The Queen’s Gambit/La Regina degli Scacchi, parte due – Analisi dei costumi

Queen's Gambit due

(Attenzione, spoiler all’interno del post!) (:

Eccomi nuovamente a parlare in modo approfondito dei costumi della serie di Netflix “The Queen’s Gambit”. Per chi se la fosse persa lascio qui l’analisi delle prime tre puntate.

Nella terza puntata abbiamo lasciato la protagonista in preda al panico per la sua prima grande sconfitta con il giovane e capace Benny Watts, a Las Vegas agli U.S. Open.

Dal punto di vista della scelta dei costumi, i primi tre episodi sono stati decisivi per il cambiamento di Beth.

Nella puntata uno, la piccola Elizabeth viene privata dell’abitino verde pallido con ricamo rosa realizzato dalla madre, da parte della signora Deardoff, istitutrice dell’orfanotrofio Methuen, la quale consegna alla piccola gli abiti da indossare all’interno della struttura. Nella seconda puntata la ragazza viene adottata dai signori Wheatley; la madre adottiva sceglie per Beth un abbigliamento in saldo, ancora molto simile a quello adottato nella struttura femminile gli anni precedenti. E’ dal momento in cui Beth ottiene le prime vittorie ai tornei di scacchi che può scegliere finalmente cosa indossare e cosa acquistare. Le vincite con gli scacchi danno alla ragazza maggiore sicurezza in sé stessa, ma basterà una mossa sbagliata per farla cadere in un oblio di autodistruzione. Dalla seconda puntata non cambia solo l’abbigliamento di Beth, che ricalca in modo più preciso la sua personalità, ma anche i suoi capelli, che passano da un taglio corto con frangetta ad essere più voluminosi e morbidi. Se prima il make up non era minimamente accennato, è dalla terza puntata che si può intravedere un trucco leggero e naturale, che con il passare del tempo evolverà in una precisa ed elegante linea di eye liner. Dall’episodio quattro si assiste ad una vera e propria metamorfosi di Beth, nel look, nel carattere e nel modo di socializzare con gli altri.

The Queen’s Gambit, Episodio 4 – Mediogioco

La puntata quattro – Mediogioco – si apre con Beth che dopo la sconfitta con Benny Watts, ritornata a Lexington partecipa alla lezione di russo serale presso l’università. La lingua russa le servirà se nei prossimi tornei incontrerà Borgov, ma soprattutto in vista del futuro incontro in Unione Sovietica, a Mosca.

Si può notare come l’abbigliamento di Beth sia diverso rispetto a quello dei ragazzi universitari, in particolar modo si nota nella scena della festa universitaria dopo il corso, in cui la ragazza oltre a partecipare ha anche il primo contatto con il fumo, con un ragazzo, seguito da quello già conosciuto in precedenza dell’alcool.

In questa occasione la ragazza indossa una gonna ampia con una piccola baschina in vita, con fondo navy con fili rossi e bianchi che formano una fantasia check, arricchita da un sottogonna con merletto, il quale sporge dall’orlo della gonna. Sopra indossa una camicia a giromanica con colletto rifinito da sbieco bianco a contrasto e bottoni tondi a quattro fori bianchi. Il look di Beth (probabilmente essendo ancora più piccola) presenta ancora degli strascichi degli anni Cinquanta.

The Queen’s Gambit, Fonte Netflix

Diversamente i ragazzi e le ragazze universitari/e più grandi hanno un look e un atteggiamento differenti, oltre a valori e ideali. Erano anni in cui si potevano rintracciare subculture e influenze diverse, difficilmente collocabili in un unico grande gruppo. I giovani si ribellavano alla società borghese, al preimpostato, a valori come il decoro e l’etichetta; essi non volevo sottostare a costrizioni, ma volevano essere liberi, vivere senza imposizioni, scegliere autonomamente il partner o gli amici da frequentare; essi erano aperti a qualsiasi nuova esperienza che potesse dare loro piacere, dalla musica, all’abbigliamento, ai viaggi, alle droghe. Successivamente alle subculture degli anni Cinquanta ed in seguito all’esplosione del movimento e della moda giovanile, soprattutto in Europa, si creò un vero e proprio movimento di giovani hippy (figli dei fiori; i fiori si sono trasformati da essere il logo del brand di Mary Quant, ad essere simbolo di pace), i quali inizialmente impegnati in veri e propri viaggi mentali, divennero ben presto, soprattutto in America attivi contro le discriminazioni razziali, contro la Guerra in Vietnam, il consumismo e il potere politico (in particolar modo in Germania e in Francia, in cui l’opposizione universitaria si fondava sul pensiero di Karl Marx, di derivazione del Manifesto del Movimento Comunista del 1848 e su quello di Mao Tse Tung). Queste diverse concezioni a favore di una vita diversa, libera ed emancipata, a discapito del sistema egemone, sbocciarono (“Mettete dei fiori nei vostri cannoni”, per usare un termine secondo il movimento Flower Power) in scontri veri e propri nel 1968. In America invece questo nuovo credo sfociò in una vera e propria stagione d’amore “Summer of Love”, caratterizzata da concerti e raduni, come Woodstock del 1969. A far sfondo a tutto ciò la musica.

Nella scena in cui Beth sistema la casa dal disordine della sera prima, alle pareti si può notare il manifesto (probabilmente di un evento a cui qualcuno del gruppo aveva partecipato) del concerto di Jim Morrison e dei Doors. Il cantante, conosciuto per essere uno dei più grandi esponenti del rock psichedelico, era anche noto per il suo stile di vita bohemien, per la sua trasgressione, irrequietezza e fragilità, creando dopo la sua morte una vera e propria leggenda, accumunata con altre figure di spicco come Janis Joplin (ritenuta la migliore cantante blues bianca del mondo) e Jimi Handrix. Nella scena, attaccati alla carta da parati fiorata di chiaro stampo 70s, anche disegni e ritratti a testimonianza che finalmente i giovani potevano essere liberi di seguire la loro vocazione o l’interesse per l’arte, spesso ritenuta frivola dai genitori. Furono anni rivoluzionari in cui ancora tutto poteva succedere; il fermento era percepibile ed era in mano ad una nuova classe dominante: i giovani. Il clima che la ragazza respira sembra anticipare esattamente questo.

I compagni del corso di russo di Beth indossano All Star, jeans trattati, t-shirt bianca, camicia chambray o giacca di pelle.

Beth in questa breve parentesi di libertà, chiama varie volte la madre Alma per posticipare il suo rientro a casa, alternerà di continuo alcool e fumo vestendo con gli abiti dei suoi nuovi “amici”. Beth indossa per la prima volta i jeans (diventati in quegli anni la divisa anticonformista), probabilmente 100% in cotone, con orlo leggermente sfrangiato, slavati sulle ginocchia e una camicia over vichy, presi in prestito dall’armadio delle ragazze o dei ragazzi. Lasciandosi andare all’alcol e al fumo su una poltrona tartan e su un tappeto etnico, la ragazza sta scoprendo sé stessa.

The Queen’s Gambit, Fonte Netflix

Nelle scene seguenti Beth festeggia con Alma la fine del percorso alla Fairfield High School e il suo diploma. Per l’occasione la madre indossa un abito speciale, realizzato probabilmente da sé stessa o da una sarta. L’abito in misto cotone è una riproduzione di un capo di Christian Dior della collezione Fall Winter 1955. Alma non aveva le disponibilità economiche per acquistare un capo della maison francese, ed è così che lei e altre tantissime signore e ragazze facevano copiare il modello, che in seguito veniva confezionato con tessuto diverso rispetto all’originale.

