“Dietro le porte e dentro i cassetti” di Villa Necchi Campiglio, consente di entrare in un ambiente intimo, curato e silenzioso. Dietro le porte e dentro i cassetti di Villa Necchi a curiosare in un luogo dove il tempo si è fermato, nel quale si respira però ancora un’aria cosmopolita, un’atmosfera borghese, distinta. L’ultima proprietaria, Gigina Necchi-Campiglio, si assicurò che tutto restasse intatto, anche il minimo dettaglio, come le sedie della Sala da Pranzo che erano state ricoperte prima del lascito della dimora al FAI nel 2001; […]”E’ costato un milione di lire per sedia, così quando andranno al FAI non dovrete più spendere soldi per ricoprirle”[…] confidò Gigina, probabilmente davanti ad una tazza di thè, alla Presidentessa (di allora) e fondatrice FAI Giulia Maria Mozzoni Crespi.
Una villa nel cuore del centro di Milano; la prima ad avere una piscina, un campo da tennis e un importante giardino, con splendide magnolie. Con la firma di Piero Portaluppi e Tomaso Buzzi (che rielaborò alcuni dettagli), è oggi un esempio di dimora milanese alto-borghese della metà degli anni Trenta.
Ma è solo grazie al pensiero altruista della famiglia Necchi-Campiglio (Angelo Campiglio, Gigina e Nedda Necchi), al Fondo Ambiente Italiano e ai numerosi eventi organizzati come “Dietro le porte e dentro i cassetti”, se oggi possiamo ammirare da vicino uno dei sontuosi gioielli del passato tra le alte architetture contemporanee di Milano.
- Il FAI: Fondo Ambiente Italiano;
- I protagonisti di Villa Necchi Campiglio;
- Il quartiere di Corso Venezia, l’incarico a Piero Portaluppi e a Tomaso Buzzi;
- Le sale di Villa Necchi Campiglio;
- Da casa a museo;
Il FAI: Fondo Ambiente Italiano
Non è un caso se la Villa fu lasciata da Gigina Necchi-Campiglio al FAI.
La fondazione senza scopo di lucro FAI, acronimo di Fondo Ambiente Italiano, nacque nel 1975 grazie all’impegno, alla determinazione e all’amore per il nostro paese di un gruppo di amici: Giulia Maria Crespi (probabilmente vicina di Villa della famiglia Necchi-Campiglio), Renato Bazzoni, Alberto Predieri e Franco Russoli. La fondazione si impegnava e lo fa egregiamente tutt’ora nella salvaguardia, tutela e valorizzazione del patrimonio artistico, storico e paesaggistico italiano con l’obiettivo di educare e sensibilizzare grandi e piccoli alla bellezza e alla cura dei beni italiani – Per il paesaggio, l’arte e la natura. Per sempre, per tutti – recita il motto FAI e ognuno di noi può dare il suo piccolo o grande contributo.
Ma non solo: il FAI restaura, apre al pubblico, riceve in concessione o in donazione, salva beni che altrimenti sarebbero andati chiusi per sempre.
Grazie agli undici mila volontari e duecento mila membri, il FAI riesce ad aprire e a mostrare al pubblico luoghi di una bellezza inaudita, che spesso alla loro vista, lasciano il visitatore senza parole.
Dalle prime acquisizione e donazioni il Fondo è arrivato a contare ben sessantanove beni salvati e altrettante numerose giornate organizzate per promuovere i beni al pubblico. Recentemente il FAI, è riuscito a mettere in salvo dalla polvere anche un’altra dimora borghese: Casa Macchi; un gioiellino a Morazzone, nel Varesotto.
Ma ora partiamo alla scoperta dell’evento “Dietro le porte, dentro i cassetti” di Villa Necchi Campiglio!
