A Marrakech esistono luoghi che uniscono perfettamente le due anime della cittΓ . Da una parte Γ¨ presente la tradizione marocchina, forte e radicata, mentre dall’altra si trova l’apertura con il resto del mondo e l’accoglienza di diverse culture. Questi luoghi, in cui si percepisce quasi un’atmosfera irreale e sospesa si trovano nel quartiere nuovo di Marrakech, chiamato Gueliz. Nella Ville Nouvelle l’impronta europea Γ¨ visibile dall’architettura, dallo schema planimetrico delle strade e dalla presenza di cafΓ©, bar, teatri e catene commerciali.
Basta perΓ² girare nella traversa Rue Yves Saint Laurent per ritornare a contatto con quella che Γ¨ la cultura marocchina; nella via, infatti, sorgono, uno dietro l’altro, i Giardini Majorelle, il Museo Berbero e il Museo Yves Saint Laurent.
Marrakech con la sua millenaria storia riserva tradizioni, atmosfere, che solo altri centri con la stessa impostazione urbanistica riescono a replicare. Cittadine dei dintorni come Casablanca o Fès sono sempre stati territori soggetti al dominio di popolazioni africane o europee dalle forti politiche espansionistiche. Nonostante i continui attacchi i popoli marocchini sono riusciti e mantenere forti le loro tradizioni, senza permettere ad altri popoli di sradicarle.
Dai primi del Novecento con il protettorato francese, le terre deserte al di fuori delle mura della Medina si trasformarono in viali, costellati da luoghi di svago per l’esercito.
La cittΓ perΓ² non fu negli anni solo meta di nemici: negli anni Sessanta essa divenne destinazione irrinunciabile di artisti e uomini d’affari o politici alla ricerca di un luogo esotico in cui evadere.
Tra le personalitΓ si annoverano Jacques Majorelle, Yves Saint Laurent, Pierre BergΓ©, i quali rimasero sorpresi dell’atmosfera che si respirava a Marrakech.
E’ grazie a questi tre personaggi di spicco, ad opere di salvaguardia, alla Fondation Jardin Majorelle e alla Fondation Pierre BergΓ© – Yves Saint Laurent, se tutt’ora possiamo ammirare i Giardini Majorelle, il Museo Berbero, il Museo Yves Saint Laurent e avere la testimonianza degli usi e dei costumi dei popoli marocchini.
Di seguito dunque tre luoghi da visitare nel quartiere Gueliz a Marrakech: Giardini Majorelle, Museo Berbero e Museo Yves Saint Laurent.
I Giardini Majorelle
Conosciuti per la varietΓ di piante e per gli elementi architettonici dai colori saturi, i Jardin Majorelle sono una delle maggiori attrazioni turistiche di Marrakech.
Invitato a Marrakech nel 1917 dal generale francese Marshal Lyautey, Jacques Majorelle (1886/1962), pittore francese, figlio del famoso ebanista della corrente Art Nouveau Louis Majorelle (fondatore con Emile GallΓ© della Scuola di Nancy), rimase completamente sedotto dal fascino della luce e dei colori della cittΓ , tanto da iniziare nel 1923 la sua permanenza presso Marrakech, acquistando un lotto di terra oltre le mura della Medina.
In questo luogo, nel 1931 l’artista commissionΓ² all’architetto Paul Sinoir la progettazione di una villa dalle pareti “Blu Majorelle”, in stile moresco, immersa in un lussureggiante giardino botanico, contraddistinto da piante rare di ogni specie, pergolati e architetture intarsiate. La soluzione abitativa dalle linee semplici, essenziali con dettagli decorati era adibita a dimora al piano superiore e a studio/atelier al piano terra.
L’arte di Jacques Majorelle, caratterizzata da bruni, rossi e blu, con richiami allo stile pittorico di Paul Gaugin e a alcuni temi ripresi da Jean-Auguste-Dominique Ingres e EugΓ¨ne Delacroix Γ¨ una testimonianza della vita della cittΓ marocchina e degli usi e costumi del Nord Africa.
I Giardini Majorelle aprirono al pubblico per la prima volta nel 1947, anche se, dopo la morte di Jacques Majorelle nel 1962 l’oasi cittadina cadde in uno stato di abbandono.
Qualche anno dopo, nel 1966 lo stilista Yves Saint Laurent e il co-fondatore della maison Pierre BergΓ©, durante il loro primo viaggio a Marrakech scoprirono i giardini rimanendone completamente entusiasti e folgorati. Nel 1980 essi comprarono la proprietΓ ribattezzando la dimora di Jacques Majorelle Villa Oasis, contribuendo inoltre ad un’opera di restauro. Dopo la morte dello stilista, nel 2008 Pierre BergΓ© decise di donare i Giardini alla Fondation Pierre BergΓ© – Yves Saint Laurent affinchΓ© i giardini e la dimora non finissero nuovamente in uno stato di trascuratezza.