La copia e la riproduzione di un capo era un’usanza molto in voga negli anni Cinquanta e lo stesso Christian Dior ammise che gli piaceva essere copiato, provava piacere e gratitudine nel vedere che le donne indossavano forme e modelli creati da lui, anche se non di sua specifica provenienza. Alma, orgogliosa della figlia e felice di condividere con lei l’evento, brindando con champagne, le regala un orologio Bulova, dal piccolo quadrante e dal cinturino elegante e sfaccettato, con una piccola dedica “With love from mother” sul retro. Bulova è un’azienda di orologeria fondata a New York nel 1875 tutt’ora esistente. Beth lo terrà al polso sempre, associando ad esso lo stesso valore affettivo del vestitino con ricamo rosa della prima puntata.

E’ in questo momento che la giovane rivela alla madre che dopo il campionato di Città del Messico, parteciperà al torneo di Parigi. La madre è estasiata e non vede l’ora di poter partire. Alma pensa alla città francese come regno dell’Alta Moda, dei caffè, dei musei, anche se già dopo il 1957 con la morte di Monsieur Dior e la successiva ascesa di Yves Saint Laurent il clima stava cambiando, diventando nel 1966 con la prima collezione pret-à-porter dello stilista, più giovanile e rivoluzionario.

The Queen’s Gambit, Fonte Netflix
Dettaglio abito di Alma, Fonte Brooklyn Museum, New York
ADV, Bulova 1964, Fonte Pinterest

Arrivate a Città del Messico, ai campionati americani, ad accoglierle c’è Manuel, un amico di penna di Alma. Tra i due c’è immediatamente una forte attrazione e si instaura un rapporto completamente diverso rispetto a quello con il Signor Wheatley. La donna è contenta, gioiosa, la sera esce con il suo nuovo compagno, anche se durante il giorno si sente talmente stanca ed esausta, tanto da non riuscire a partecipare ai tornei ai quali Beth gioca. La ragazza arriva al campionato nervosa e in ansia per la presenza del grande giocatore russo Borgov, anche se le prime partite la proclamano come vincitrice. La madre consiglia alla figlia di visitare la città, di passeggiare al parco di Chapultepec per scaricare la tensione e staccare gli occhi e la mente dal libro degli scacchi.

Beth segue il suggerimento di Alma e nonostante la pioggia ininterrotta si reca al parco e allo zoo della città (realmente le scene sono state girate allo Zoo di Berlino). Qui Beth indossa una mantella in plastica bianca con apertura sul davanti caratterizzata da bottoni a pressione argentati e in testa per non bagnarsi i capelli il rain bonnet (cuffia per la pioggia), una sorta di copricapo ripiegabile che veniva venduto in piccole bustine colorate, proprio come nella bancarella della scena della serie.

The Queen’s Gambit, Fonte Netflix

La storia per le mantelle della pioggia e i raincoat, impermeabili e i tessuti waterproof che spopolarono negli anni Sessanta, dalle più svariate palette cromatiche, inizialmente non avevano nessun collegamento con la moda, anzi la loro destinazione d’uso riguardava marinai e pescatori i quali avevano bisogno di rimanere asciutti e ben coperti durante la loro attività in mare aperto.

All’inizio, per rendere idrorepellenti i tessuti venivano utilizzato un impasto di gomma, grasso d’oca e fegato di merluzzo che era spalmato sugli stivali di lavoro o sugli abiti, come mantelle e grembiuli; l’effetto era quello desiderato, ma l’odore era davvero acre e persistente. Successivamente, nei primi anni dell’Ottocento si utilizzò un telo impregnato di catrame, unito a semi di lino bolliti per formare un impasto da applicare sul lino o sul cotone, per renderlo impermeabile.

Dalla metà del XIX secolo gli overalls e i cappelli sou’wester presero sempre più piede e dal 1880 il colore giallo visibile da lontano entrò in uso. Dal 1877 il marinaio Helly Hanson e sua moglie produssero una cerata prodotta con semi di lino che divenne famosa tanto da essere esportata in tutto il mondo. Nel 1894 l’azienda Barbour fondata a South Shields in Inghilterra, realizzò abbigliamento waterproof per pescatori e per tutte le attività marinare.

I cappelli sou’wester, inizialmente indossati dai pescatori, in breve tempo migrarono sulla testa di molte donne alla moda degli anni Venti in sostituzione alla cloche, anche se l’evoluzione nel campo dell’alta moda avvenne con Balenciaga, il quale mise a punto un tessuto brillante, laccato, impermeabile denominato Cracknyl, nato nel 1949 con la collaborazione dell’azienda Bucol. Diventa in breve tempo un tessuto estremamente versatile, tanto da essere utilizzato per soprabiti, abbigliamento da sci, costumi da bagno e pantaloni da campagna.

E’ però dal 1961 con la Space Age che si ebbe la piena introduzione di tessuti alternativi, tramite le idee di un gruppo di stilisti: Pierre Cardin, Courrèges e Paco Rabanne. Nella collezione Moon Girl del 1964, Courrèges propose capi bianchi e argentati, realizzati con l’utilizzo di stoffe consistenti, che formavano una sorta di corazza, abbinati a cuffie, occhiali da sole bianchi e scarpe basse o stivali in pelle alti fino al polpaccio. Anche Pierre Cardin propose tuniche dai colori variopinti, dai tagli geometrici indossate con stivali in pvc. Più tardi fu introdotto anche il vinile e il metallo, per terminare la sperimentazione con Paco Rabanne che dal 1966 seguendo la scia del recupero di materiali di riciclo, come carta, pelle fluorescente, ferro battuto e fibra di vetro progettò vere e proprie sculture indossabili.

In America invece fu lo stilista Rudi Gernreich a sperimentare con diverse tipologie di materiali, dal cartone, alla plastica. Numerose campagne pubblicitarie degli anni Sessanta mostrano giovani ragazze in abiti geometrici dalle forme spaziali, completamente avvolte in gusci di plastica e strutture autoportanti; ma anche mantelle colorate per proteggersi dal vento e dalla pioggia, completi adatti per tutte le età. Una vera e propria adesione alla plastica in ogni suo sfaccettatura.

Donne al lavoro, Scozia, 1800, Fonte Tourscotlandphotographs
Poster Barbour, 1908, Fonte Barbour.com
Pescatore con completo giallo waterproof, 1941, Fonte Nautical Chic
Beauty in plastic, 1945, British Pathé, Fonte Youtube
Balenciaga, Impermeabile in tessuto Cracknyl, 1949, Fonte Pinterest
Marilyn Monroe in Niagara, 1953, Fonte Pinterest
Illustrazione di René Gruau per l’azienda Ninoflex, 1957/1958, Fonte Pinterest
Raincoat fashion, 1956, British Pathé. Fonte Youtube
Sophia Loren, 60s, Fonte Pinterest
Campagna Pubblicitaria Magazine Seventeen, 1966, Fonte Pinterest
Rudy Gernriech collezione in vinile, 1966, Fonte Pinterest
Jackie Bowyer in impermeabile e stivali Mary Quant, 1963, Fonte Pinterest
Anna Karina, fotografata da Norbert Perrau durante lo shooting “Anna” diretto da Pierre Koralnik, Gare de l’Est, Parigi, 1966, Fonte Pinterest
Brigitte Bardot, L’orso e la bambola, 1970, Fonte Pinterest

I giorni passano veloci ma intensi per Beth, tra una partita e l’altra. La ragazza sta vincendo, ma altrettanto Borgov.

