Non è semplice scrivere della Sicilia quando si vive a 1500 km. di distanza nell’hinterland milanese, tra afa e nebbia. C’è qualcosa però, che in solo quattro giorni di visita a Palermo mi ha completamente stravolta e affascinata; saranno le mie origini meridionali (calabresi, ma forse anche siciliane, i miei nonni avevano parenti a Messina) o sarà stato un sentimento di malinconia e resilienza che la città di Palermo, quartiere dopo quartiere, con la sua luce calda sulle facciate dei palazzi nobiliari disabitati, o con il dolce e l’amaro dei secolari dolci di pasta di mandorla ha saputo pian piano svelare.
Tra dolci monastici e mercati vediamo insieme cosa visitare a Palermo e dintorni!
In partenza da Milano Malpensa, l’arrivo a Palermo dopo circa un’ora di aereo e di attraversamento di mari e Appennini è stato ventoso, ma l’aria che si respirava era fresca, limpida e pulita. Il pullman prenotato qualche giorno prima ha attraversato tutta la città; dagli alti palazzi dalle finestre minuscole e addossate tra di loro, si è arrivati nelle vie adiacenti al centro storico.
- Palermo: tra malinconia e resilienza;
- Archè Design: la soluzione ideale per un soggiorno palermitano;
- Monasteri e conventi di Palermo;
- Il Monastero e la Chiesa di Santa Caterina d’Alessandria;
- I dolci monastici: I Segreti del Chiostro;
- Il Monastero e la Chiesa di Santa Caterina d’Alessandria;
- I mercati di Palermo;
- Mercato di Ballarò;
- Mercato del Capo;
- Mercato della Vucciria;
- La Cattedrale di Palermo;
- Museo delle Maioliche;
- I Pupi di Mimmo Cuticchio;
- La famiglia Florio a Palermo;
- Palazzina Florio ai Quattro Pizzi;
- Il Museo Etnografico Giuseppe Pitrè;
- Su, verso Monreale;
- In treno verso Cefalù;
Scegliere cosa visitare a Palermo è stata un’ardua impresa: tra le tracce della famiglia Florio, tra i conventi, tra le chiese, i musei, i pittoreschi mercati e le opere dei Pupi, tutto appariva imperdibile.
Palermo: tra malinconia e resilienza
Quella di Palermo può essere una storia che accumuna tutti noi. Eventi, invasioni, moti, Palermo spesso è stata il centro della storia italiana ed Europea. Popoli che l’hanno saccheggiata, depredata o rasa al suolo. Nobili e imprenditori che l’hanno elevata a centro di cultura e di ricchezza. Nonostante ciò, Palermo sopravvive e mostra, senza nascondersi tutte le sue ferite, reinterpretandosi giorno dopo giorno, accogliendo nuove culture e inglobandole nella sua tradizione e nel suo tessuto urbano.
Per comprendere la disposizione della città di Palermo e per stilare un itinerario di cosa visitare a Palermo in pochi giorni mi sono affidata all’antica cartina. Con quella alla mano ho saputo distinguere i due grandi viali di Palermo, Via Vittorio Emanuele e Via Maqueda, partenza di tutto. All’intersezione tra queste due sono collocati i Quattro Canti, luogo nevralgico (ci passerete spessissimo), che con le sue sculture allegoriche, bassorilievi e alto rilievi separa anche i quattro quartieri storici (Albergheria, Capo, La Loggia (Vucciria) e Kelsa).
Tra dolci monastici e mercati rimarrete completamente coinvolti dalla città di Palermo, ne sono sicura!


Archè Design: la soluzione ideale per un soggiorno palermitano
Collocato nel cuore di Palermo, esattamente sopra a un panificio che sforna pietanze dolci e salate a ogni ora del giorno, l’Archè Design Rooms and Suites, è l’alloggio ideale sia in termini di comfort che di posizione. Situato di fronte a Piazza Ignazio Florio, la struttura situata ai piani alti di un palazzo liberty dei primi decenni del Novecento, mantiene nel suo stile armonia e ricercatezza, le quali sono testimoniate dagli interni e dai dettagli contemporanei narratori di storie. La gentilezza, la colazione abbondante (con la torta fatta in casa farcita con la crema di pistacchio) e l’essenza di zagara che si propaga per le stanze comuni, completano poi alla perfezione il soggiorno palermitano.


