La storia di Louis Vuitton al Time Capsule Exhibition, Milano

Loghi vari Louis Vuitton

Dal 20 settembre al 20 ottobre a Milano, nella piazzetta di Palazzo Reale, accanto al Museo del Novecento e a lato del Duomo è stata installata una struttura elegante e grigia, dalle forme aerospaziali della maison Louis Vuitton, dal nome Time Capsule Exhibition. Avevo sentito parlare di questo spazio espositivo su Instagram e su alcuni magazine di moda; trovandomi così un giorno in centro ne ho approfittato per visitarla. Esternamente pensata come una sorta di navicella spaziale, mentre l’interno è stato progettato come un viaggio nel tempo, con vetrate e pareti in pelle trapuntate proprio come le carrozze dei treni storici.

Esterno dell’esposizione
Duomo di Milano

Il percorso espositivo a partire dal 1854 racconta la storia della maison tramite l’esposizione di oggetti speciali e rari, appartenenti agli archivi Louis Vuitton, testimoni di ricerca, imprenditorialità e spirito pionieristico. Il tema del viaggio è fondamentale per l’azienda e le “terre” che questo cammino permette di esplorare riguardano delle tappe fondamentali: le invenzioni, il viaggio, l’arte di custodire oggetti e le icone della maison.

Circa 165 anni fa nacque la leggenda dell’azienda Louis Vuitton. Il clima che si respirava in Europa era caratterizzato dall’avvento della Rivoluzione Industriale e dall’ascesa della borghesia. Le grandi città europee come Parigi, ma soprattutto Londra erano il fulcro di questo improvviso progresso; i tipici e stretti palazzi londinesi iniziarono ad ospitare macchinari tessili ed in periferia sorsero fabbriche ed industrie, oltre a dei veri e propri quartieri residenziali progettati per far fronte ai bisogni della classe operaia proveniente da diverse parti d’Europa. Le città erano in piena rivoluzione e le materie prime arrivavano da ogni parte del mondo, il commercio aumentò a dismisura e l’alta borghesia, proprietaria di plessi industriali, aveva la necessità di spostarsi da una città all’altra per affari, sempre più velocemente. I trasporti proprio in questi anni ebbero un notevole incremento, tanto che in Francia il sistema stradale contava più di 25.000km di strade costruite. I mezzi principali erano ancora le carrozze, ma le upper class volevano poter viaggiare con comfort e con i loro oggetti personali ben imballati, magari in robusti e bei bauli da viaggio, spesso realizzati da esperti artigiani. 

In questo clima a Parigi nel 1837 Louis Vuitton iniziò a lavorare presso il fabbricante di valigie Monsieur Marechal, apprezzato presso la corte di Napoleone III. Il giovane ragazzo si specializzò in bauli personalizzati su richiesta dal cliente e in poco tempo divenne uno dei più apprezzati artigiani di bauli della capitale francese, facendo del suo lavoro una grande passione.

Con la sua grande determinazione nel 1854, dopo diciassette anni di esperienza a fianco di grandi artigiani, aprì il suo primo atelier in via Rue Neuve Des Capucines a Parigi, vicino alla rinomata Place Vendome.

La specializzazione nel settore dei bauli era sempre più richiesta e Louis Vuitton riuscì a percepire l’atmosfera e il clima di progresso; i viaggiatori divennero sempre di più, si diffusero i viaggi transoceanici e c’era bisogno quindi di bauli personalizzati e facilmente riconoscibili. La maestria di Louis Vuitton come “emballeur” venne notata da tutti a Parigi, soprattutto dall’Imperatrice Eugenia de Montijo, la quale fu la portatrice dei prodotti LV nelle classi di alto rango. Il Duca e la Duchessa di Winsdor, Re Alfonso XII di Spagna e tanti altri acquistarono i bauli per proteggere i loro affetti più preziosi.

Louis Vuitton non lavorò sui bauli solo dal punto di vista estetico, ma anche da quello funzionale. Nel 1858 la prima novità che l’artigiano francese introdusse fu l’eliminazione della classica forma curva e bombata dei bauli per adottare linee nette e geometriche, le quali consentivano un maggior attrito e stabilità. Oltre a ciò i punti di maggior carico vennero rinforzati con strutture metalliche e gli angoli protetti da forti para-spigoli. Per rendere maggiormente più resistenti i bauli Louis Vuitton pensò di coprire la struttura di base, in legno di pioppo, con la Tela Grey Trianon, una speciale tela impermeabile di rivestimento rendendo i bagagli a prova di pioggia e agenti atmosferici. I primi bauli in tela grigia risalgono agli anni ’60 dell’ Ottocento.

La mostra allestita non conteneva solo bauli, borse o abiti, ma anche fotografie d’epoca e documenti che testimoniano il percorso e il successo dell’azienda, come portatrice dell’artigianato francese. Tra questi di particolare interesse il documento che attestò il brevetto all’azienda “Louis Vuitton Emballeur” per la progettazione di bauli estremamente resistenti, una garanzia di sicurezza per gli oggetti più fragili. Questo spirito pionieristico dell’azienda consentì di partecipare all’Esposizione Universale di Parigi nel 1867 (seconda grande esposizione dopo quella di Londra del 1862, tenutasi al Crystal Palace).