Nel giardino Γ¨ presente anche un vero e proprio memoriale a YSL e a Pierre BergΓ©.
Depuis de nombreuses annΓ©es, je trouve dans le jardin Majorelle une source inΓ©puisable dβinspiration et jβai souvent rΓͺvΓ© Γ ses couleurs qui sont uniques. (Yves Saint Laurent)
We quickly became very familiar with this garden and went there every day. It was open to the public yet almost empty. We were seduced by this oasis where colours used by Matisse were mixed with those of nature. [β¦] And when we heard that the garden was to be sold and replaced by a hotel, we did everything we could to stop that project from happening. This is how we eventually became owners of the garden and of the villa. And we have brought life back to the garden through the years. (BergΓ© P., Yves Saint Laurent: Une passion marocaine, MARTINIERE BL, 2010)
I Giardini sono aperti al pubblico (meglio prenotare il biglietto cumulativo online sul sito della Fondation Jardin Majorelle). Al loro interno Γ¨ possibile trovare alcuni servizi come cafΓ©, bookshop e boutique.
Nel plesso dei Giardini Majorelle, dal 2011 nella Villa Oasis, al piano terra Γ¨ presente il Museo Berbero, ricco di testimonianze delle piΓΉ antiche tribΓΉ marocchine. All’interno dei Jardin si trova anche la Yves Saint Laurent’s Love Gallery, uno spazio in cui si possono ammirare biglietti d’auguri che lo stilista illustrava ogni anno per i suoi cari amici.
Yves Saint Laurent’s Love Gallery
La Galleria dell’Amore di Yves Saint Laurent presso i Giardini Majorelle Γ¨ un piccolo contenitore espositivo dove stampe, colori e illustrazione a tema AMORE arricchiscono le bianche pareti. Ogni anno dal 1970 al 2007 lo stilista ha disegnato serie di biglietti d’auguri che regalava per le festivitΓ ad amici, collaboratori e clienti. Mai una illustrazione uguale: disegno dopo disegno Yves utilizzava tecniche diverse (dal collage alla gouache), palette colori e soggetti differenti. Alcune stampe erano ispirata al Marocco in ogni sfaccettatura, altre a personalitΓ artistiche come Andy Warhol, Henri Matisse, Jean Cocteau e Georges Braque.
Il Museo Berbero
Since my arrival in Marrakech in 1966, I have been fascinated by Berber culture and art. Over the years I have collected and admired this art which extends over several different countries. Quite rightly, the Berbers have always been proud of their culture which they have continuously maintained, despite the trials and tribulations they have encountered.
It seemed completely natural to establish a museum in Marrakech, which is in Berber country, and in the Jardin Majorelle, created by an artist who painted many scenes and portraits of Berber men and women. (Pierre BergΓ©)
Di tutto il Nord Africa, nel corso dei secoli, soltanto il Marocco Γ¨ riuscito per la maggior parte delle volte a sfuggire al dominio delle potenze straniere. L’Impero Romano con il Cristianesimo dominΓ² solamente le coste della nazione marocchina affacciate sul Mediterraneo, inoltre, quando l’invasione araba si riversΓ² nel paese non riuscΓ¬ ad intaccare una fascia di tribΓΉ nomadi berbere che si trovavano nelle inaccessibili catene montuose.
Con il termine Berbero o Imazighen, “uomini liberi” si indicano quelle antiche popolazioni autoctone dei territori africani, non solo del Marocco, ma anche di Egitto, Libia, Algeria e Mauritania che attualmente vivono ancora in zone rurali, in architetture tipiche (vedi il dipinto di Jacques Majorelle) con uno stile di vita che ricorda l’antichitΓ , contraddistinto da forti tradizioni, riti e trasmissione orale del sapere, nonchΓ© da lingua e alfabeto differenti, riconosciuti ufficialmente in Marocco solo dal 2011.
La cultura berbera richiama in ogni aspetto quella delle antiche comunitΓ tribali, anche se le usanze differiscono da regione a regione. All’interno delle tribΓΉ gli uomini si dedicano alle attivitΓ di pastorizia, mentre le mansioni predilette dalle donne riguardano la cucina, l’artigianato tra cui tessitura, filatura e ceramica (un esempio sono le donne che realizzano i prodotti per il progetto Sumano) e la raccolta di piante ed erbe selvatiche utili per la preparazione di pietanze tipiche o per tingere tessuti come la lana e il cotone.