L’abbigliamento di Elizabeth a Città del Messico è contraddistinto da tinte vivaci, abiti femminili ricchi di dettagli che esaltano ancora di più la sua personalità. Dall’abito salmone con il piping a contrasto, alla sinuosa gonna gialla probabilmente in viscosa con due sfondi piega sul davanti abbinata ad una camicia bianca a nido d’ape. La tensione al torneo è palpabile. Beth riesce a sconfiggere anche un giovane giocatore russo. Per l’occasione la ragazza indossa un abito color crema, dalle foto sembra realizzato in ottoman di misto seta, con ampia gonna sovrapposta, scollatura a v e bretelle fermate sul corpino con bottoni tondi con all’interno un dettaglio di quadratini bianchi e neri, zip sul retro, con la vita aderente.

Modelli simili a questo abito è possibile vederli proposti sul catalogo di vendita per corrispondenza della catena di grande distribuzione fondata nel 1892 a Chicago, Sears.

The Queen’s Gambit, Fonte Netflix
The Queen’s Gambit, Fonte Netflix
Catalogo Sears 1962
Il profilo dell’abito numero 3 richiama la scollatura e le maniche di quello di Beth, Catalogo Estate Sears, 1962, Fonte Pinterest
Catalogo abiti 1960
Il dettaglio con bottone sulle spalle dell’abito in basso a sinistra è simile a quello di Beth, Catalogo, Anni Cinquanta, Fonte Pinterest

Anche lo stesso Borgov sembra pensare all’incontro con Beth; egli in ascensore rivela ai suoi uomini in russo come la ragazza sia in realtà una giocatrice debole da sconfiggere a Città del Messico, o a Parigi o a Mosca e come lei non sia altro che una sopravvissuta a cui non è rimasto nulla. Beth grazie alle lezioni di russo ed essendoci anche lei in ascensore capisce le parole del campione. Fortunatamente vicino alla ragazza ci sono Ben e Matt che incontrandosi in piscina alla sera, aiutano Beth a riflettere e a trovare possibili strategie da usare con l’incontro con il russo. In piscina Elizabeth indossa un costume intero a quadri bianchi e neri con il dettaglio della fibbia in plastica. In testa una cuffia panna, con applicazioni fiorate variopinte, un vero e proprio accessorio da cambiare a piacimento. In alcuni casi all’interno della cuffia era presente anche una sorta di tessuto protettivo che consentiva di non bagnare i capelli.

The Queen’s Gambit, Fonte Netflix
The Queen’s Gambit, Fonte Netflix
Costumi 1960, Fonte Pinterest
Brigitte Bauer e Inger in costumi da bagno con motivi geometrici di Courréges, Fotografia F.C. Gundlach, Atene, Grecia, 1966, Fonte Pinterest
Daphne Dayle in Rudi Gernreich, Fotografia Paul Schutzer,  LIFE Magazine, Fonte Anothermag.com
Cuffie in gomma, Fonte Pinterest
Fotografia di Slim Aarons, 1961, Fonte Pinterest
Fotografia di Ralph Crane, Life Magazine, 1959, Fonte Pinterest

In tutto ciò Alma continua ad uscire la sera ma durante il giorno sembra non reggersi in piedi; per di più ha dovuto dire addio al suo spasimante Manuel partito per lavoro.

The Queen’s Gambit, Fonte Netflix

E’ il giorno decisivo per Beth; incontra per la prima volta in un torneo il tanto temuto Vasily Borgov. La giovane si accorge che la madre non è scesa a vederla, nonostante le avesse tenuto il posto tra gli spettatori. In poche e decisive mosse Borgov prende alla sprovvista Beth, non abbastanza concentrata per vincere. Scappa in camera della madre per raccontarle l’umiliazione subita, ma non sentendola rispondere si accorge che Alma, la sua seconda mamma è morta, sotto le coperte nel letto, con un libro in mano, probabilmente di epatite.

Beth fatica ad accettare nuovamente questa situazione, il rapporto con Alma si stava evolvendo diventando sempre più intimo e profondo. Ancora una volta la ragazza si trova ad affrontare la vita da sola, senza alcun sostegno materno e paterno. Ancora una volta deve prendersi cura di sé stessa, ancora una volta non ha più una spalla su cui piangere, ancora una volta non ha più una mamma per ridere o confidare le sue preoccupazioni o i suoi segreti. Tutto si rovescia addosso a Beth, dalla perdita della madre, alla sconfitta con Borgov, al rientro a casa. Anche il Signor Wheatley chiamato per aiuto sembra non interessarsi della vicenda, addirittura per sbarazzarsi della ragazza le lascia anche la casa di Lexington. La ragazza si trova ancora una volta orfana, deve nuovamente rimettere tutto in discussione.

Dalla morte della madre la giovane scacchista ha una trasformazione radicale nell’abbigliamento; il suo look adotterà forme più geometriche, lineari, androgine, pulite, difficilmente indosserà colori brillanti, adottando invece tinte pastello e matt, il nero entrerà a far parte del vestiario tramite dolcevita a maniche corte, il jeans sarà la sua seconda divisa, insieme a foulard di seta con stampe paisley da legare sul capo, camicette morbide con motivi geometrici e gilet di maglia.

Nell’ultima scena della quarta puntata Beth indossa un cappotto nero semplice, pantaloni dritti, un foulard di seta legato al collo e grandi occhiali beige in acetato (ricorda molto le dive di Hollywood con i loro occhiali scuri) per nascondere il dispiacere della perdita della madre.

The Queen’s Gambit, Fonte Netflix
Ava Gardner, 1960, Fonte Pinterest

The Queen’s Gambit, Episodio 5 – Forchetta

La prima scena della quinta puntata – Forchetta – vede il rientro di Beth a Lexington, dopo la sconfitta con Borgov e la perdita della madre a Città del Messico. La prima inquadratura, una volta rientrata in casa è sui mocassini della ragazza, molto simili al modello 1953 con morsetto frontale di Gucci, anche se già dagli anni Cinquanta con lo stile ivy league i loafers erano in voga. Scarpa comoda e versatile, non viene abbinata da Beth con calze bianche e gonna a pieghe o a ruota come si usava gli anni precedenti, ma è indossata con pantaloni neri, probabilmente in tessuto stretch.

The Queen’s Gambit, Fonte Netflix

Il primo a chiamare la ragazza dopo i tragici e sfortunati eventi passati è Henry Baltik, il ragazzo sconfitto da Beth durante la sue prime partite al campionato del Kentucky. La ragazza lo ricorda soprattutto per i suoi denti storti. Il giovane, per telefono, dopo aver fatto le condoglianze a Beth e dopo averle chiesto con quale mosse Borgov l’avesse sconfitta, si propone di aiutarla con gli scacchi e di farle compagnia. Nel momento il cui il ragazzo, la sera stessa vede la giocatrice sull’uscio di casa si meraviglia di come sia cresciuta e diventata magnetica ed affascinante. All’istante rimane totalmente invaghito.

La giovane indossa i precedenti pantaloni neri e un maglione fine a maniche corte con collo alto.

Il dolcevita a maniche corte o lunghe era un capo spesso utilizzato, da indossare da solo o abbinato con sopra un abito o uno scamiciato, come voleva la moda di quegli anni. Sono numerose le fotografie di attrici, modelle e artisti in posa che indossano il dolcevita, rigorosamente nero, da Twiggy ad Audrey Hepburn, ad Andy Warhol, il quale ne fece una vera e propria uniforme, in contrapposizione ai colori vivi e alle grafiche della sua arte.