Tra le tante documentazioni esposte, però una fotografia ha catturato la mia attenzione. La foto risale al 1859, all’apertura del primo laboratorio a Asnières Sur Seine, alle porte di Parigi. Probabilmente scattata nel cortile del laboratorio, raffigura i dipendenti (all’inizio erano circa in venti), con una possente carrozza e i bei bauli LV in bella mostra, impilati alla perfezione. Osservandola con attenzione è possibile notare come l’aspetto del baule si andò pian piano rinnovando anno dopo anno. All’interno i bauli iniziarono ad essere suddivisi in scompartimenti per raccogliere in modo più ordinato gli oggetti, ed esternamente per renderli ancora più riconoscibili, l’azienda adottò un motivo a righe rosse e beige. Altra innovazione che fu presentata sul mercato, fu il baule trasformabile in letto (nella foto Gastone Louis Vuitton è sdraiato su questo nuovo progetto, con il volto fiero rivolto verso la macchina fotografica). Dotato di una struttura ingegneristica questo letto portatile poteva piegarsi ed essere contenuto in un semplicissimo baule. Come appare dal piccolo attestato i bauli letto vennero introdotti per esigenze militari e per gli esploratori che dovevano raggiungere territori lontani, come nel caso di Pietro Savorgnan di Brazza, il quale chiese all’azienda Louis Vuitton di sostenerlo con la progettazione di bauli e bauli letto per intraprendere nel 1876 con l’appoggio della Société de Géographie di Parigi la sua spedizione in Congo. All’interno della mostra c’era la possibilità di vedere uno dei modelli del baule letto perfettamente conservato.

Il laboratorio divenne il fulcro della progettazione e produzione dei prodotti targati Louis Vuitton, tanto che negli anni è stato soggetto a continui ampliamenti per la necessità di nuovo spazio. Il bisogno di nuove aree era conseguenza del successo in continua crescita.

Nel 1875 si ebbe infatti l’introduzione di bauli verticali e in particolar modo del baule armadio o wardrobe, chiamato The Twin, con all’interno, da un lato, una gruccia per appendere i capi e dall’altro tanti cassetti ordinati. Questa tipologia fu creata perfezionando i bauli per i viaggi oltreoceano: il volume venne ridotto al minimo per consentire al proprietario di trasportare con facilità un intero guardaroba.

Nel 1888 fu introdotta la Tela Damier (conosciuta come motivo a scacchi) progettata da Georges Vuitton. Egli, con lo stesso spirito creativo del padre studiò anche una serie di soluzioni efficaci e sicure per la chiusura dei bauli e nel 1890 brevettò il lucchetto con serratura a cilindro multiplo, antiscasso a cui corrispondeva una chiave unica.

Proseguendo con la mostra si apprende come la storia del costume e della società erano e sono tutt’ora parallele con la storia della moda. Dopo essersi occupati della clientela che effettuava viaggi con il treno e le grandi navi, l’azienda anticipa ancora una volta l’introduzione e lo sviluppo con prodotti apposta, un altro mezzo di trasporto rivoluzionario: l’automobile. Nel 1897 ci fu la realizzazione del primo prototipo di baule per i nuovi veicoli fino all’utilizzo delle creazioni Vuitton per gite fuoriporta in macchina o per contenere i beni di prima necessità che venivano posti sulle auto da corsa, come nel caso del raid automobilistico New York-Parigi.

I viaggi in aereo invece sancirono l’arrivo dei bauli Aéro e Aviette, dalle fattezze leggerissime, con rifiniture più o meno costose, che consentivano di trasportare un guardaroba completo. L’azienda sfidò anche il cielo con la progettazione di bauli che si potevano fissare alle mongolfiere.

Nel 1896 Georges Vuitton creò il motivo Monogram (lettere LV) per omaggiare lo spirito del padre Louis Vuitton, scomparso quattro anni prima. Questo motivo richiamava per Georges la sua infanzia e i momenti vissuti in famiglia. Il piccolo segno richiama le piastrelle di Gien (piccola località della Valle della Loira conosciuta per le sue favolose ceramiche) con i fiori a quattro petali che decoravano le pareti della cucina della casa costruita vicino al laboratorio ad Asnieres. A questo fiore Georges Vuitton unì le iniziali del padre assemblate in un elegante intreccio. Inizialmente fu realizzata a telaio jacquard e successivamente con la tecnica “a pochoir”, simile allo stencil e alla serigrafia. 

Nel 1901 avverrà la creazione della borsa Streamer, la quale grazie alla sua fattezza morbida, poteva essere piegata e riposta all’interno di un cassetto del baule armadio.

Come appare dalle locandine pubblicitarie del baule Aéro e Aviette era possibile acquistare i prodotti LV nel negozio Louis Vuitton sugli Champs-Elysées a Parigi, inaugurato nel 1914.