I monasteri e i conventi di Palermo
I monasteri e i conventi di Palermo in passato svolgevano il ruolo di veri e propri pilastri per la città e per la comunità (a Palermo erano ben settantadue i monasteri più importanti!). Ogni quartiere disponeva della sua struttura religiosa, la quale era guidata da differenti ordini religiosi: dai Domenicani ai Carmelitani, dai Benedettini ai Francescani o Cappuccini. Non vanno assolutamente dimenticati però quei conventi o monasteri, che silenziosamente accoglievano le giovani donne, indirizzate verso un mondo di clausura.
I monasteri non erano solo un luogo di accoglienza e di preghiera, ma potevano essere intesi come centri di cultura attivi sul territorio: ospitavano biblioteche e luoghi d’istruzione per i bambini delle classi più abbienti.
I monasteri disponevano anche di ricchezze: proprietà terriere, somme versate dalle famiglie aristocratiche e entrate quotidiane che provenivano dalla produzione di tessuti, confetture e dolci.
L’arte del barocco palermitano trova la sua massima espressione nelle chiese annesse tanto da essere scrigni di affreschi, stucchi, intarsi marmorei e altari finemente decorati.
Il Monastero e la Chiesa di Santa Caterina d’Alessandria
Collocati tra Via Maqueda e Via Vittorio Emanuele, a ridosso dei Quattro Canti e di fronte alla fontana della di Piazza Pretoria, sono situati il Monastero (con chiostro, celle, terrazze, dolceria) la e Chiesa di Santa Caterina d’Alessandria. Entrati nella chiesa la storia di Palermo si percepisce sulla propria pelle e in sottofondo sembrano risuonare le preghiere recitate dalle monache di clausura di ordine domenicano che partecipavano alle messe dagli alti matronei o letterini.
Il complesso di Santa Caterina è uno dei più ricchi: qui si trovavano le figlie delle famiglie più influenti, fino al 1866, quando ancora vigeva la regola del maggiorasco (i titoli e le proprietà toccavano solo al primogenito maschio, gli altri venivano avviati a carriere militari, monastiche o a matrimoni combinati).
Le origini della Chiesa e del Monastero risalgono al XIV secolo; inizialmente si trattava di una piccola attività fondata da Benvenuta Mastrangelo. Dal 1566 al 1596 la chiesa subì delle modifiche in stile tardo rinascimentale, le quali proseguirono per tutto il 1700, tramite l’aggiunta della cupola, delle decorazioni marmoree (marmi mischi) e del coro, accogliendo in questo splendore fanciulle benestanti. La struttura nel suo complesso rimase abitata fino al 2014. Dal 2017 gli interni del monastero (chiostro, celle, terrazze, dolceria) sono attualmente visitabili e possono essere considerati una tappa imperdibile negli itinerari della città di Palermo. A parer mio è uno dei luoghi più magici (tra quelli che ho visitato) di Palermo!
Consiglio di procedere con il percorso fino alle terrazze panoramiche (anche se l’intento maggiore è quello di fermarsi solo alla dolceria) e agli ambienti sopraelevati contenenti bambole e bambinelli di ceramica e di cera. Da qui gradino dopo gradino si possono ammirare le cupole rosse di San Cataldo, La Martorana e l’immensità della Conca d’Oro.





I dolci monastici: I Segreti del Chiostro

Sorpassato il grande portone all’interno della chiesa, ci si trova catapultati in un elegante chiostro, attorniato da piccole celle e da locali adibiti attualmente a esposizioni liturgiche. Qui non vi conquisterà solo il luogo ma anche il profumo inebriante di dolci.
La vita esterna delle monache in qualche senso finiva (accompagnata anche da un vero e proprio rito religioso), ma aveva inizio un’altra fase, apparentemente silenziosa ma molto produttiva. Le monache del complesso di Santa Caterina erano conosciute in tutta la città di Palermo (e anche in Sicilia) per la loro bravura nel realizzare i dolci. Le ricette trasmesse oralmente erano un tripudio di ricchi ingredienti; pistacchi, mandorle, pasta reale, agrumi canditi. La nobiltà per feste, cenoni, ricevimenti si serviva dalle monache, le quali consegnavano i prodotti tramite una piccola ruota lignea (posta su di un lato della chiesa).
Da questa eredità riaprì al pubblico all’interno del monastero la dolceria originale, chiamata i Segreti del Chiostro. In questa luogo è facile immaginare le mani delle monache che invisibili al mondo, modellavano frolle, marzapane e ricotta in piccole opere d’arte. La produzione è ancora a mano nel rispetto delle tecniche tradizionali. Dalle cassate, ai dolci di mandorla, alla frutta martorana, alle fedde, ai cannoli farciti al momento c’è davvero l’imbarazzo della scelta.
Con il vostro dolce alla mano vi consiglio di sostare sulle panchine del chiostro; la bontà dei dolci, la fontana zampillante, la musica classica di sottofondo, vi accompagneranno in un viaggio sensoriale.