The Queen’s Gambit, Fonte Netflix
Audrey Hepburn, 1961, Fonte Pinterest
Twiggy, Fotografia Mirrorpix, 60s, Fonte Sito Crfashionbook.com
Basquiat e Warhol, Fotografia di Ricky Powell, Sito Internazionale.it

Henry porta a Beth numerosi libri di scacchi, anche se lei mostrando la sua superiorità dice che li ha già letti quasi tutti. La ragazza si mostra altezzosa, come se Beltik, battuto ormai anni fa, con i suoi consigli potesse fare la differenza per lei. Nonostante ciò Henry il giorno seguente è ancora a casa di Beth per darle il suo aiuto. La ragazza con i suoi jeans aderenti capri con risvolto, maglione nero, camicia bianca con collo a punta che sporge dalla maglia e con i capelli tenuti in posa da mollette capisce l’effetto ipnotizzante che ha sul giovane, decidendo di stuzzicarlo, ballando sulle note di Fever di Peggy Lee, lasciando Henry totalmente a bocca aperta, il quale cerca di non scomporsi affermando che forse il volume della musica è troppo alto. In bagno, Beltik si accorge della boccetta di pillole verdi della ragazza, viene a conoscenza della sua dipendenza e della sua fragilità.

The Queen’s Gambit, Fonte Netflix
The Queen’s Gambit, Fonte Youtube

Nella scena in cui cucina polpette in scatola al sugo, Beth indossa un gilet di maglia giromanica con scollatura a v con una fantasia 70s geometrica sui toni dei bruni, rifinito con dettagli neri in pelle al collo e alle maniche, come se fosse uno sbieco visibile.

La maglieria tra gli anni Sessanta e Settanta prese sempre più piede innalzando il suo livello; dai cardigan venduti nei grandi magazzini negli anni Cinquanta da abbinare con gonna a ruota, il knitwear passò a ricoprire un ruolo di importanza all’interno della moda a cavallo tra i due decenni.

Nello scorso post dell’analisi di The Queen’s Gambit, la maglieria aveva un posto di rilievo come simbolo di appartenenza ad un gruppo specifico, quello delle Mele Verdi, in cui le ragazze che vi aderivano, compagne di scuola di Beth, indossavano solamente maglioncini colorati di cachemire. Nell’abbigliamento della giovane scacchista, fin dall’orfanotrofio ad ora, la maglieria è sempre stata presente, anche se adesso in veste totalmente diversa, raffinata e innovativa. La prima ad intendere la maglieria con una chiave differente, fu la francese Sonia Rykiel, la quale nel 1960 iniziò a vendere i suoi capi presso Henri Bendel e Bloomingdale’s, negozi statunitensi. La stilista aprì la sua prima boutique a Parigi sulla Rive Gauche, sfruttando il clima rivoluzionario introdotto da Yves Saint Laurent con la vendita della sua linea pret-à-porter. La Rykiel fu famosa per la silhouette innovativa che proponeva, per i dettagli, come gli orli cuciti o i bordi non finiti, oltre all’inserimento di disegni ad intarsio. Anche in Italia il clima era favorevole per lo sviluppo di una maglieria diversa rispetto a quella del passato. Missoni nel 1966 propone la sua prima collezione disegnata da Emmanuelle Khanh, incorporando motivi chevron e colori nuovi, creando negli anni con questi elementi il marchio distintivo dell’azienda a carattere familiare. A Milano anche Mariuccia Mandelli, in arte Krizia, si impose con la sua visione di maglieria, caratterizzata da intarsi intelaiati a mano. A Roma fu invece Laura Biagiotti a portare la maglieria alla ribalta, con twin set caratterizzati da linee morbide, fluide, ottenendo in breve riconoscimenti mondiali ed un enorme successo in Cina. La maglieria inizia a ricoprire strato su strato i corpi snelli delle modelle, apparendo su tutti i più importanti magazine di moda e ottenendo la riconoscibilità di tutte le donne, che in questo modo potevano apparire ben vestite ma comode, combinando a piacimento il proprio look. E’ nella scena in cui Beth si trova presso il grande magazzino Snyder che infatti indossa il gilet con sopra un maglione oversize, anche questo sui toni dei bruni, probabilmente in lana mohair. Con questo look composto anche da jeans scuri, scarpe slip on e strati di maglieria, Beth incontra Margaret, ex compagna delle superiori. La scacchista con il suo look da ragazza giovane e alla moda stenta quasi a riconoscerla.

Margaret non sembra essere cambiata in nulla; il suo abbigliamento composto da un completo con abito a righe orizzontali dalle tinte pastello, con una voluminosa gonna a pieghe e un copri spalle con pince fasciante sembra essere rimasto agli anni Cinquanta. Il tutto accompagnato da guanti color panna, un buffo cappello rosa e l’immancabile collana; con lei anche una bambina nel passeggino. La ragazza si è sposata subito dopo il liceo. Tra le due giovani, nonostante abbiano la stessa età, appare chiara una netta diversità. Margaret sembra ricoprire il ruolo della perfetta casalinga che bada alla figlia e al marito, nella villa del paese di provincia, senza alcuna aspirazione o aspettativa. Beth, invece anche in questo caso, appare come l’outsider, la diversa agli occhi di Margaret. In realtà Elizabeth sta riuscendo da sola senza l’aiuto dei genitori a costruirsi il suo percorso nella disciplina degli scacchi, aspirando sempre al massimo, cadendo e ricadendo, ma lottando ogni singolo momento, senza sottostare a precise regole imposte in precedenza. Ora tra le due, quella ad essere al passo con i tempi è Beth.

The Queen’s Gambit, Fonte Netflix
The Queen’s Gambit, Fonte Netflix
Knitwear, fine anni ’60, Fonte Pinterest
Maglia Sonia Rykiel, Febbraio 1968, Fonte Pinterest
The Queen’s Gambit, Fonte Netflix
Look Pierre Balmain, 1961, Fonte Pinterest

Henry Beltik dopo che Beth lo invita a stare da lei, le dichiara il suo interesse, anche se la ragazza cambia subito discorso, mostrandosi disinteressata all’argomento. Quella sera Elizabeth indossa jeans a vita alta, cintura in cuoio marrone con fibbia dorata e una camicia morbida con stampa geometrica blu e rossa, con maniche scese e orlo esploso in una fantasia a righe, con nodo in vita. Da notare come le singole figure geometriche all’altezza dell’allacciatura e delle maniche combaciano perfettamente.

The Queen’s Gambit, Fonte Netflix

Ancora una volta Beltik e Beth si ritrovano a giocare a scacchi sotto al porticato della casa della ragazza, la quale indossa una camicia a fantasia con riquadri bianchi e neri, in cui all’interno sono presenti motivi floreali e geometrici; il modello è simile alla camicia che indossava nei giorni precedenti. Anche in questo casa la ragazza fa sentire il giovane in difetto, per non essersi accorto di una mossa. Il giovane si offende e va via. Beth sta diventando menefreghista e altezzosa, anche con chi le porge un aiuto. La mattina seguente Henry decide di lasciare la casa della ragazza, raccomandandole di stare attenta e prendersi cura di lei. La giovane aveva di fronte a sé un aiutante, venuto in suo soccorso, ma lei decide di allontanarlo, anche se sicuramente la compagnia di Henry l’ha aiutata ad affrontare la perdita della madre.

The Queen’s Gambit, Fonte Netflix
Jean Shrimpton, fotografata da David Bailey, Vogue Uk, Settembre 1970, Fonte Pinterest

E’ il 1967 e Beth partecipa al campionato nazionale americano in Ohio. Qui incontra Benny Watts che immediatamente le si avvicina, sentendo verso di lei una forte similitudine, nonché una forte attrazione mentale. I due si somigliano molto, sono completamente differenti per il loro stile e la loro personalità da tutti gli altri giocatori di scacchi.