I protagonisti di Villa Necchi Campiglio
Entrare in Villa Necchi Campiglio significa addentrarsi tra lo stile di vita di tre protagonisti: Angelo Campiglio, Gigina Necchi e la sorella Nedda Necchi. Un trio particolare ed affiatato, ognuno con la propria personalità. I Necchi Campiglio, nonostante la loro posizione altolocata raggiunta attraverso imprese industriali a livello mondiale, si fecero portatori tra usi e costumi milanesi, di una profonda sensibilità sociale e di un lusso mai ostentato.
Angelo Campiglio (1891/1984), chiamato anche Nene, in tenera età dovette seguire le orme dei genitori Giuseppe e Piera a Rosario, in Argentina, dove la madre possedeva una gioielleria. Laureato in Medicina, con specializzazione in Oncologia e Ginecologia, non praticò mai (neanche per un solo giorno!) la carriera di medico. Conosciuta e sposata l’affettuosa Gigina Necchi, fu coinvolto professionalmente dal futuro suocero nel 1930 alla fondazione di NECA, una fonderia di ghisa che produceva motori per frigoriferi, caldaie e sanitari, oltre che lavorare per la Fiat.
Gigina Necchi (1901/2001) o come la tradizione milanese vuole “La Gigina”, originaria di Pavia, viene ricordata dalle testimonianze di chi ebbe l’occasione di conoscerla come una donna carina, elegante e soprattutto buona di cuore. Sposò Angelo Campiglio e con arrivò a festeggiare i sessantadue anni di matrimonio.
Nedda Necchi (1900/1993), originaria anche lei di Pavia, era la più timida e riservata della famiglia, rimasta “zitella” dopo un grande amore impossibile. Ma non si disperava di certo! Nedda amava la pittura, il pianoforte e i gatti. Possedeva un forte spirito artistico (si narra che collezionasse opere di Fontana che teneva nel seminterrato) e buona manualità per le arti pittoriche.
[…] Una volta i cugini Soldati, invitati a colazione in Via Mozart, videro uno dei tanti gatti, l’ultimo randagio adottato dalle signorine, mangiare servito nella sua ciotola, degli ottimi ravioli. […]
Accanto a questo compatto trio, figura anche il fratello delle “Gigine”, Vittorio Necchi. Egli, tornato dal fronte, divenne invece il titolare dal 1919 di un ramo della NECA, la Necchi Macchine da cucire (guardate bene a casa delle vostre nonne, sicuramente ci sarà una Necchi Supernova, premiata nel 1954 con il Compasso d’Oro!).
Possedere una macchina da cucire, voleva dire ottimizzare il lavoro di confezione che prima veniva eseguito esclusivamente a mano. Dagli anni Cinquanta in poi, in seguito alla diffusione dei primi elettrodomestici, la macchina da cucire era presente in ogni casa, tanto che la Necchi nel 1960 festeggiò il quarantesimo anno di attività. Presso i negozi più importanti del marchio si tenevano anche corsi gratuiti di taglio e confezione, come è testimoniato dal catalogo aziendale Necchi conservato in uno dei cassetti-nascosti dello studio di Angelo Campiglio che è stato possibile visionare grazie all’evento “Dietro le porte, dentro i cassetti”.
[…] si può dire che il nome della famiglia è sempre stato noto a tutti i livelli sociali, perchè la macchina da cucire troneggiava in tutte le case italiane quasi simbolo di raggiunto benessere e sano risparmio ed era presentata con grande insistenza nella pubblicità che stava nascendo in quegli anni.
Attorno ai tre protagonisti altri affiatati aiutanti (i domestici Guido e Vera) e gli innumerevoli amici (tra cui Umberto Veronesi, i conti Vistarino e Castelbarco, Maria Gabriella di Savoia e molti altri), anche se i Necchi-Campiglio non condussero mai un’eccessiva vita mondana. Erano piuttosto gli ospiti che si recavano presso la Villa di Via Mozart di Milano per una partita a carte o a tennis, un tuffo in piscina, una colazione o un thè in compagnia.
