A few hours @Liberty London

Liberty London fabric

Liberty London è sicuramente un luogo da non perdere se si è a Londra.

La mia primissima volta in questo famoso grande magazzino (è alquanto riduttivo come termine!) è stata a maggio, qualche giorno dopo aver visto la mostra Christian Dior: Designer of Dreams al Victoria&Albert Museum. Prima di allora conoscevo Liberty London per la sua architettura, per la sua vastità di prodotti ricercati all’interno, ma soprattutto per i suoi famosi tessuti e per le fantasiose stampe. Prima di quel giorno di maggio gli oggetti del famoso negozio erano per me un miraggio, consultabili solamente sul sito web ufficiale e sulla pagina Instagram.

Percorrendo Regent Street e Great Marlborough Street, in una zona centrale di Soho, si incontra un edificio facilmente riconoscibile, per le travi di legno scuro e per le famose bay windows (dei balconcini finestrati). L’edificio di ispirazione Tudor, richiama l’architettura del 1400 (fine Medioevo e inizio Rinascimento Inglese) in Inghilterra, sia dei cottage di campagna che delle dimore delle classi benestanti, le quali erano spesso decorate all’interno da preziosi arazzi.

Lo stile Tudor venne ripreso poi sul finire del 1800 dal movimento Arts&Crafts in seguito al rifiuto della forte industrializzazione e alla produzione di massa, che caratterizzavano quegli anni. Erano gli anni dell’Art Nouveau, dello Stile Floreale, del Liberty e dello Jugendstil. L’artigianato come espressione del lavoro prezioso dell’uomo, esaltato da William Morris e da Dante Gabriel Rossetti era in netta contrapposizione con l’industria di massa del prodotto in serie e della comparsa di macchinari industriali.

In questo clima Arthur Lasenby Liberty (1843-1917), figlio di un mercante di stoffe, dopo un periodo lavorativo presso i grandi magazzini di proprietà della Farmer e Rogers a Londra, decise di aprire nel 1875 un suo negozio di stoffe, il Liberty&Co., specializzato nella vendita di stoffe, sete e oggetti provenienti da India, Asia e Giappone. Il magazzino ottenne così tanto successo che il commerciante riuscì ad acquistare i locali appartenuti in precedenza alla Farmer e Rogers affacciati sulla popolare Regent Street. All’interno stoffe giapponesi, kimono, vasi, minuterie e tutto ciò che di nuovo, di affascinante e di esotico proveniva dall’Estremo Oriente. La sua ricerca sul japonisme andò in concomitanza con l’interesse da parte di alcuni artisti come Monet e Van Gogh ma soprattutto era in stretto rapporto con la moda di fine 1800, anni in cui le donne più emancipate iniziavano a sbarazzarsi dei corsetti per adottare abiti morbidi e fluenti. Fiori curvilinei, uccelli variopinti, fiori di ciliegio, vasi: questi erano gli elementi che comparivano sui preziosi e morbidi abiti. Il negozio Liberty ottenne un grandissimo successo tanto da trasferirsi nell’adiacente Great Marlborough Street, ancora oggi sede del grande magazzino. La struttura che è possibile vedere tutt’ora, venne realizzata nel 1924 secondo il progetto dell’architetto inglese Edwin T. Hall e del figlio Edwin S. Hall, riprendendo lo stile Tudor e utilizzando i legnami di due grandi navi da guerra, la HMS Impregnable e la HMS Hindustan. Non fu solo il grande department store ad essere costruito secondo questa architettura; dalla fine della Prima Guerra Mondiale a Londra molte zone adottarono questa forma stilistica, rimpiangendo la semplicità e adottando un gusto nostalgico rurale, controcorrente rispetto alle grandi architetture d’oltreoceano.

La sensazione di essere catapultati in una locanda medievale con il pavimento  in legno scricchiolante è quello che si prova varcando l’ingresso.

L’edificio è strutturato in quattro livelli, tutti raggiungibili facilmente con l’ascensore o con grandi scalinate in legno. Ogni piano è composto da un loggiato circolare dal quale è possibile vedere i piani sottostanti (su esempio dei grandi magazzini francesi e americani). Anche se all’interno i prodotti non sono più quelli di fine Ottocento, l’aria e l’atmosfera che si respira è di un’antica dimora, dove i preziosi prodotti sembrano emanare un design e un fascino insolito ed inequivocabile. In particolar modo questa sensazione si percepisce al reparto all’ultimo piano dei tessuti. Grandi quilt patchwork multicolori provenienti direttamente da “La casa nella prateria” sono appesi ai davanzali che affacciano ai piani inferiori. Dei massicci tavoli in legno sono destinati al taglio delle famose stoffe, le quali sono perfettamente piegate e catalogate in grossi scaffali alle pareti. Il Sig. Liberty divenne famoso in tutto il mondo per i suoi tessuti; nonostante il suo avvicinamento al movimento Arts&Crafts, non escludette totalmente l’utilizzo delle macchine, ma anzi tramite esse riuscì a riprodurre stampe su tessuti che prima venivano realizzate a mano, in modo più preciso e con tempi più veloci, assolutamente senza escluderne la qualità. Le stampe Liberty sono così particolari, riconoscibili e portatrici di un’allure inglese tanto da essere conosciute in tutto il mondo. Su seta, su popeline o su lino ogni stampa è unica nel suo genere. Sul sito ufficiale nella sezione “Fabrics” è possibile visionare i disegni permanenti, i nuovi arrivi e le stampe divise per collezione.

Oltre alla sezione dei tessuti in un’altra area è presente la zona dedicata alla merceria. Centinaia di bottoni e nastri caratterizzano questa sala, ma anche kit e libri di cucito. Tutto è allestito con massima attenzione e ogni minimo oggetto è valorizzato al meglio. Altra area interessante al piano sottostante è dedicata alle collezioni dei designer più influenti e più ricercati del momento. Qui si ha la possibilità di vedere più da vicino i dettagli dei diversi capi e di conoscere in modo più approfondito i brand selezionati.

Purtroppo e a malincuore la mia visita da Liberty London è durata davvero poco per questioni di tempo. Spero di riuscire in futuro ad approfondirne la visione e a curiosare maggiormente tra tutti gli oggetti meravigliosi fonte d’ispirazione.

Voi siete mai stati da Liberty London? Avete acquistato qualcosa?

Fatemi sapere!

Valentina

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