La ragazza veste con la camicia fantasia geometrica già indossata in precedenza e un foulard tra i capelli, molto in voga in quegli anni. E’ interessante notare come la costumista Gabriele Binder ripropone per la seconda volta un capo, abbinato in modo diverso. Questa sua decisione porta Beth ad essere immediatamente presente nella realtà, in quanto probabilmente sia lei che le ragazze della sua età non avevano ancora la disponibilità economica per cambiare ogni giorno abito. Al tempo stesso può essere intesa come una decisione estremamente contemporanea; la costumista introduce così il concetto di capsule collection, cioè l’utilizzo alternato di pochi capi versatili che facilmente possono essere combinati con altri, creando così un look diverso ogni giorno.

L’abbigliamento di Benny Watts invece rimane invariato nel corso delle diverse puntate. Il ragazzo, chiamato da Beth “Il Pirata”, sembra provenire dal vecchio western con alcuni dettagli presi invece dai film Gioventù Bruciata (1955), il Selvaggio (1953) e Indiana Jones (1981). Egli indossa stretti jeans neri, cintura usurata marrone di cuoio alla quale è legato un coltello, camicia in cotone con al di sotto una t-shirt nera. Non manca l’usurata giacca in pelle con revers, dritta lunga fino alle ginocchia con fodera a scacchi. A completare il look stivali, fili di collanine e un cappello marrone da cowboy contraddistinto dall’inserimento di una piccola piuma nella parte destra.

Le partire del torneo vengono impostate e proposte come se fossero un vero e proprio duello, con musica western di sottofondo.

The Queen’s Gambit, Fonte Netflix
The Queen’s Gambit, Fonte Netflix
The Queen’s Gambit, Fonte Netflix

Nel tempo libero quando Beth non è impegnata nei tornei, indossa un look comodo e semplice, con pantaloni stretch, dolcevita panna e il maglione mohair indossato i giorni precedenti. Nella scena presso la saletta relax del campus la ragazza legge il libro Aperture e tattiche di Benny Watts, per captare qualche indizio per poterlo sconfiggere nei giorni seguenti. Un altro outfit che la giovane indossa nei giorni del campionato, è una blusa rigata navy e rossa, con una gonna pantalone navy caratterizzata da bottoni a pressione argentati; immancabile il foulard con stampa paisley di seta tra i capelli.

La sera su invito di Benny Watts, Beth si dirige nella saletta del campus dove gioca tutta la sera partite lampo con il ragazzo, scommettendo cinque dollari ad ogni match, però perdendo continuamente davanti agli sguardi degli ospiti della sala. Nonostante fossero delle partite amichevoli, Beth torna in stanza disperata piangendo. Indossa la vestaglia di Alma, stringendola forte.

The Queen’s Gambit, Fonte Netflix
The Queen’s Gambit, Fonte Netflix

Il quarto giorno del torneo è quello decisivo, finalmente Beth e Benny si scontrano. Tra i due vince Elizabeth, contro ogni sua aspettativa. La sera i due ragazzi si trovano in un locale e Benny si propone come suo allenatore per il torneo di Parigi, invitandola a New York a casa sua. La ragazza accetta; il giorno dopo sono sulla strada che li condurrà nella Grande Mela. Benny si prenderà cura di Beth, si accorgerà della sua fragilità, della sua dipendenza dall’alcool, ma anche del suo infinito talento.

The Queen’s Gambit, Episodio 6 – Sospensione

Le prime scene dell’episodio 6 – Sospensione – ritraggono Benny e Beth dirigersi verso New York a casa del ragazzo. Durante il viaggio i due sono molto complici: giocano a scacchi mentalmente e mantengono allenata la lingua russa scambiandosi battute. La ragazza dal finestrino vede i grattacieli della Grande Mela e le si illuminano gli occhi.

The Queen’s Gambit, Fonte Netflix

Nel secondo dopoguerra il centro dell’arte di spostò dalla capitale francese alle città oltreoceano, in particolare a New York. A determinare questa situazione contribuirono sicuramente più cause. Gli Stati Uniti durante la guerra non subirono le stesse distruzioni che invece portarono ad un annientamento europeo; il Piano Marshall emanato dopo il conflitto, incrementò in breve tempo la ripresa dell’economia; molti artisti europei si rifugiarono nelle città americane, in seguito al disprezzo dei regimi totalitari, i quali stilarono delle liste di artisti che ritenevano facessero un’arte degenerata. Oltre a ciò, in America e soprattutto a New York era presente una forte ricchezza concentrata in mano a committenti e galleristi. Fu nella città americana che si svilupparono tutte le principali Neoavanguardie. Il merito fu da associare a due personalità dinamiche e di spicco: Peggy Guggenheim che con la sua galleria Art of this century, nel 1942 presentò al mondo artisti come Jackson Pollock e Mark Rothko, appartenenti alle due correnti dell’espressionismo astratto americano. Fu invece Leo Castelli, con la sua galleria a West Broadway ad aver inaugurato la stagione della Pop Art, ospitando opere di Andy Warhol, Roy Lichtenstein, Robert Rauschenberg e Claes Oldenburg, i quali, seguendo per alcuni aspetti l’avanguardia Dada del secondo decennio del Novecento, proposero un’arte innovativa e critica nei confronti del consumismo e dei mass media della società americana. Precedentemente fu invece Mondrian a rappresentare la frenesia della città di New York, con la sua opera Boogie-Woogie del 1942-1943, in cui le figure geometriche gialle non sembrano altro che le macchine con i fari abbaglianti tra le strade della Grande Mela viste dall’alto.

Dopo miglia e miglia Benny e Beth arrivano all’abitazione del ragazzo che dall’esterno sembra essere una classica casa con i gradini di New York. In realtà il giovane vive nel seminterrato di queste case residenziali, dopo rampe e rampe di scale in discesa.

Nella città americana erano e sono molto popolari i locali al di sotto del livello del terreno: negli anni Venti erano adibiti a locali illegali in cui le leggi del proibizionismo non erano ovviamente conosciute. Ora invece alcuni di questi seminterrati accolgono negozi vintage e secondhand.

L’ambiente interno, studiato dallo scenografo Uli Hanisch, richiama l’aspetto industrial, riproponendo per certi aspetti l’ambiente interno dell’edificio della Factory di Andy Warhol, ma anche l’opera di Richard Hamilton Just what is it that makes today’s homes so different, so appealing? del 1956, realizzata con la tecnica del collage su carta.

Beth dalle sue espressioni, lascia intuire che immaginava che il ragazzo, diverse volte campione americano se la passasse decisamente meglio.

La ragazza a New York con Benny appare tranquilla, riesce a stare lontana da alcool e pillole e adotta un look semplice, vestendo gli stessi abiti del campionato dell’Ohio. Viene proposta nuovamente la t-shirt in jersey con dettagli neri a contrasto che richiamano la divisione della scacchiera, ispirata al design di André Courrèges, con l’aggiunta di un foulard tra i capelli.

The Queen’s Gambit, Fonte Netflix
Richard Hamilton, Just what is it that makes today’s homes so different, so appealing? 1956, Collage su carta
Ambiente della Factory Warhol, 1966, Fonte Pinterest

Beth nei momenti in cui non è impegnata con le lezioni di scacchi con Benny, passeggia per le vie dello shopping di New York, come nella scena in cui ci ferma davanti alla vetrina di Saks sulla Fifth Avenue. Gli abiti esposti richiamano quelli proposti dai designer Paco Rabanne, Emilio Pucci e Yves Saint Laurent. L’altra passione di Beth, oltre agli scacchi, è la moda. Con essa riesce a testimoniare chi è e cosa pensa in quel momento.