Angelo, Gigina e Nedda vissero insieme in Villa uniti e rispettosi della personalità e delle esigenze altrui.
Pian piano i loro corpi si spensero, ma noi è come se, varcata la soglia di Villa Necchi Campiglio, sentissimo ancora gli abiti fruscianti delle Gigine, acquistati presso i migliori atelier di Milano e Montecarlo, o i passi decisi di Angelo sullo scalone dell’atrio d’ingresso.
Il quartiere di Corso Venezia, l’incarico a Piero Portaluppi e a Tomaso Buzzi
La Milano antecedente alla costruzione di Villa Necchi Campiglio, avvenuta dal 1932 al 1935, non era quella che conosciamo tutt’ora.
Il quartiere di Corso Venezia sul finire dell’Ottocento, era si caratterizzato dai grandi palazzi sette-ottocenteschi (come Palazzo Serbelloni, Diotti o Isimbardi), ma solo di facciata. Nelle vie retrostanti (Via dei Cappuccini, chiamata così per la presenza di un convento e Via Vivaio dove era presente una serra a cielo aperto) l’atmosfera era ancora bucolica e rurale. Nel 1890 fu la costruzione dell’Istituto dei Ciechi ad occupare una prima porzione di verde su Via Vivaio.
Milano, come affermavano i Futuristi era una “Città che sale” e con il nuovo Piano Regolatore Beruto nel 1889, la città cambiò interamente i suoi assetti: la copertura dei Navigli e altre modifiche resero la città percorribile e pronta alla nuova dinamica sfida della modernità. Nell’opera Officine a Porta Romana del 1909 di Umberto Boccioni, si vede il quartiere di Porta Romana con ampie zone verdi, ma qua e là si scorgono nuovi edifici, strade, brulicante movimento e in fondo le alte ciminiere.
In questo clima, nel 1907 si pensò all’apertura di nuove strade tra le Vie Cappuccini, Vivaio e S. Damiano per facilitare la circolazione in quel tratto con incroci regolari e ampi, delimitando isolati regolari, ai quali furono poi associati eleganti edifici. Via Barozzi, Via Mozart e Via Serbelloni iniziarono ad apparire nelle nuove mappe della città. Si ersero dunque in questo contesto di pregio, nuove architetture, come Palazzo Fidia, Villa Invernizzi, Casa Galimberti o Cà dell’Oreggia (riconoscibile per la scultura bronzea di Adolfo Wildt a forma di orecchio).
[…] è uno tra i “più signorili quartieri della città”, “uno scenario di architetture originali” nato “tra le verdi quinte delle piante superstiti” dagli antichi parchi, scriveva nel 1931 l’architetto Renzo Gerla sulla rivista municipale “Milano”. […]
Immaginiamoci ora una serata di fitta nebbia e un’Isotta Fraschini che al rientro da Piazza della Scala, si addentra tra le nuove perpendicolari strade di Porta Venezia in cerca di un percorso di ritorno per Pavia. I fanali nell’oscurità illuminano un grande cartello “Vendesi” un ampio giardino alberato; immediatamente gli eleganti Angelo Campiglio e Nedda e Gigina Necchi scendono dalla macchina, con un’unica e sola idea: acquistare quel lotto di terreno.
Per i Necchi-Campiglio la visione del terreno di Via Mozart 14, fu quasi come un colpo di fulmine.
Immediato fu l’acquisto dal Conte Cicogna e imminente fu la chiamata nel 1932 del progettista affermato Piero Portaluppi (1888/1967). L’architetto Portaluppi rivestiva già una buona fama in città; da grafico a restauratore, da designer a professore al Politecnico di Milano numerosi sono gli edifici che portano la sua firma: Planetario Hoepli, Palazzo Crespi e molti altri. Su una vasta area i Necchi-Campiglio si affidarono a Piero Portaluppi senza limiti di budget, ad occhi chiusi con l’unica richiesta di rendere lo spazio un luogo elegante, funzionale, aperto agli ospiti, un’oasi di campagna in città.
