Il passato riprende vita in Casa Macchi.
Qualche cascina, villette ben curate, una scuola, un bar, una tavola calda e su e giù per le strade dei piccoli paesini del Varesotto. I raggi del sole di metà inverno riscaldano e le prime gemme iniziano a sbocciare. Luoghi silenziosi e calmi (per me familiari), poco distanti dal Lago di Varese, da agriturismi e fattorie, collegati alle principali città dalla linea ferroviaria Milano – Varese.
E’ in questa cornice paesaggistica che sorge Casa Macchi.
Raggiungendo in auto Casa Macchi, a Morazzone, si ha l’impressione di essere giunti in un paese radicato a una volta: il negozio di alimentari, la panetteria, l’edicola e la cartolibreria con le loro insegne geometriche e regolari occupano le principali vie del paese. Una bottega in particolare cattura però l’attenzione all’angolo di Via Mazzucchelli, in Piazza Sant’Ambrogio n. 2: l’Emporio di Casa Macchi. Da questa porticina verde ha inizio il nostro viaggio.
E’ da qui che il passato riprende vita in Casa Macchi.
Ma se possiamo oltrepassare l’uscio verde è solo merito della lungimiranza dell’ultima proprietaria di Casa Macchi, Maria Luisa Macchi e alla sua donazione al FAI (Fondo Ambiente Italiano) nel 2015 (anno di morte di Maria Luisa). Grazie a questo gesto oggi abbiamo la possibilità ammirare e ripercorrere gli usi e i costumi di una famiglia borghese tra la fine dell’Ottocento e la metà del XX secolo.
- Il FAI (Fondo Ambiente Italiano) e il ruolo in Casa Macchi;
- “Dare lustro a Morazzone”;
- Grazie al restauro il passato riprende vita in Casa Macchi;
- I protagonisti di Casa Macchi;
- Prima di Casa Macchi;
- Adele Bottelli e Giuseppe Macchi;
- Leonilde Monti e Carlo Luigi Macchi;
- Maria Luisa Macchi;
- Casa Macchi, una realtà borghese di fine Ottocento aperta al pubblico;
- Piano terra di Casa Macchi;
- Primo piano di Casa Macchi;
- Casa Macchi come un merzbau;
- Emporio Macchi;
- Il futuro di Casa Macchi e della comunità di Morazzone;
Il FAI (Fondo Ambiente Italiano) e il ruolo in Casa Macchi
Conosciuto il FAI (Fondo Ambiente Italiano) grazie all’intervento presso Villa Necchi Campiglio di Milano, con il motto – Per il paesaggio, l’arte e la natura. Per sempre, per tutti – troviamo la fondazione alle prese con la salvaguardia e la valorizzazione di un’altra dimora storica: Casa Macchi. Con il restauro di Casa Macchi, il FAI ha saputo trasmettere (ancora una volta) il suo amore incondizionato per l’Italia e per i beni paesaggistici-storici-artistici. Come una nonna o una mamma che dona gesti gentili e delicati, il FAI cura, restaura e salva beni che altrimenti sarebbero rimasti chiusi per sempre.
Il compito con Casa Macchi é stato tutt’altro che semplice. La Regione Lombardia, la Provincia di Varese, il Comune di Morazzone e il FAI hanno unito le loro forze affinché Casa Macchi potesse tornare a splendere, tramite un lungo e oneroso progetto di restauro.
L’obiettivo è stato fin da subito chiaro a tutti gli enti coinvolti: preservare l’unicità e l’atmosfera di un tempo.
[…] Poco o nulla avevamo saputo delle intenzioni di Maria Luisa Macchi, una originale, distinta e benestante signora, fino a quel giorno del 2016 in cui ci venne recapitato il suo testamento nel quale lasciava in eredità al FAI la casa di famiglia proprio di fianco alla nobile parrocchiale nella piazza del paese. Ne rimasi folgorato. Pur essendo un intatto contesto ottocentesco fu come entrare nell’unica casa di Pompei risparmiata dalla furia del Vesuvio tanto ogni dettaglio raccontava di una vita che si era interrotta di punto in bianco quasi per un evento improvviso; tutto si era fermato a quel lontano giorno di sessant’anni prima quando la casa, costruita e arredata dai nonni della signorina e che aveva subito pochissime modifiche, era stata chiusa per l’ultima volta. Una storia che il FAI ha subito deciso, senza alcun indugio di raccontare. […] Marco Magnifico, Presidente FAI.