I mercati di Palermo
Tra dolci monastici e mercati Palermo offre un viaggio completo nella sua storia e cultura. I mercati storici come Ballarò, il Capo e la Vucciria sono un teatro all’aperto di profumi e colori.
Le origini di questi mercati ricchi di pietanze affondano le radici nel periodo medievale, quando durante la dominazione araba la città era un crocevia commerciale.
Io ho avuto l’occasione di visitare la Vucciria, il celebre mercato di Ballarò e ho approfittato di fare tappa al mercato del Capo per gustare lo street food palermitano.
Mercato di Ballarò
Tra palazzi barocchi e banchi di frutta e verdura è ogni giorno in scena il mercato di Ballarò. Risalente al X secolo, era il luogo prediletto da contadini e commercianti che si apprestavano a vendere i loro prodotti. Di stampo arabo è una sorta di souk siciliano, in cui grida di venditori, profumi e colori sono i veri protagonisti.
Mercato del Capo
Il mercato del Capo è stato il primo luogo che ho visitato al mio arrivo a Palermo. In cerca di street food, sorpassata Porta Carini mi sono trovata avvolta dai colori della Sicilia che si incarnano nei frutti e nei cibi esposti. Olive, dolci, mandarini, frutta secca, caramelle, verdure dalle forme strambe; tutto riporta indietro nel passato. Negli edifici della zona del Capo però si possono trovare anche pasticcerie e attività con un forte stampo contemporaneo, le quali trovano dalla tradizione e dal luogo che le circonda la loro ispirazione.
Mercato della Vucciria
Visitato di sera, questo mercato ha perso nel corso degli anni la sua importanza. Inizialmente nato come punto di incontro tra diverse culture, è oggi un luogo di ritrovo serale per sorseggiare una bevanda accompagnata da panelle o arancine.
La Cattedrale di Palermo
Esternamente, tra cupole maiolicate, torri, archi e merlature la Cattedrale di Palermo sembra più una fortezza che un luogo di culto. Terminata nel 1185 (su una moschea preesistente) e collegata ai tempi da una strada coperta che congiungeva a Palazzo Reale è una delle Cattedrali più importanti. Le modifiche massicce risalgono al tardo Settecento; esternamente fu aggiunta la cupola, mentre l’interno assunse un aspetto pulito, neoclassico arricchito dalla presenza di sarcofagi in cui risiedono re e regine normanni. Da visitare sono anche le spoglie di Santa Rosalia (patrona di Palermo), i tetti dai quali si ammira la città e la cripta.

Museo delle Maioliche
Tra i luoghi veramente nascosti (non riuscivo a trovare l’entrata!) spicca il Museo delle Maioliche, situato nel seicentesco Palazzo Torre Piraino (inizialmente erano due palazzi separati). Il museo ospita una collezione privata di mattonelle in maiolica fatte a mano (modellazione dell’argilla, cottura, smaltatura, decorazione e seconda cottura) di oltre 5000 pezzi risalenti al Sud Italia (Napoli e Sicilia in particolare). Le sale espositive in realtà sono effettivamente la casa del collezionista che quotidianamente abita quelle stanze (per questo motivo le visite sono guidate e su determinate fasce orarie). Le mattonelle in maiolica derivano da una ricerca nei mercatini e dai viaggi che fece il collezionista negli anni passati.
I moduli decorativi sono differenti: stelle, fiori, geometrie, animali e così via; nella sale di Napoli invece si trovano riferimenti di mattonelle ottocentesche ai mosaici e affreschi di Pompei ed Ercolano. I riferimenti all’arte, alla cultura di provenienza, alle richieste delle famiglie nobiliari, alle mode, alle scoperte chimiche dei colori è evidente.


Il Museo delle Maioliche, al suo interno custodisce anche un bed&breakfast, Stanze al Genio. La cucina del collezionista (ci sono tantissimi gattini che gironzolano!), visitabile alle pareti ha esposte tantissime formelle di terracotta per cucinare i dolci, ad esempio la cotognata di mele. All’interno delle formelle ci sono una moltitudine di disegni: pesci, conchiglie, scritte. Le formelle sono anch’esse prodotte in maiolica ma senza colore. Erano tenerissimee! 🙂