Costruita dal 1932 al 1935 dall’impresa Gadola, dalle linee essenziali, rigorose, dai dettagli decorativi ma sobri, Villa Necchi Campiglio con la sua semplicità divenne un esempio di villa unifamiliare in un contesto urbano degli anni Trenta. Elegante e confortevole, dotata di portineria, campanelli elettrici, telefoni, impianti di riscaldamento, cucine, ascensori, cunicoli sotterranei, un campo da tennis e una piscina privata era una delle dimore più all’avanguardia per l’epoca. Con volumi squadrati, superfici concave e convesse, vetrate aggettanti in cui si scorge una veranda, marmi e graniti, finestre a stella o ad oblò, rendono l’abitazione un continuo alternarsi con il sicuro giardino circostante, arretrato rispetto alla strada.
La distribuzione interna della casa segue invece l’assetto tradizionale delle ville di quegli anni: un piano seminterrato, un piano terra o piano rialzato, un primo piano, un sottotetto, tutti collegati tra di loro con scale, porte a scomparsa per consentire un veloce ampliamento delle diverse sale in caso di ospiti.
A partire dal 1938 i Necchi-Campiglio si affidarono ad un altro architetto: Tomaso Buzzi, appartenente al Gruppo Novecento, nonché fondatore con Gio Ponti della rivista Domus e progettista della futura Villa di Vittorio Necchi a Nervi. Buzzi si occupò della sistemazione dell’esterno e della modifica di alcuni locali con uno stampo più settecentesco: le finestre con ricchi drappeggi all’antica, i caminetti o il letto in argento e il copriletto ricamato nella Camera Matrimoniale mostrano questo lato in netta opposizione all’essenzialità di Portaluppi. In seguito all’interruzione a causa della guerra (periodo nel quale la famiglia si trasferì nel Varesotto), l’architetto riprese a pieno ritmo la sua collaborazione dal 1946 al 1957.
Le sale di Villa Necchi Campiglio
La guida FAI accoglie il gruppo per la visita “Dietro le porte, dentro i cassetti” in giardino, davanti all’ingresso della dimora Necchi Campiglio, munita di un pesante raccoglitore illustrato, guanti bianchi e un mazzo di chiavi di ogni più disparata forma e dimensione.
A favorire l’ingresso alla Villa è una breve scalinata con pensilina, entrambe semicircolari. Il piccolo spazio che precede la hall vera e propria appare piccolo rispetto all’ampia sala che attende il visitatore; è già possibile però intravedere lo spirito dell’abitazione da minuti e curati dettagli.
Hall – Piano rialzato
La Hall è la zona principale dell’intero edificio, dalla quale si diramano tutti gli altri diversi ambienti. Luogo per ricevere gli ospiti l’atrio si presenta rigoroso, dai pavimenti in noce e palissandro con pochi elementi d’arredo, costellato però da innumerevoli opere d’arte: Giacomo Balla, Umberto Boccioni, Arturo Martini, Mario Sironi sono solo alcuni dei nomi, provenienti dalla Collezione Claudia Gian Ferrari, che popolano con la loro forza espressiva questo ampio ambiente. Lo sguardo va verso la balaustra dal motivo a doppia greca dello scalone in radica, ma si continua la visita verso la Biblioteca.
Biblioteca – Piano rialzato
Procedendo verso sinistra si accede alla Biblioteca. E’ in questo ambiente che i coniugi Necchi-Campiglio e Nedda Necchi passavano maggiormente il loro tempo. Attorniati da antichi libri (testi francesi, volumi d’arte o di viaggio), sculture, scrivanie e tavolini in mogano di Guglielmo Ulrich con cassetti contenenti fiche, passare le giornate qui, con qualche illustre ospite era un momento di svago e di relax. Si possono ancora udire le chiacchiere e le risate proveniente da una saletta dietro un’alta libreria che funge da divisore.