“Dare lustro a Morazzone”
“Lascio questa casa, con tutto il suo arredo, mobili, quadri e argenteria per farne un museo vivo che dia lustro a Morazzone” – sono queste le parole che si possono leggere nel testamento di Maria Luisa Macchi. Non solo quindi un pensiero per Casa Macchi, ma un appunto particolare anche per Morazzone. Con questa frase Maria Luisa Macchi sperava di contribuire a ridare vita a un paese spopolato, il quale dimostra di avere difficoltà nel ricordare la storia che l’ha visto protagonista.
Morazzone al primo sguardo appare un paese anonimo, quando in realtà già in tempi passati era un luogo di postazione per il controllo del territorio. A nord i passi delle Alpi, a est Milano, a sud Pavia, a 400 mt. sulla Valle dell’Olona, vanta una posizione strategica. Tanto strategica da essere nel 1848 territorio di battaglia tra le truppe garibaldine e austriache (come testimonia il monumento progettato da Alfonso Bottelli e realizzato da Ambrogio Ghiringhelli dietro Piazza S. Ambrogio).
Un passato che negli anni Sessanta del Novecento vedeva ventisei negozi aperti tra le vie del paese, oltre alle numerose attività artigianali. Un passato fiorente, animato e popolato: un passato da “C’era una volta”. A questi anni così lontani, ma così vicini e ancora tangibili è legato il progetto dell’Emporio e Casa Macchi. Con l’apertura della casa-museo e della bottega dal sapore vintage, Morazzone ha modificato il suo status da paese spento e dimenticato a centro tranquillo, adatto per una perfetta gita fuori porta e perchè no, per un po’ di acquisti responsabili.
Casa Macchi si propone come uno scrigno di oggetti retrò, da visitare in punta di piedi, responsabilmente, immedesimandosi nella vita domestica della casa e della vita di paese, tra un vespro e un té sorseggiato con il servizio della domenica.
E’ così che Morazzone, grazie a Casa Macchi e all’Emporio si riqualifica diventando un luogo di aggregazione, un simbolo di un turismo lento e di qualità.
Grazie al restauro il passato riprende vita in Casa Macchi
Quando il Fondo Ambiente Italiano aprì Casa Macchi per la prima volta tutto era fermo e congelato nel tempo, esattamente al 1979, anno in cui la signorina Maria Luisa Macchi chiuse alle sue spalle per sempre l’ampio portone. Alla morte della proprietaria (1924-2015) al FAI si presentò un compito arduo: la signorina Macchi aveva lasciato in eredità Casa Macchi e una cospicua somma di denaro per procedere al restauro della dimora e dare “lustro a Morazzone”.
Quando il cantiere per il restauro fu avviato, fu subito evidente che si dovesse procedere sia all’interno che all’esterno della struttura: i lavori dovevano occuparsi sia del tetto che del più piccolo soprammobile. I restauratori che aprirono Casa Macchi trovarono davanti a loro un passato cristallizzato, un’atmosfera intatta ma fragile per la quale si doveva prestare la massima cura e attenzione.
Mobili e suppellettili, risalenti al periodo compreso tra la fine dell’Ottocento e la metà del Novecento, erano letteralmente coperti da strati di polvere e ragnatele, attorniati da umidità e crepe sui muri, tessuti logori e strappati. C’era la necessità di mettere mano a qualunque parte della casa, ma al tempo stesso tutto doveva rimanere com’era: dalla caffettiera sul fornello agli scarponi da caccia in un angolo, per preservare l’unicità e l’autenticità del posto.
Per il Fondo Ambiente Italiano è stato uno dei restauri più dispendiosi e onerosi: furono una centinaia i professionisti coinvolti per ben quattro anni prima dell’apertura definitiva al pubblico. Gli esperti dovettero procedere per gradi: la casa fu svuotata, inventariata e smontata pezzo per pezzo prima di avviare il restauro interno ed esterno. Oltre duemila furono gli oggetti catalogati, fotografati, studiati e documentati in video. Successivamente fu necessario ricomporre la casa com’era e restituire l’atmosfera originale. Fu inserito un nuovo impianto elettrico, ma vennero lasciati interruttori e rubinetti originari, i segni della polvere o le macchie sui centrini. Tutto è stato conservato, restaurato o solamente pulito.