Inaugurato nel 2011, con l’obiettivo di preservare il patrimonio di questa comunitΓ , il Museo Berbero presso i Giardini Majorelle, vanta di una collezione di oltre 600 oggetti, dai gioielli alle armi, dai tessuti ai cestini o ai tappeti. Ogni pezzo proviene dalle popolazioni nomadi delle terre marocchine tra la catena montuosa Rif e il deserto del Sahara. Tramite la visione di questi reperti (datati dal XVIII secolo agli anni Sessanta del Novecento) ciΓ² che Γ¨ immediatamente visibile Γ¨ l’estrema ricchezza e diversitΓ di ogni singolo pezzo, a testimonianza di una maestria e consapevolezza delle diverse tecniche manifatturiere.
Il piccolo, ma ricco luogo espositivo articola l’esposizione permanente in quattro sale:
- 1a Sala – Introduzione alla comunitΓ berbera;
- 2a Sala – Craftsmanship berbero;
- 3a Sala – I gioielli berberi;
- 4a Sala – Il tessile nella comunitΓ berbera;
1a Sala – Introduzione alla comunitΓ berbera
Attraversando la prima sala del museo si viene catapultati in quella che Γ¨ la cultura berbera. Musiche, fotografie, film, didascalie, audio trasportano il visitatore nel mondo dei berberi del Marocco.
2a Sala – Craftsmanship berbero
Gli articoli esposti in questa sala mostrano la ricchezza e la diversitΓ delle capacitΓ manuali e del savoir-faire berbero.
Esso Γ¨ testimoniato da oggetti in legno, cuoio, metallo, come teiere, vasellami, ceste e strumenti di uso quotidiano. Il design dell’oggettistica berbera comprende spesso forme geometriche, le quali vengono associate ai diversi aspetti del mondo umano.
3a Sala – I gioielli berberi
La sala 3, dei gioielli, Γ¨ caratterizzata da una stanza dalla planimetria ottagonale, da luce in penombra con espositori dalle grandi vetrate in cui sono catalogati monili tipici delle tribΓΉ berbere.
Di importanza fondamentale, i gioielli testimoniavano l’appartenenza ad una tribΓΉ e lo stato sociale delle donne che li indossavano. Gli ornamenti esposti sono tutti realizzati in argento, ma con diverse tecniche che li differenziavano da regione a regione: fusione, cesellatura e filigrana, ma anche smaltatura, niellatura, incisione e inserimento di cabochon. Le collane venivano progettate dalle donne, le quali combinavano argento, ambra, corallo e amazzonite, dai forti poteri simbolici.
4a Sala – Il tessile nella comunitΓ berbera
I gruppi berberi marocchini dai monti della catena Rif al deserto del Sahara sono rinomati per i loro costumi. Abiti, gioielli e accessori sono utilizzati da queste comunitΓ per definire la loro identitΓ , sia all’interno della famiglia che nell’intero gruppo.
Il legame con le tradizioni tessili per le popolazioni berbere Γ¨ un elemento fondamentale per la societΓ . Tramandate da secoli, da generazione in generazione, le donne hanno portato avanti l’arte della filatura e della tessitura, ricche di significato. Le donne berbere conoscono sapientemente il processo di queste tradizioni: in primo luogo esse trasformano la lana (delle loro pecore) in fili tramite semplici fusi e solo in seguito realizzano su un telaio verticale il tessuto, il quale viene progettato con una forma ed uno scopo vestimentario ben preciso. Dalle sapienti capacitΓ delle donne e da un insieme di bastoni e di corde (che costituiscono il telaio), le comunitΓ berbere realizzano non solo abiti come i djellaba o mantelli con ampi cappucci (tutt’ora visibili indossati per le vie di Marrakech), ma anche coperte e tappeti.
I capi confezionati venivano indossati drappeggiati intorno al corpo, trattenuti da spille e fibule in argento e da cinture intrecciate in cuoio. Particolare attenzione veniva riservata al colore e alle decorazioni delle vesti, in quanto questi elementi erano chiara espressione dell’appartenenza ad una precisa identitΓ tribale.
Purtroppo nel museo non era possibile fare fotografie. Ho trovato questo video interessante in cui oltre ad essere illustrata la storia del popolo berbero, sono allegate anche fotografie dell’esposizione.