Salone – Piano rialzato
Attraversata la biblioteca si procede verso il Salone, che diversamente dalle sale precedenti, accoglie il visitatore in un ambiente dallo stile decisamente differente, nel quale si può scorgere l’intervento di Tomaso Buzzi. Dal 1938 infatti i Necchi decisero di affidare delle modifiche a Buzzi per rendere l’abitazione più accogliente e tradizionale, più decorativa e ricca. Si fanno spazio forme curve, avvolgenti, morbide, adatte per chiacchiere e pettegolezzi in compagnia, davanti ad un giornale di gossip dell’epoca, conservati ancora nel mobile sottostante lo specchio, accanto ad una natura morta di Giorgio Morandi.
Veranda – Piano rialzato
Diventata popolare anche per il film House of Gucci, la Veranda verde salvia di Villa Necchi Campiglio è un tutt’uno con l’ambiente esterno. Se fino ad ora potevamo ricordarci di essere a Milano, in Veranda possiamo immaginare di esserci spostati in una casa di campagna. L’ambiente interno con il divano verde ad S, le due poltroncine, il pavimento in travertino e in marmo verde Roja e Patrizia, anticipano l’adesione ad un mondo naturale che si ammira dalle alte vetrate continue. Ma è con la serra inserita tra la doppia vetrata che si ha un collegamento vero e proprio con il giardino esterno. Un avanzamento graduale verso la natura esterna, che con i suoi colori illumina lo spazio interno. La stanza è impreziosita anche da vasi cinesi del XVIII-XIX secolo e da uno stipo in legno e ottone dorato, con dodici cassetti interni, sui quali sono riportati particolari paesaggistici.
Studio – Piano rialzato
Ambiente dalle note prettamente maschili, lo Studio di Angelo Campiglio è caratterizzato da una boiserie in palissandro che custodisce oggetti un tempo cari al padrone di casa. All’apparenza compatto e severo, come la personalità di un manager come Campiglio, lo studio dentro i cassetti lascia trasparire l’anima più umana del suo protagonista. Fortemente legato al lavoro, alla società e al bene comune. Dentro uno dei tanti sportelli è conservato il catalogo Necchi risalente al mese di marzo 1937. Sulle pareti ad ammorbidire lo studio, opere di De Pisis, Carrà e Casorati.
Sala da pranzo – Piano rialzato
Lasciando alle spalle il Fumoir e la porta con motivo a losanghe di Piero Portaluppi, si accede alla Sala da Pranzo. Arazzi di Bruxelles del XVI secolo, stucchi del soffitto con decorazioni naturalistiche, centrotavola in lapislazzuli e sedie ricoperte da un ricco broccato verde caratterizzano la Sala da Pranzo. Dalle ampie finestre è possibile scorgere il giardino e la rinfrescante piscina.
I locali di servizio per la Sala da Pranzo – Piano rialzato
Come in tutte le dimore nobiliari, le cucine e i locali di servizio si trovavano in una zona appartata, lontana rispetto agli spazi ufficiali dove i proprietari abitavano o accoglievano gli ospiti.
Anche in Villa Necchi Campiglio, le cucine e i locali di “preparazione” per la pietanze da esibire in Sala da Pranzo, erano nascosti. Accanto alla Sala sono presenti due Office, che avevano la funzione di deposito per i servizi da portata e il collegamento con le cucine al seminterrato tramite un montavivande e scale poste sulla parte posteriore della casa. In questi Office sono presenti mobili disegnati da Piero Portaluppi, utili e studiati per permettere a queste stanze una piena funzionalità. Tutto è in ordine, i servizi in porcellana bianca con il bordo dorato sono stati riposti ordinatamente e i disegni geometrici su alcune tazzine Richard Ginori richiamano il cognome Campiglio.
I camerieri dovevano essere discreti e ordinati; i cuochi invece avere buone abilità ai fornelli per saper cucinare alcuni tra i piatti più in voga: coniglio in teglia o piccioni in agrodolce.