I protagonisti di Casa Macchi
Maria Luisa Macchi è bella, porta sempre il rossetto ma nel corso della sua vita non ebbe mai l’occasione di incontrare la persona giusta. A cinquantacinque anni Maria Luisa chiude alle sue spalle la porta di Casa Macchi. Viaggi, compagnia e tanta assistenza in una casa di riposo di Varese l’aspettano.
Gli oggetti e i mobili in Casa Macchi non parlano solamente dell’ultima sensibile e lungimirante proprietaria; per conoscere tutti gli altri protagonisti che hanno popolato la dimora borghese ottocentesca bisogna effettuare un vero e proprio tuffo nel passato.
Prima di Casa Macchi
L’attuale Casa Macchi comparve già nella metà del Settecento nel primo catasto di Morazzone. Ai tempi era una proprietà divisa in due: in parte casa da massaro di proprietà del marchese Gabrio Viani e l’altra metà intestata all’allora sacerdote della chiesa adiacente. Anche con il passare degli anni la proprietà rimase sempre divisa in due. Nell’Ottocento gli spazi erano occupati da una casa con bottega con il giardino lungo Via Mazzucchelli di un certo Pasquale Sommaruga e il secondo edificio che comprendeva un’altra casa con bottega dei Fratelli Bottelli (Alfonso e Battista).
Tra il 1890 e il 1900 circa la casa prese la forma che ora conosciamo.
Adele Bottelli e Giuseppe Macchi
La figlia di Battista Bottelli, Adele, ereditò la casa dal padre e dallo zio e insieme al marito Giuseppe Macchi, ragioniere, comprarono entrambi i locali. Gli spazi divennero così chiusi, riservati e silenziosi con un ampio giardino caratterizzato dalla vasca dei pesci rossi, una torretta, una voliera e una limonaia. La casa rispecchiava la moda dell’epoca umbertina: dai pavimenti in cotto lombardo alle decorazioni a tempera. Giuseppe, gran lavoratore aveva il suo studio a Milano, presso il quale incontrava uomini d’affari. La città milanese oltre agli incontri per lavoro però non offriva le possibilità che invece la natura regalava; Morazzone e gli edifici appena acquistati erano dunque il luogo di villeggiatura ideale per staccarsi dalla frenesia del centro urbano.
Leonilde Monti e Carlo Luigi Macchi
Dall’amore di Giuseppe e Adele nacquero due figli maschi: Battista Giosué e Carlo Luigi. Terminata la prima guerra mondiale e la precedente chiamata alle armi, Battista diventò chimico e sposò la nobile Valentina Ferrario, mentre Carlo Luigi entrò nel campo assicurativo e si unì a nozze con Leonilde Monti di Borgomanero.
Maria Luisa Macchi
Nel 1924 nacque Maria Luisa Macchi e negli anni della seconda guerra mondiale l’intera famiglia trovò in Casa Macchi un perfetto rifugio, adattando la dimora a tutte le nuove funzionalità (acqua corrente, elettrodomestici ecc.), mentre il mondo fuori cambia. Maria Luisa Macchi passò la sua adolescenza tra il collegio di Savona e Morazzone, dove abitava ancora la nonna Adele, sviluppando così il suo carattere sensibile ma deciso. Senza qualcuno al suo fianco, Maria Luisa Macchi si prese cura da sola della nonna e dei genitori (e dei suoi cani), rimanendo per sempre ancorata all’amore familiare che la portò a donare Casa Macchi al FAI come testimonianza di riconoscenza e di affetto incondizionato. Ma il resto già si conosce.
Una vita, quella della Famiglia Macchi, vissuta in tranquillità con il calore familiare di diverse generazioni che si supportavano e si facevano forza. Una vita senza distrazioni, riparata tra le mura domestiche. Una famiglia benestante, rispettabile e distinta, dai costumi sobri, concentrata sulla sostanza, attenta alla forma ma senza stravaganze, fedele ai piccoli rituali domestici.
Una famiglia d’altri tempi.
Casa Macchi, una realtà borghese di fine Ottocento aperta al pubblico
Entrare in Casa Macchi equivale a trovarsi di fronte ai dipinti dei Fratelli Induno, pittori o meglio veri e propri “reporter” della società lombarda di fine Ottocento. Una realtà minuziosa, dettagliata e tangibile. Visitare Casa Macchi significa rivivere una cultura scomparsa e addentrarsi in un mondo perduto, nel quale gli oggetti del passato sono trasmettitori di storie, affetti e sacrifici.