The Queen’s Gambit, Fonte Netflix

Una sera a fare visita ai due ragazzi, arrivano due amici di Benny e una sua amica di Parigi, Cleo, della quale Beth rimane completamente affascinata.

La ragazza, che poi rivela di essere una modella, con il suo bob nero, gli occhi di nero truccati, il dolcevita a giromanica in lurex e una collana composta da elementi metallici sembra provenire direttamente da una sfilata di Paco Rabanne. Dal 1966 lo stilista propose modelli di abiti in alluminio, mixato con pelle e piume di struzzo. Da quel momento tutte le eroine moderne, compresa Jane Fonda in Barbarella (1968), indossarono le sue opere. Cleo ricorda anche le modelle fotografate dagli artisti Richard Avedon e David Bailey, al quale Michelangelo Antonioni si ispirò per il film Blow Up del 1966. La ragazza confessa a Beth che anche lei è molto bella, ma non potrebbe mai fare la modella, perchè troppo intelligente. Sia Elizabeth che Benny e in minor modo i suoi amici, hanno come obbiettivo primario gli scacchi, concentrando tutte le loro abilità nella disciplina. Essi giocano per tutta la sera, partita su partita, mentre Cleo osserva bevendo e fumando.

Benny e i suoi due amici richiamano durante le partite, dal punto di vista dell’abbigliamento, i componenti della Factory di Warhol, in particolare Beth sembra assomigliare alla musa Edie Sedwick, come testimoniano le foto, optando per colori scuri, pantaloni a sigaretta a gamba dritta e maglioni a collo alto neri, molto simile al look adottato dai beatnik. Essi erano giovani e meno giovani che mostrarono la loro frustrazione per il materialismo che sfociò nel dopoguerra, denunciandolo in romanzi, poesia, musica e opere d’arte. I beatnik, chiamati così dallo scrittore Herb Caen, adottarono i principi che emersero dall’ideologia della beat generation e la svilupparono in un’estetica tutta loro, con un approccio fortemente intellettuale. Uno stile di vita che sfociò in Francia con l’esistenzialismo di Jean Paul Sartre e Simone De Beauvoir, che da sottocultura, divenne un vero e proprio riferimento per la moda.

The Queen’s Gambit, Fonte Netflix
Colleen Corby, 60s, Fonte Pinterest
Jane Birkin e Gillian Hills, Blow Up, 1966
Paco Rabanne, 1967, Fonte Gettyimages
Locandina Barbarella, 1968
The Queen’s Gambit, Fonte Netflix
Film Factory Girl, 2006

Ora che Beth ha ricevuto tutti gli aiuti possibili da Benny Watts sul gioco degli scacchi ed essendo lucida, lontano da ogni tipo di tentazione (il ragazzo l’ha tenuta lontana dall’alcool), è pronta per il campionato di Parigi del 1967. Il look a Parigi della ragazza diviene ancora più elegante. Per la visita al museo indossa una gonna di lana, dolcevita nero, cappotto a quadri rosa e crema, mocassini e borsa rettangolare rigida. I capelli sono ancora più lunghi, circa fino a sopra le spalle con leggere onde e punte rivolte verso l’alto. Gli occhi invece sono definiti da una linea di eyeliner.

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Adv, 60s, Fonte Pinterest

Durante le prime partite Beth si mostra seriosa, capace, indossa abiti dai colori scuri dalle forme lineari.

La giovane passa le sere in camera d’albergo (accuratamente studiata nella scenografia e nel set design) a studiare e a prepararsi per le future partite. Per l’occasione indossa pantaloni a sigaretta stretch neri e un maglione pesante color crema, spesso, morbido a collo alto con tre bottoni a contrasto. Di particolare rilievo è l’abito indossato per una partita, che ancora una volta richiama il motivo geometrico della scacchiera; l’abito in jersey acrilico è ispirato al design introdotto dal francese Pierre Cardin.

Lo stilista dopo aver avuto diverse esperienze in grandi maison come Dior e Balenciaga propose capi totalmente innovativi: gonne mini, abiti lineari e cappotti ad A, caratterizzati da dettagli provenienti dalla Op Art, in particolar modo dall’artista Bridget Riley. Segmenti fini, spessi, check o fantasie geometriche venivano usate per creare sugli abiti motivi di grande impatto, spesso usando diversi colori o diversi tessuti. Ma non solo Pierre Cardin, anche Mary Quant e Yves Saint Laurent che nel 1965 introdusse il grafismo di Mondrian nell’Alta Moda.

L’abito di Beth richiama proprio questo filone. La ragazza indossa abiti sofisticati, prediligendo gli stilisti francesi.

La ragazza dopo poche ore di sarebbe dovuta incontrare per la seconda volta con Borgov.

La sera precedente la giovane viene contattata da Cleo, che nella hall del suo stesso albergo la invita a bere un drink nel cafè dell’hotel. Inizialmente la ragazza non accetta per continuare a studiare per l’incontro con lo sfidante russo, ma alla fine raggiunge la modella francese giusto per un saluto, presentandosi con un abito porpora attillato e corto. Beth attratta dall’attitude della modella e dal suo stile di vita cade nuovamente in tentazione, ri-iniziando la sua relazione con l’alcool.

The Queen’s Gambit, Fonte Netflix
Jean Seberg, 1965, Fonte Pinterest
The Queen’s Gambit, Fonte Netflix
Dettaglio abito di Beth in jersey, Fonte Brooklyn Museum, New York
Pierre Cardin, Haute Couture, 1968, Fonte Pinterest
Abito ispirato a Mondrian, Yves Saint Laurent, Vogue 1965, Fonte Pinterest
Cartamodello McCall’s 8139, 1965, Fonte Etsy
The Queen’s Gambit, Fonte Netflix

La mattina seguente, giorno dell’incontro con il giocatore russo, la scacchista è ancora in hangover dalla sera prima, indossa velocemente un abito di jersey di lana, nero e verde pallido (ancora una volta è presente il colore verde), con collo a barchetta nero a contrasto, caratterizzato al centro sul davanti da un morbido fiocco. Dopo aver preso le pastiglie verdi, Beth scende velocemente nella sala dell’incontro e Borgov è lì seduto, pronto a sfidarla. La giovane, chiaramente ancora sotto l’effetto dell’alcool, non riesce a concentrarsi e ad essere lucida; in poche mosse il giocatore russo sconfigge la scacchista americana per la seconda volta.

The Queen’s Gambit, Fonte Netflix
The Queen’s Gambit, Fonte Netflix
The Queen’s Gambit, Fonte Netflix
Sharon Tate, 1966, Fonte Pinterest
Mary Quant, 60s

La giovane ancora una volta si è lasciata trascinare dai suoi vizi e dalla sua fragilità, nonostante i consigli di Benny. La ragazza torna a casa sua a Lexington, non accettando la proposta del ragazzo newyorkese di stare insieme a lui, dopo la sconfitta subita.

Beth inizialmente appare tranquilla, si dedica a rinnovare l’arredamento della casa che ha acquistato dopo una disputa con il Signor Wheatley, si dedica al giardinaggio in abbigliamento comodo con jeans con cimosa, t-shirt e fascia per capelli, prendendosi inoltre cura del suo aspetto, in particolare dei suoi capelli, cercando di metterli in piega come propongono i magazine femminili.