Fuciliera – Piano rialzato
La visita al piano rialzato si conclude con la Fuciliera, un luogo che in realtà doveva essere adibito a guardaroba per gli ospiti. Gli ampi armadi però permisero di adottare lo spazio come ripostiglio per i fucili da caccia e attrezzatura sportiva. Gli specchi dalla forma circolare sembrano riprendere le finestre ad oblò del piano superiore.
Atrio e volta a botte con pareti-armadio – Primo piano
Attraversata l’ampia scala, si accede all’atrio del piano superiore, che introduce la zona notte della casa. Qui, come per il piano rialzato, l’ampio ambiente funge da snodo per i diversi locali. A sinistra si accede alla zona dedicata al guardaroba con stireria, macchina da cucire (Necchi, ovviamente!) e la stanza per la guardarobiera, mentre a destra si svolta verso le camere da letto padronali disposte simmetricamente ai lati di un corridoio con volta a botte con pareti armadio; a sinistra quella di Angelo e Gigina, mentre a destra quella di Nedda. Dall’atrio si accede inoltre alle due camere degli ospiti, chiamate del Principe e della Principessa.
Negli armadi disposti al di sotto della volta a botte con motivi cordonati è conservato tutto l’abbigliamento dei proprietari, dagli abiti alle valigie (che solo all’evento “Dietro le porte, dentro i cassetti di Villa Necchi Campiglio” è possibile visitare). Dalle fotografie d’epoca di Gigina, Nedda e Angelo si nota come il loro stile fosse sempre impeccabile, elegante e raffinato, tutto immancabilmente coordinato, dai guanti alle scarpe. All’apertura di ogni singola anta si ripercorre un momento della storia della moda italiana ed europea. Le scarpe in un’anta portano le firme dell’artigianalità italiana di Salvatore Ferragamo, in un’altra si notano i Christian Dior e Biki per abiti e pellicce, mentre per cappellini unici è l’atelier milanese Gallia e Peter ad avere il primato.
Camera matrimoniale e bagno di Angelo e Gigina Necchi – Primo piano
Nella Camera matrimoniale sono evidenti e ben notevoli gli interventi di Tomaso Buzzi; dall’inferriata del letto ai ricami, ai tendaggi. I libri che si trovano in questa stanza sono invece ironici e divertenti. Una parte è adibita anche a piccolo studio di Gigina Necchi, con tutto il necessario per le corrispondenze, comprese le buste da lettere firmate.
Il bagno invece con le sue forme regolari presenta chiaramente la firma di Portaluppi, anche se le boccette di profumo e i set di spazzole personalizzati addolciscono il tutto.
Camera e bagno di Nedda Necchi – Primo Piano
La Camera di Nedda Necchi è forse quella che incarna al meglio lo spirito della sua proprietaria. Un decorato letto a baldacchino, eleganti mobili inglesi e toscani, simpatiche porcellane e un armadio ben tenuto con in bella vista i foulard Dior con una dedica per le due sorelle, mostrano il carattere romantico e attento ai dettagli di Nedda. Il bagno dalla palette rosa quarzo, rispecchia lo stesso stile di quello di Angelo e Gigina.
Camere degli ospiti – Primo piano
Al piano superiore si trovano anche le camere degli ospiti. La più piccola è chiamata del Principe, perchè era abitudine che vi alloggiasse Enrico d’Assia, mentre l’amica delle sorelle Necchi, Maria Gabriella di Savoia soggiornava in quella in cui attualmente è esposta la Collezione Alighiero ed Emilietta De’ Micheli: una raccolta di arti decorative e dipinti del XVII secolo, compresa una vista del Canal Grande di Venezia di Canaletto.
Guardaroba – Primo piano
La guardarobiera, responsabile della cura e degli effetti personali di Angelo, Gigina e Nedda era l’unica del personale di servizio che condivideva con loro il piano notte. Oltre a ciò, disponeva anche di una camera da letto personale con bagno privato, collocata vicina al Guardaroba, mentre gli appartamenti per gli altri domestici si trovavano nel sottotetto.