I Pupi di Mimmo Cuticchio
Se non avete idea di come trascorrere la serata o non sapete cosa visitare a Palermo, vi consiglio di addentrarvi per le traverse di fronte al Teatro Massimo e chiedere a qualche passante dei Pupi – le tipiche marionette siciliane. Sicuramente vi indirizzeranno da Mimmo Cuticchio, il quale dal 1977 riesca a stregare il pubblico con la sua compagnia Figli d’Arte Cuticchio. Partecipare a uno spettacolo dei Pupi è un’esperienza unica: in una piccola saletta dalle luci calde tutti sono incantati a seguire le vicende incalzanti dei cunti. Dai meccanismi intricati, dagli abiti preziosi dei pupi e dalle voci potenti traspare una tecnica artigianale e una profondità narrativa indiscussa.
Una tradizione, quella dei Pupi talmente tanto radicata dall’inizio del XIX secolo che è stata inserita tra i beni immateriali dell’umanità UNESCO.

Il Museo Etnografico Giuseppe Pitrè
Se volete fare un viaggio a ritroso tra le tradizioni e le storie di paese, una visita al Museo Etnografico Giuseppe Pitrè a Palermo è praticamente d’obbligo. Il Museo si trova nel cuore del Parco della Favorita e custodisce una collezione di oggetti che raccontano come vivevano un tempo i siciliani: abiti popolari, antichi carretti decorati, pupi, strumenti musicali e utensili di ogni tipo. Il museo nasce ed è dedicato a Giuseppe Pitrè, etnografo, che ha raccolto con cura ciò che oggi possiamo vedere e vivere.
Tra gli oggetti esposti io mi sono completamente innamorata delle scarpette e dei sottogonna, con quei fiocchetti così delicati!
Consiglio di arrivarci in pullman perchè la zona non è comodissima da raggiungere.


La famiglia Florio a Palermo
Quando si parla della Sicilia immancabilmente si fa riferimento alla famiglia Florio, a Palermo in particolare. I Florio, famiglia di origini calabresi trasferitosi a Palermo nel 1700, si imposero con fermezza e spirito imprenditoriale tra la nascente classe borghese.
Generazione dopo generazione, investirono in diversi campi: dalla navigazione, all’editoria, alle tonnare alle cantine di Marsala, portando avanti progresso e innovazione per la loro terra. Palermo conserva tutt’ora dei luoghi che conservano la testimonianza della famiglia: il Villino Florio all’Olivuzza e la Palazzina ai Quattro Pizzi sono solo alcuni luoghi della maestosità che fu dell’impero Florio che in Sicilia è possibile visitare.
Palazzina Florio ai Quattro Pizzi
Distante una ventina di minuti in pullman dal centro storico, si raggiunge la Palazzina dei Quattro Pizzi appartenente in passato alla famiglia Florio. Prima di essere legata al nome dei Florio, la borgata dell’Arenella, faceva parte dei siti reali per la caccia e la pesca della famiglia dei Borbone. Fu solo grazie all’interesse per il tonno che i Florio iniziarono a frequentare la zona desiderosi di creare un ambiente borghese dedito alla produttività e alla rappresentazione raffinata di una famiglia emergente. La Tonnara venne acquisita nel 1829, con l’intento di realizzare un sistema di produzione industriale del tonno.
Fu con il tracollo dell’impero industriale dei Florio che Vincenzo Florio Jr. si spostò stabilmente nella Palazzina con Lucie Henry, dopo che nel 1912 la Tonnara con il suo complesso produttivo cessò la sua funzione originaria. Ma non fu solo una residenza; dopo il trasferimento della coppia a Roma, divenne anche un luogo di appoggio per le truppe tedesche e americane durante il secondo conflitto mondiale. Fu grazie a Lucie Henry e ai suoi beni, considerata la precaria situazione in cui navigava la famiglia Florio, se tutt’oggi la Palazzina è visitabile: la donna la acquistò con la somma della vendita di gioielli di lusso.
La Palazzina costruita dall’architetto Giachery tra il 1840 e il 1844 in stile neogotico inglese spicca sulla costa palermitana. Al piano terra sono presenti degli ambienti spogli, un tempo dedicati alle cucine o ai magazzini, ma salendo una ripida scala, non si può non rimanere affascinati dalla volta decorata a tempera da Salvatore Gregorietti e Emilio Murdolo. Pavoni, levrieri, leoni e racconti delle Chansons de Geste trasportano il visitatore in un mondo fiabesco.
Tutto intorno oggetti, abiti e accessori rendono l’avventurosa storia dei Florio ancora più tangibile.