Piano terra di Casa Macchi
Al piano terra, la prima stanza che si ha l’occasione di vedere con il percorso suggerito dalla guida di Casa Macchi è la sala da pranzo. L’ambiente è caratterizzato da mobili Thonet, dalle sedie in paglia di Vienna, dalle credenze stracolme di servizi da tè e un pianoforte all’angolo. Una sala che trasmette le passioni di famiglia: dalla musica, al ricamo alla caccia. Uno spazio adatto per ricevere gli ospiti e offrire a seconda del momento della giornata il perfetto ristoro. Dai vetri delle credenze si intravedono bicchieri e tazzine di tutti i tipi: da vermouth, da champagne, da grappa e da cioccolata; perfino la tazza sbeccata è stata conservata. Da nonna Adele a mamma Nilde tutto è stato accumulato e niente è stato buttato.
Proseguendo nella stanza successiva si accede a un piccolo salottino. Qui i mobili risalgono tra la fine dell’Ottocento e gli inizi della prima guerra mondiale, quando Adele e Giuseppe incominciarono ad arredare lo stabile successivamente all’acquisto. Fotografie di famiglia, stampe e soprammobili caratterizzano l’ambiente.
Continuando la visita si ha accesso alla piccola ma moderna cucina. Qui si respira ancora il profumo del sugo della domenica, si sente il soffiare della caffettiera sul fornello e l’inebriante fragranza della torta in forno sembra disperdersi in tutta la stanza. Sul piccolo tavolino sono riposte posate, pentole per timballi e ricette tipiche. In un angolo si intravede anche un’aspirapolvere e una lavatrice di ultima generazione (per i tempi di allora) è presentata in bella mostra.
Primo piano di Casa Macchi
Salendo al primo piano si è immediatamente sorpresi dalla luminosità dell’ambiente. Qui le ampie vetrate consentono alla luce di entrare e di illuminare tutte le camere da letto che si trovano in infilata. Sul terrazzino, oltre a una zona per il cucito e il ricamo, si scorgono quadri, illustrazioni e vecchi quotidiani i quali, completato il loro scopo, venivano utilizzati per rivestire cassetti e scaffali.
Le camere da letto sono piccole ma numerose. Una stanza è caratterizzata da un letto in ferro battuto e da una culla al centro dello spazio che immediatamente cattura l’attenzione del visitatore. Una culla modello Thonet che in modo curioso è stata rivestita con il corredo d’infanzia di Maria Luisa Macchi: il materassino sagomato, il trapuntino rosa, il lenzuolo candido, il vestitino a fiori e la cuffietta offrono un’atmosfera intima. Appese alle pareti compaiono fotografie della comunione o di papà Carlo, mentre le lettere per la nonna e la mamma rendono la casa ancora abitata.
La stanza con la culla insieme alla camera padronale erano le uniche a essere riscaldate. Nella camera principale i mobili che occupano lo spazio sono pochi: un armadio con i cappotti e gli abiti invernali, un comò e una petineuse.
In fondo alla terrazza a delimitare lo spazio dalle dimensioni ridotte si trova il bagno affrescato con il catino, meno utilizzato rispetto al bagno più moderno al piano inferiore, il quale era provvisto di acqua corrente e vasca.
Esattamente come al piano terra, anche al piano superiore sorge un cucinino. Una credenza color latte e menta, un tavolino in legno dalla tovaglia vichy, piattini decorati, un fornello e una televisione anni Cinquanta riempiono l’ambiente, anche se il compito di armonizzare mobili e oggetti nel loro insieme è dato dalla carta da parati.
La luce di una domenica di fine inverno filtra dalle leggere tende della cucina, giochi chiaroscurali si riflettono nella stanza e una dolce nostalgia assale… qui si respira davvero l’odore di casa della nonna.