Nel locale Guardaroba si rivelano i mobili tipici degli altri ambienti di servizio: pavimenti in linoleum e ampie cassettiere per porre la biancheria utile per la casa. Un grande tavolo in legno mette in mostra al visitatore piegati e in ordine lenzuola, asciugamani, custodie per la borsa dell’acqua calda e sacchetti di stoffa profumati ricamati a punto croce. In un armadio le divise del personale in servizio, che solo con l’evento Dietro le porte, dentro i cassetti di Villa Necchi Campiglio è possibile visionare.
Stanza della guardarobiera – Primo piano
Nonostante il ruolo di personale di servizio, la Stanza della guardarobiera si presenta elegante ed aggraziata, con armadi raffiguranti dei dipinti di velieri su seta. All’interno di uno degli armadi sono conservati degli abiti dello stilista Issey Miyake appartenuti a Claudia Gian Ferrari, gallerista che donò al FAI per Villa Necchi Campiglio la sua collezione di opere d’arte del Novecento. Il FAI occasionalmente le diede la possibilità di occupare la stanza per consentirle di stare ore, giorni vicina ai suoi capolavori artistici.
Seminterrato
Il seminterrato (chiuso alla mia visita), era dedicato alle docce e agli spogliatoi per la piscina e il campo da tennis, mentre una parte era riservata al personale, come cucina e Sala da pranzo di servizio.
Da casa a museo
Con la scomparsa di Angelo e Nedda, Gigina affidò con un gesto di profondo altruismo la Villa al Fondo Ambiente Italiano. Il FAI, per sempre riconoscente dell’enorme donazione, dovette comunque eseguire lavori di restauro; non solo nell’architettura dell’edificio, ma anche in tutti quei suppellettili che donano carattere e unicità alla dimora.
Villa Necchi Campiglio rientra oggi nel percorso delle quattro Case Museo di Milano. E’ servita da una biglietteria, un bookshop e una caffetteria, per garantire al visitatore una piacevole permanenza.
Personalmente ho deciso di optare per la visita guidata e per l’evento “Dietro le porte, dentro i cassetti” spinta da una forte curiosità riguardo la Villa e i segreti che si celano dietro ad ogni piccolo sportello o cassetto, oltre a voler approfondire gli usi, le tradizioni e i costumi di una società industriale alto borghese.
Da circa un anno sono inoltre iscritta al FAI. Aderire al Fondo Ambiente Italiano permette di visitare gratuitamente i luoghi FAI, di avere vari sconti su servizi, ma l’aspetto che prevale e che da membro FAI si percepisce è l’appartenenza ad un grande gruppo che condivide valori di tutela e salvaguardia delle bellezze italiane.
Sul sito FAI è possibile trovare tutte le informazioni per l’ingresso e per eventi come “Dietro le porte, dentro i cassetti” di Villa Necchi Campiglio.
Spero che questa visita sia stata di vostro gradimento.
Ora la parola è la vostra!
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Valentina
Testi di riferimento:
Borromeo D. L., Villa Necchi Campiglio a Milano, Skirà, Milano, 2008.
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Thank you
Amo sia Buzzi che Portaluppi anche se per motivi diversi…quindi visiterò la villa di una delle più importanti famiglie italiane con enorme piacere.
Peccato non poter visitare villa Necchi di Nervi.
Lorenzo Struzzi
Gentile Lorenzo,
grazie per il commento.
Assolutamente consiglio di visitare Villa Necchi Campiglio con l’affiancamento di una guida o partecipando alle innumerevoli iniziative FAI.
Sono sicura che rimarrà piacevolmente colpito dai dettagli, dall’atmosfera, dalla tranquillità e forse non le sembrerà neanche di essere a Milano (ma magari, con l’immaginazione a Nervi)! 😉
Valentina