Lo studio delle forme e di nuove soluzioni di viaggio portò alla realizzazione della Keepall Bag (borsone da viaggio), adatto per i viaggi brevi, ripiegabile con tela monogram. Nello stesso anno uscì sul mercato la Speedy Bag adatta per le brevi uscite e per contenere il necessario (dal design chiaramente ispirato alla Keepal Bag ma dal formato ridotto).

All’interno della mostra si accedeva alla zona Elegance in Motion, nella quale erano esposti piccoli scrigni che contenevano gli oggetti più cari al viaggiatore, come gioielli, boccette di profumo, spazzole e articoli di make up. Ogni forma è studiata nel minimo particolare, le linee sono precise e gli spazi funzionali. Tra questi il baule Malle Milano, spettacolare esempio di design anni Venti di chiara ispirazione meneghina, realizzato dagli artigiani Louis Vuitton per l’Esposizione Internazionale delle Arti Decorative di Parigi del 1925. Gli oggetti custoditi all’interno per la pulizia personale sono in avorio, cristallo e vermeil. Ognuno di essi fu progettato perfettamente su misura per essere una volta utilizzato, riposto al suo preciso posto.

Proseguendo il percorso espositivo è possibile vedere come il rapporto tra l’azienda e i grandi personaggi della moda e dello spettacolo si consolidò con il tempo; dal baule per la stilista e artista Elsa Schiaparelli all’ombrello monogram per Alberto Sordi.

Continuando attraverso le diverse aree si accede alla zona che riguarda i pezzi icona della maison, come la borsa secchiello e le diverse interpretazioni, come nel caso della collaborazione Catogram del 2018 tra Nicolas Ghesquierè e la editor Grace Coddington o la borsa Alma realizzata per Coco Chanel nel 1934. In una vetrata accanto ci sono fotografie dei pezzi iconici; la esile Twiggy tiene in mano la Papillon Bag (1966) fotografata da Bert Stern nel 1967.

La penultima sezione della mostra riguarda il red carpet. Sono esposti alcuni degli abiti che sono stati indossati dalle star di Hollywood per eventi e tappeti rossi. Nel corso del tempo oltre ad ampliare la sua progettazione e creazione di accessori di pelletteria, la maison dagli anni Ottanta si dedicò anche all’abbigliamento, espandendo così la sua rete di negozi in tutto il mondo e assumendo alla guida creativa direttori artistici come Marc Jacobs, Nicolas Ghesquierè e Kim Jones, oltre a collaborare con artisti internazionali, realizzando capi e oggetti sempre riconoscibili ma originali.

Dal 2000 l’azienda sotto la guida di Odile Vuitton (figlia di Gastone Louis Vuitton) e del marito Henri Ricamier è diventata una multinazionale e dal 1987 è una holding conosciuta come LVMH.

Ho voluto tenere la primissima sala che corrispondeva all’ingresso per ultima. Questa zona chiamata Artisans Room offre la possibilità di assistere ad una creazione Louis Vuitton, grazie alla bravura di artigiani specializzati. La borsa che si stava realizzando al momento della mia visita era la Petite Malle, scomposta e senza elementi di rifinitura. Accanto al tavolo centrale da lavoro era possibile osservare i diversi pellami, come l’ondeggiante pelle Epi creata nel 1920 da Georges Vuitton e dal figlio Gastone Louis, o la pelle Taiga o i diversi motivi adottati nel tempo che caratterizzarono e caratterizzano tutt’ora il marchio.

Poter assistere alla storia della maison Louis Vuitton con testimonianze d’epoca è stato interessante ed istruttivo. Il fatto che la mostra fosse gratuita è stato sicuramente un punto positivo, soprattutto per tutte quelle persone che conoscevano il marchio in modo superficiale. Io stessa sono entusiasta di aver approfondito le mie conoscenze a riguardo.

Credo che l’acquisto di un prodotto Louis Vuitton soprattutto se uno dei pezzi iconici può essere un investimento, sia per la durata che per l’alone di atemporalità che circondano questi accessori. Dietro i prodotti LV ci sono state idee, progetti e sacrifici che sono stati vissuti da persone realmente esistite. Quando si acquistano capi o accessori di grandi o anche piccole case di moda, o un prodotto artigianale è come se si stesse facendo un omaggio a pensieri e idee di persone. Il prodotto è così un’idea realizzata e proprio per questo è giusto custodirlo e prendersene cura come un oggetto di valore, dandogli il giusto peso e significato. Una valida alternativa all’acquisto di pelletteria di Louis Vuitton nuova è data dall’usato e dal vintage, grazie ai quali è possibile trovare pezzi con diverse rifiniture estetiche rispetto ai prodotti in commercio ora e magari ad un prezzo inferiore.

Spero che queste testimonianze vi abbiano dato delle conoscenze in più riguardo alla storia della maison e agli studi, ai valori e ai sacrifici che possono esserci dietro ad aziende internazionali e di successo mondiale.

Voi siete riusciti a vedere la mostra Time Capsule Exhibition?

Fatemi sapere!

Valentina

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Thank you

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