Casa Macchi, come un merzbau
Come un merzbau, Casa Macchi è un agglomerato di oggetti di famiglia. Dal 1890 al 1979 ininterrottamente i membri Macchi hanno stratificato, accumulato senza buttare via nulla. Chissà quanti segreti può restituire Casa Macchi o se quei muri potessero parlare. Ma visitando Casa Macchi con il cuore aperto e lo sguardo attento, gli oggetti sembrano già parlare: le racchette da tennis fanno sotto intendere la passione per lo stare bene, le pesanti coperte in lana comunicano che qui, a Morazzone, gli inverni sono lunghi, umidi e freddi, il profumo di Hermès nel bagno al piano terra ci indica il sentirsi bene con sè stessi e l’allarga guanti nel cassetto ci dice che le nostre abitudini non sono più quelle di una volta. Le fotografie della famiglia Macchi ai muri sorridono, forse anche loro stanno comunicando con noi visitatori, ringraziandoci per la visita.
Emporio Macchi
Dai documenti catastali ottocenteschi, l’edificio di Casa Macchi era dettagliato più precisamente con “casa con bottega”. Ad occupare questo spazio ci fu sempre una piccola attività artigianale: prima un salumiere, poi una macelleria, un parrucchiere, una sartoria, una cartoleria e così via. Morazzone fino agli anni Settanta contava 25 negozi e botteghe: un calzolaio, due panetterie con forni annessi, un fruttivendolo ecc.
1977, ore 18. Il proprietario della bottega all’angolo di Via Mazzucchelli tira giù la saracinesca per l’ultima volta. Forse per sempre.
Ma mentre le piccole attività commerciali chiudono (in seguito alla diffusione della grande distribuzione e agli e-commerce), il FAI decide di andare controcorrente.
5 dicembre 2021. La saracinesca del negozio all’angolo viene tirata su: c’è l’inaugurazione dell’Emporio Macchi (con il contributo di Fondazione Cariplo e Regione Lombardia). Dall’insegna dal font regolare, come quelle delle attività vicine, la nuova bottega propone prodotti locali e italiani per favorire l’economia interna. Il negozio offre beni e generi a servizio della comunità: caramelle (Ambrosoli, Pastiglie Leone), biscotti, dolci tipici, alimenti sfusi (legumi, pasta, saponi), tisane, aperitivi, articoli di cartoleria (Grafiche Tassotti), manuali sull’orto o sulle ricette casalinghe, fumetti (Topolino) e libri di seconda mano in un’etica di risparmio, di riuso, di un’economia domestica attenta, rievocando le buone (e sagge!) abitudini di un tempo.
Anche i mobili che contengono tutte le leccornie sono la testimonianza di una “seconda possibilità”. Gli sgabelli, gli espositori di caramelle e le colorate scatole di latta provengono dall’ex drogheria di Milano Casa del Miele, la quale ha cessato la sua attività dopo ben novantadue anni.
Ancora una volta, il Fondo Ambiente Italiano é portatore di valori sostenibili e alti.
Il futuro di Casa Macchi e della comunità di Morazzone
Casa Macchi è un luogo insolito, fuori dalle rotte mainstream o dal turismo di massa. E’ un ambiente che richiede rispetto, attenzione e immensa sensibilità. Per alcuni Casa Macchi potrebbe essere semplicemente una vecchia dimora, un accatastamento di oggetti inutili e ormai privi della loro funzionalità.
In realtà Casa Macchi (solo agli occhi dei più attenti) appare come uno scrigno di valori. Visitare l’abitazione Macchi significa rivivere il passato, ricordare i nostri nonni e le nostre radici; è come intraprendere un viaggio lontano nel tempo.
Casa Macchi richiama dunque un turismo responsabile. Sono numerosi gli eventi che il FAI organizza: dalle Giornate di Primavera a quelle d’Autunno, a “Dietro le porte, dentro i cassetti” di Casa Macchi (al quale mi piacerebbe tantissimo partecipare) o le visite guidate con degustazione. L’Emporio Macchi poi, con la pubblicità vintage delle caramelle Ambrosoli in vetrina non fa altro che invitare in bottega, anche solo per curiosare o scoprire nuovi prodotti del territorio. Un’idea, quella di Maria Luisa Macchi che sicuramente contribuirà nel corso degli anni a “dare lustro a Morazzone”.
Ed è così che il passato riprende vita in Casa Macchi.
Spero che questo post vi sia piaciuto tanto quanto io ho amato Casa Macchi.
Ci siete mai stati? Avete in previsione di visitare Casa Macchi? Fatemi sapere!
Per altri approfondimenti seguitemi sulla mia pagina Instagram Valelle e se vi va, potete supportare il mio lavoro e il mio blog.
A presto,
Valentina
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