The Queen’s Gambit, Fonte Netflix
The Queen’s Gambit, Fonte Netflix
The Queen’s Gambit, Fonte Netflix

Presto questa apparente compostezza si trasformerà in una vera e propria disperazione, in una profonda discesa negli abissi, in un grido di aiuto. Beth sembra sana, guarita, ma basta un gibson al ristorante in memoria di sua mamma Alma, per sprofondare nuovamente nel circolo dell’alcool. Henry Beltik prova a chiamarla varie volte al telefono di casa, ma la ragazza è troppo ubriaca per avere anche solo la forza di rispondere. La giovane passa le sue giornate a bere alcolici e a fumare; il suo aspetto ora è quello di una cantante pop, molto simile a Mariska Veres, nel videoclip Venus. In mutandine fiorate, senza reggiseno, con una canotta azzurra e il cardigan mohair Beth gira per casa bevendo una lattina di birra dietro l’altra, vomitando, mangiando cibi in scatola, con capelli arruffati (testimoniano il disordine che ha in testa) e trucco marcato. La ragazza sotto l’effetto dell’alcool, colpirà la testa sullo spigolo del tavolino del salotto restando senza sensi per ore e ore.

The Queen’s Gambit, Fonte Netflix
Videoclip Venus – Shocking Blue, Fonte Youtube
The Queen’s Gambit, Fonte Netflix

La passione per il gioco degli scacchi continua in Beth, anche se al campionato locale, presso la Henry High School (dove la ragazza disputò le prime partite), arriva in ritardo, agitata, sotto l’effetto delle pillole e dell’alcool.

Al torneo (che poi non disputerà) si presenta con pantaloni a zampa, maglione giallo, un berretto a cuffia di lana, crochet, verde pallido, cappotto navy e trucco pesante.

Il make up adottato in questo periodo da Elizabeth è decisamente quello che si poteva trovare su tutte le riviste destinate alle teenager: dalle labbra era abolito il colore, l’unico accettabile era un rosa pallido con una punta di lucidalabbra, per focalizzare invece l’attenzione sullo sguardo. Gli occhi venivano truccati con ombretti colorati, strati di mascara e ciglia finte. Spesso con matite colorate veniva contornata anche la parte inferiore dell’occhio, rendendo così il trucco più espressivo. Penelope Tree, top model inglese metteva le ciglia finte anche sulla palpebra inferiore. Esistevano veri e propri tutorial che insegnavano alle ragazzine, passo passo come realizzare il make up perfetto. La stilista Mary Quant propose anche una linea di trucchi per le teenager con il riconoscibile logo della margherita.

Presso la High School Beth incontra Annette Packer, la sua primissima sfidante, la quale si complimenta con la ragazza per i traguardi raggiunti, anche se in realtà Elizabeth si sente insoddisfatta. Sembra che tutti abbiano trovato il loro posto nel mondo, tranne lei. Fuori dalla scuola la ragazza incontra Henry che si mostra realmente preoccupato per lei, anche se ancora una volta lo respinge, dandogli del fallito.

The Queen’s Gambit, Fonte Netflix
The Queen’s Gambit, Fonte Netflix
Mascara resistente alle lacrime, Mary Quant, 60s, Fonte Pinterest
Linea di cosmetici, Mary Quant, 60s, Fonte Pinterest
Tutorial, 60s, Fonte Pinterest
Penelope Tree, Fotografia di David Bailey, 60s, Fonte Pinterest

Beth torna a casa, tira le tende e si chiude nuovamente in sé stessa, ma qualcuno bussa alla porta… è Jolene!

The Queen’s Gambit, Fonte Netflix

The Queen’s Gambit, Episodio 7 – Finale

La puntata sette – Finale – si apre con l’arrivo di Jolene, compagna e amica di Beth in orfanotrofio. La ragazza con voluminosi capelli afro richiama le cantanti soul anni Sessanta o l’attivista Angela Davis, del movimento afroamericano statunitense. La giovane, che ora studia legge è venuta a comunicare a Beth la morte del Signor Shaibel e si impressiona a vedere lo stato di disagio in cui si trova la sua cara amica. Quest’ultima non prende bene la scomparsa del suo mentore e il giorno seguente decidono di andare alla messa organizzata in suo onore, presso la cappella dell’orfanotrofio. Trovandosi nei pressi della struttura Beth decide di entrare; tutto è rimasto come dieci anni fa, dalla posizione dei mobili alle divise delle bambine che seguono le lezioni. La ragazza decide anche di scendere nel seminterrato, dove la sua passione per gli scacchi ebbe inizio. In una parete, appesa al muro, una bacheca è piena zeppa di articoli ritagliati dai giornali in cui si parla di Beth, tra cui anche la foto scattata dal Signor Ganz, in cui lei ha solamente nove anni. Elizabeth non riesce a sopportare tutti questi ricordi e scoppia a piangere, aggrappandosi a Jolene che l’aspettava in macchina.

Angela Davis, 1969, Fonte Pinterest
The Queen’s Gambit, Fonte Netflix

La ragazza è stata invitata a giocare al torneo di Mosca del 1968. Per l’occasione una confraternita cristiana è decisa a pagarle il viaggio, ma Beth non accetta. Benny è deciso a non prestarle i soldi, l’unica che invece l’aiuta è Jolene che alla fine di una partita a squash dichiara quanto il pensiero di Beth sia stato fondamentale per lei quando ha passato dei momenti bui. E’ con il denaro che l’amica le presta che riesca a raggiungere il campionato in Unione Sovietica. Grazie alla sua compagna, la giocatrice smette di auto sabotarsi, concentrandosi sugli scacchi e sul possibile terzo incontro con Borgov. Beth dopo aver passato un momento di pieno sconforto, riacquista fiducia in sé stessa e compostezza.

The Queen’s Gambit, Fonte Netflix

La ragazza si trova ora in casa del giocatore russo, non può permettersi più passi falsi, deve riuscire a vincere.

I look indossati a Mosca mostrano una giovane donna sofisticata ed elegante; nella scena del suo arrivo nella città russa, indossa un soprabito scuro, verde, con impunture, con una cintura in vita, di chiara ispirazione militare/safari; in aggiunta pantaloni morbidi di lana con piega centrale e per dare luce al volto, un dolcevita color panna. Gli outfit di Beth appaiono eleganti ma intellettuali. La metamorfosi nel suo abbigliamento è la conseguenza della sua maggiore compostezza raggiunta (soprattutto mentale) e il suo interesse per la moda, che con gli anni è andato crescendo. Nel 1966 fu proprio Yves Saint Laurent a portare in passerella lo smocking e con l’etichetta Rive Gauche di pret-à-porter ne offrì una versione più accessibile. Il completo proposto dallo stilista è tagliato seguendo linee maschili, con spalle squadrate e da pantaloni con piega frontale, ispirato al look androgino delle dive degli anni Trenta e Quaranta.

The Queen’s Gambit, Fonte Netflix
Marlene Dietrich, Fonte Pinterest
Twiggy, Fotografata da Just Jaeckin, Vogue Uk, Settembre 1967, Fonte Pinterest
Collezione Yves Saint Laurent, 1968, Fonte Pinterest
L’Officiel Magazine, 1969, Fonte Pinterest
Yves Saint Laurent, Tailleur Pantalone, 1971, Fonte Pinterest

Beth il primo giorno giorno del torneo indossa un abito in viscosa color panna e nero con un grafismo alternato ad X, che ancora una volta riflette il pattern della scacchiera.

La ragazza dopo la sconfitta di Parigi viene sottovalutata, ma già fin nelle prime partite è tornata ad essere la talentuosa giocatrice.

Beth cambierà sempre gli abiti per le partite, ma mai il cappotto; esso presenta linea geometrica, dritto, a quadri, con revers, patta di allacciatura al collo, completamente rifinito con strisce bianche di pelle.

La ragazza vince anche il secondo giorno.