Su, verso Monreale
Tra dolci monastici e mercati, uno spazio necessita di essere lasciato per visitare Monreale. Con il pullman, in circa 10 minuti di tragitto, si arriva in uno spiazzale con vista Palermo dall’alt0. Qui, percorrendo delle viuzze si arriva di nella piazza principale di Monreale, con il Duomo adiacente.
Una delle massime espressioni dell’arte normanna in Sicilia, la chiesa fu voluta da Guglielmo II d’Altavilla nel 1174 e nacque, secondo la leggenda, dopo un’apparizione della Madonna al giovane re, che gli indicò dove costruire un luogo di culto a lei dedicata. Il progetto, però, ha anche un significato politico: Guglielmo voleva affermare il potere della monarchia normanna e contrastare l’influenza dell’arcivescovo di Palermo. L’interno della cattedrale lascia completamente senza fiato: oltre 6.000 metri quadrati di mosaici bizantini ricoprono le pareti, raffigurando scene bibliche con una straordinaria ricchezza (ancora più di Ravenna!!). Accanto al Duomo, il chiostro dei Benedettini completa la visita immergendosi in un luogo di pace.


In treno verso Cefalù
Dalla stazione di Palermo Centrale, in circa quaranta minuti di treno si giunge a Cefalù. Visitare la cittadina di pescatori nel mese di Dicembre è stata un’esperienza diversa. Solitamente si immagina la striscia di terra sabbiosa punteggiata di ombrelloni da colori sgargianti e da genitori che chiamano i bambini con accento siciliano, ma non quando l’ho visitata io. Regnava pace e silenzio, sembrava di essere in un paesaggio surreale, di conseguenza i luoghi come il lavatoio medievale, la Porta Pescara, la Rocca e il Duomo di Cefalù potevano essere visitati senza alcuna fretta.

Consigli aggiuntivi 🙂
Quartiere Albergheria e Ballarò
Cosa vedere:
- Quattro Canti;
- Palazzo Reale (o dei Normanni);
- Cappella Palatina;
- Mercato di Ballarò;
- Casa Professa;
Dove mangiare:
- Bisso Bistrot;
- Mercato di Ballarò;
Acquisti 🙂
- Terranova: maestri caramellai – trasformano il concentrato di carruba in caramelle (hanno 130 anni di attività alle spalle);
Quartiere Kalsa
Cosa vedere:
- Palazzo Abatellis;
- Piazza Pretoria;
- Piazza Bellini;
- Complesso di Santa Caterina d’Alessandria;
- La Martorana (Chiesa di Santa Maria dell’Ammiraglio);
- Piazza Marina;
- Museo Internazionale delle Marionette Antonio Pasqualino;
- Porta Felice;
- Museo delle Maioliche – Stanze al Genio;
- Orto Botanico di Palermo;
Dove mangiare:
- Nni Franco u’ Vastiddaru;
- I Segreti del Chiostro (questo posto è assolutamente imperdibile!!!!!)
Acquisti 🙂
- Dolcini da portare via (in aereo si può) da I Segreti del Chiostro;
- Berrettificio Siciliano;
- Insula;
Quartiere Loggia – Vucciria
Cosa vedere:
- Mercato della Vucciria;
- Compagnia dei Figli d’Arte Cuticchio;
Dove mangiare:
- Passami U Coppu;
- Fùd;
Quartiere Capo
Cosa vedere:
- Cattedrale di Maria SS. Assunta (Duomo di Palermo);
- Mercato del Capo;
- Teatro Massimo;
Dove mangiare:
- SpremiAMO;
- Bisso Bistrot;
- Dainotti’s;
Acquisti 🙂
- Prodotti tipici al Mercato del Capo;
Quartiere Politeama, Libertà, Borgo Vecchio
Cosa vedere:
- Teatro Politeama;
Dove mangiare:
- Antico Caffè Spinnato;
- Osteria Lo Bianco;
- Panetteria/Rosticceria sotto l’hotel Archè Design;
- I Cuochini (che meraviglia questo posto! Nell’androne di un palazzo una piccola gastronomia storica che vende dal 1826. Prendete più di una porzione, per andare sul sicuro!)
Verso Nord
Cosa vedere:
- Palazzina Cinese;
- Museo Etnografico Siciliano Giuseppe Pitrè;
- Palazzina Quattro Pizzi Florio;
Verso Monreale
Cosa vedere:
- Villino Florio;
- Duomo di Monreale;
Dove mangiare:
- Nino u’ Ballerino;
Ho amato Palermo e mi ha lasciato assolutamente un bel ricordo. Spero che queste indicazioni possano esservi utili. Fatemi sapere!
Se volete seguirmi sulle mie gite, vi consiglio di curiosare sul mio profilo Instagram valelle e se vi va potete supportare il mio blog.
Valentina