anticipatrice della moda secondo impero (1850/1870).
I gioielli più in uso erano le collane di perle, di corallo o i cammei. In Emma però i gioielli sono semplici, attuali, sono dei piccoli dettagli che rendono gli abiti più preziosi.
Le scarpe basse invece lasciano la scena a stivaletti alla caviglia stringati; le nobildonne li indossavano nelle tonalità dal marrone chiaro all’ocra, al panna.
La moda maschile rinunciò ancora di più di quella femminile alle stravaganze degli anni precedenti, adottando abiti semplici, senza decorazioni, prevalentemente scuri, seguendo linee di verticalità. L’abbigliamento quotidiano maschile era costituito da abiti comodi e gli indumenti in uso rimasero il frac, la redingote, il gilet e i calzoni. A partire dall’Ottocento i revers spariscono dai gilet per lasciare posto alla cravatta in batista in tinta unita o stampata, posizionata intorno al collo. I calzoni molto aderenti, vennero sostituiti da pantaloni lunghi con la staffa al fondo, inseriti in stivali fino al ginocchio. Come accessori maschili s’imposero i guanti in pelle e il copricapo più in uso era il cappello a cilindro. I capelli si portavano spesso più lunghi sui lati e sul dietro. George Knightley rappresenta esattamente i dettami della moda del tempo, con un abbigliamento semplice, proprio come la sua corretta personalità. All’inizio del film si vede come il cameriere aiuta il giovane ragazzo a cambiarsi; in questa scena egli indossa pantaloni ocra in pelle di daino, una larga e vaporosa camicia bianca con un alto colletto fermato dalla cravatta, il gilet navy e come capo da indossare all’aperto un lungo soprabito in panno di lana, con falde sul retro (probabilmente per consentire i movimenti a cavallo) e con il bavero in velluto marrone.
Portava, al di sotto della vita, pantaloni lunghi che seguivano la linea della gamba più che aderirvi, infilati negli stivaloni assiani, alti fino al ginocchio. I colori che usava erano due soli: il turchino per la giubba e una tinta biscotto chiaro per il panciotto e i calzoni in pelle di daino, che venivano messi in risalto dal bianco immacolato della camicia e dal nero corvino degli stivali. I soli ornamenti che si concedeva erano i bottoni in ottone della giubba, un anello di semplice lavorazione e una pesante catena d’orologio in oro, della quale, però, erano visibili solo due anelli. (E. Mora, Fare Moda, Bruno Mondadori, 2009)
Frank Churchill, che appare relativamente poco nel film, perchè sempre impegnato in viaggi e in affari ha uno stile diverso rispetto a Mr. Knightley. Anche lui indossa pantaloni, camicia, gilet e frac ma con colori più particolari e con ricami che si lasciano intravedere, quasi come se volesse mostrare la sua eleganza e superiorità di uomo di mondo con un abito più “ufficiale”, rispetto ai nobili della campagna inglese. Ad esempio nella scena del pic nic, in cui il bel ragazzo mostra la sua superiorità a discapito della giovane Emma, abbagliata dall’eleganza del giovane.
Di particolare risalto è anche l’abbigliamento di Mr. Woodhouse, personaggio ironico e divertente del film, con i suoi continui colpi d’aria fredda e la sua mania per i paraventi. L’abbigliamento dell’uomo è conservatore, ed in alcune scene può essere riconducibile a l’habit à la française, in cui il gilet, i calzoni, il frac o la redingote erano dello stesso tessuto, spesso in broccato o a tinta unita con ricami o stampe.
Il lavoro perfetto e dettagliato della costumista ripercorre fedelmente la moda del periodo di Jane Austen, con un tocco personale e molto contemporaneo. Il film Emma potrebbe definirsi un vero e proprio film di costume, per l’attenzione che è stata prestata. Ogni personaggio ha delle caratteristiche caratteriale e psicologiche che sono ben identificabili dagli abiti che indossa. Credo che questo film possa essere una perfetta testimonianza del mondo di Jane Austen ma soprattutto della vita di campagna inglese tra il 1800 e il 1815 circa.
Mi piacerebbe poter vedere tutti i romanzi della Austen tradotti in film come questo!
Voi cosa ne pensate? Vi è piaciuto? Fatemi sapere.
Valentina