Finite le partite decide di passeggiare per la città quando si imbatte in una comitiva di anziani che ben coperti giocano a scacchi in una piazza. Giorno dopo giorno la giovane vince contri i suoi sfidanti.

Beth nella scena in cui è in camera d’albergo, si mostra sicura di sé e del suo aspetto; ha lasciato indietro la canotta con fiocco e slip fiorate per adottare una lingerie nera di pizzo fine ed elegante. Il quarto giorno la ragazza indossa un abito nero, in misto lana, a maniche corte con un disegno e diverso tessuto all’altezza del seno, ispirato agli abiti di André Courregès realizzati tra il 1966 e il 1968. Il capo a prima vista appare semplice ma in realtà è caratterizzato da un disegno in diverso tessuto, probabilmente velluto di seta devorè che ricrea un motivo geometrico a righe. Ai piedi Beth calza scarpe scollate simili al modello Pilgrim di Roger Vivier. Questa tipologia di ballerina con tacco, dopo essere stata fotografata ai piedi di Jacqueline Kennedy, divenne popolare. La scarpa però fu richiesta da Yves Saint Laurent, per abbinarla all’abito Mondrian. Inizialmente prodotta con un tipo di pelle chiamata corfam, nel 1962 venne poi realizzata con diverse tipologie di pellame e colori. La calzatura divenne ancora più indossata e imitata quando l’attrice Catherine Deneuve la indossò per il film Bella di Giorno, del 1967. Il quinto giorno Beth si trova a giocare a scacchi con Ludckenko, il giocatore più anziano. Nuovamente la giovane, in abito verde luminoso di velluto di seta, con fiocco al collo e con polsini alti caratterizzati da piccoli bottoni ricoperti, ottiene la vittoria, nonostante il giocatore la sera prima si fosse confidato con Borgov per sapere le modalità di gioco della ragazza.

Quest’ultima in camera d’albergo ripensa al suo percorso e decide di buttare via le pillole, liberandosene definitivamente.

The Queen’s Gambit, Fonte Netflix
Cartamodello Vogue 2164 ispirato al design di Federico Forquet, 1969, Fonte Pinterest
The Queen’s Gambit, Fonte Netflix
Dettaglio cappotto di Beth, Fonte Brooklyn Museum, New York
Mia Farrow, 1967, Fonte Pinterest
Vogue 1968, Fonte Pinterest
Completo André Courrèges, 1968/1969, Fonte Pinterest
JC Penney Catalogo, 1967, Fonte Pinterest
The Queen’s Gambit, Fonte Netflix
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Dettaglio abito di Beth, Fonte Brooklym Museum, New York
Pilgrim Roger Vivier e Yves Saint Laurent, 1965, Fonte Pinterest
Bella di Giorno, 1967
The Queen’s Gambit, Fonte Netflix
Dettaglio abito di Beth, Fonte Brooklym Museum, New York

Il giorno seguente Beth incontra per la terza volta il suo avversario più temuto, Vasily Borgov, che come la ragazza è riuscito a sconfiggere tutti gli altri avversari. Fuori dalla sede di gioco il popolo appassionato è in fermento, come lo è anche il pubblico della sala in cui si tiene la partita. Borgov, inaspettatamente decide di aggiornare e rimandare la continuazione della partita al giorno successivo. Beth, prima di uscire dalla sede incontra la stampa che le pone alcune domande, su come e quando avesse imparato a giocare a scacchi. La ragazza risponde che all’età di nove anni le ha insegnato la disciplina degli scacchi il custode del suo orfanotrofio, William Shaibel, assicurandosi che ciò venisse pubblicato. Tra i rappresentati dei giornali presenti c’è anche Townes, che Beth abbraccia calorosamente. I due si perdono in lunghe chiacchierate; ora Beth con a fianco il ragazzo si sente più serena.

The Queen’s Gambit, Fonte Netflix
The Queen’s Gambit, Fonte Netflix

La mattina del giorno dopo, la ragazza viene svegliata da Townes e una tazza fumante di caffè, ma soprattutto da una chiamata proveniente da New York. A chiamarla sono Benny, Henry e tutti gli altri suoi amici, i quali avendo letto sui giornali dell’aggiornamento di Borgov propongono a Beth tutte le possibili mosse che la porterebbero alla vittoria, oltre che augurarle buona fortuna.

L’ultimo abito indossato dalla giocatrice è un punto focale, un punto di arrivo. In lana di alpaca, strutturato con riferimenti al design di Courregès, verde pallido, richiama il colore del suo primo abito che l’ha accompagnata per tutti i suoi primi anni di vita. Il giocatore russo durante la continuazione della partita non si muove come Beth e i suoi amici avevano previsto; la ragazza allora immagina le mosse sul soffitto, come faceva in orfanotrofio. Borgov chiede una patta, ma la scacchista non accetta, rifiuta e con un solo pochi movimenti di pedine, si prende la tanto attesa vittoria. Tutti i ragazzi a New York esultano, Jolene è contenta, riceve applausi, tutti sono fieri di lei. Beth è riuscita a battere i sovietici in casa loro, tanto che anche lo stesso Borgov accetta la sua sconfitta, porgendole i suoi complimenti.

The Queen’s Gambit, Fonte Netflix
The Queen’s Gambit, Fonte Netflix
The Queen’s Gambit, Fonte Netflix
The Queen’s Gambit, Fonte Netflix
Dettaglio abito di Beth, Fonte Brooklym Museum, New York

Il look finale indossato dalla ragazza è un completo bianco candido, composto da un cappotto bianco di cachemire con grandi bottoni automatici piatti e tondi ricoperti. Sul capo un cappello anch’esso bianco di lana con pon pon, molto simile a quelli proposti sui magazine di moda. Beth è ora serena, ha acquistato maggiore consapevolezza e vestita di bianco, quasi come se fosse una chiara interpretazione della regina bianca degli scacchi, è felice e sollevata di aver acquisito una pace inferiore, si reca a giocare a scacchi con gli anziani russi visti nei giorni precedenti, che l’accolgono benevolmente.

The Queen’s Gambit, Fonte Netflix
The Queen’s Gambit, Fonte Netflix
The Queen’s Gambit, Fonte Netflix
Dettaglio cappotto di Beth, Fonte Brooklym Museum, New York
Cartamodello Vogue, ispirato al cappotto di Pierre Cardin, 60s, Fonte Ebay
Chrissie Shrimpton con completo bianco, 60s, Fonte Pinterest
Couture Future, André Courregès, 1969, Fonte Pinterest

Il percorso di Beth è stato intenso, con ostacoli, vincite, soddisfazioni e perdite. Il personaggio nel corso delle puntate si è evoluto, arrivando ad una situazione superiore a quella iniziale. Ad accompagnare la metamorfosi della protagonista, la moda, che nella serie è stata un perfetto strumento nelle mani di Gabriele Binder per decifrare la personalità e gli stati d’animo e mostrarli al pubblico. Una serie Netflix che consiglierei vivamente a chiunque, sia ad appassionati di scacchi che non.

Spero che l’analisi che ho fatto, secondo le mie interpretazioni personali, anche se abbastanza lunga, vi sia piaciuta.

Vi lascio un approfondimento che ho trovato su Youtube da parte del cast della serie Netflix the Queen’s Gambit:

Cast The Queen’s Gambit, Fonte Youtube

Voi avete visto la serie?

Quali abiti vi sono piaciuti di più? Cosa ne pensate del lavoro della costumista Gabriele Binder?

Aspetto i vostri commenti, possiamo parlarne insieme.

Ora non mi resta che attendere con ansia la stagione 2 (se ci sarà) della Regina degli Scacchi!

Fatemi sapere,

Valentina.

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