Il Museo Yves Saint Laurent
In Morocco, I realised that range of colours I use was that of the zelliges, zouacs, djellabas and caftans. The boldness seen since then in my work, I owe to this country, to its forceful harmonies, to its audacious combinations, to the fervour of its creativity. This culture became mine, but I wasn’t satisfied with absorbing it; I trasformed and adapted it. (Yves Saint Laurent, 1983)
Ragazzo timido ed insicuro, ma pieno di talento e personalitΓ Yves Henri Donat Mathieu-Saint-Laurent alla sola etΓ di ventuno anni (dopo essere entrato tre anni prima nella Chambre Syndicale de la Haute Couture) riuscΓ¬ a mantenere lo splendore e la fama della casa di moda francese Christian Dior, portando in essa, con l’introduzione della linea trapezoidale una nuova leggerezza giovanile, nata sulle vicende delle ribellioni giovanili. Il giovane conobbe presto il suo futuro compagno di vita: Pierre BergΓ©, un uomo istruito e abile negli affari. Nel 1960 Yves Saint Laurent, dopo essere stato ricoverato in seguito ad una crisi dopo la costrizione all’arruolamento nell’esercito francese a causa della guerra d’indipendenza algerina e dopo aver vinto la causa con la maison Dior per non aver rispettato i termini contrattuali, aprΓ¬ la sua casa di moda.
Nel 1966 Γ¨ noto il viaggio di Yves Saint Laurent e Pierre BergΓ© a Marrakech, tema fondante di questo intero articolo. Qui lo stilista percepisce atmosfere, forme, sensazioni e colori i quali saranno per lui elementi di profonda riflessione.
Ma il 1966 Γ¨ anche l’anno di una rivoluzione all’interno della moda dell’epoca. Dal 26 settembre YSL iniziΓ² a confezionare la sua linea di pret Γ porter Rive Gauche. Le due nuove collezioni (che si aggiungevano alle altre di alta moda) rispecchiavano lo spirito del tempo, erano accessibili e piacevano tremendamente ai giovani, i quali si ritrovavano nella storica boutique Rive Gauche in Rue De Tournon 21 a Parigi, nel 6Β° arrondissement.
A Yves si deve, negli anni Sessanta, l’introduzione della giacca sahariana, del tailleur pantalone, dello smocking femminile e delle trasparenze. (Nel video sottostante Yves Saint Laurent spiega il concetto di pret Γ porter).
La nuova moda, cosΓ¬ forte, androgina, ma estremamente sensuale, con richiami all’esotico sia nei colori che nelle forme fece ben presto il giro del mondo.
YSL riusciva a trovare ispirazioni per le sue collezioni da qualunque aspetto. Da paesi lontani, tribΓΉ nomadi, dall’arte (in particolare quella colorata di Matisse, la geometria di Mondrian e i colori saturi della Pop Art), da personalitΓ in voga all’epoca e dal teatro (come la compagnia Ballets Russes, fondata nel 1911 da Sergej Diaghilev, reinterpretata dallo stilista nel 1976), altro suo costante interesse dal 1959.
Con “The Scandal Collection” – haute couture primavera/estate del 1971, ispirata alla moda del periodo della seconda guerra mondiale, Yves Saint Laurent arrivΓ² sulla bocca di tutti. Abiti corti, zeppe, spalle pronunciate, make up pesante, tessuti leggeri di crepe de chine, non vennero apprezzati dalla critica, la quale presentΓ² forte critiche. Di chiara ispirazione 40s (ma anche un po’ punk), con allusioni al passato e all’occupazione nazista, Γ¨ una collezione scandalosa per la stampa.
Le forti parole non fermarono l’istinto creativo di Yves, il quale proseguΓ¬ a disegnare soprattutto per il teatro e per il cinema.
Numerosi furono i premi riconosciuti a Yves Saint Laurent e PierrΓ© Berge per la rivoluzione che in breve tempo riuscirono a mettere in atto.
Mancavano i soldi, ma io avevo giΓ un’immensa fiducia nel talento di Yves. Una fiducia che mi riempiva di energia e mi faceva dimenticare la mia incoscienza. Infatti bisognava essere incoscienti, per voler aprire una casa di moda e costruire un impero senza denaro a disposizione. PerchΓ© noi sognavamo un impero. (BergΓ© P., Yves Saint Laurent, OCTAVO, Firenze, 1997, p. 5)
E un impero riuscirono a costruire.
Nel 2002 a Parigi, esattamente in Avenue Marceau 5 (nello stesso edificio che dal 1974 al 2002 ospitΓ² gli atelier creativi della maison), fu istituita la Fondazione Pierre BergΓ© – Yves Saint Laurent, con lo scopo di raccontare al pubblico la storia di questo grande impero, tramite abiti, disegni, campioni di tessuto e molto altro. Un vero e proprio museo che rende omaggio al grande lavoro dello stilista.
Il secondo polo museale dedicato all’opera di Pierre BergΓ© e Yves Saint Laurent Γ¨ il Museo Yves Saint Laurent di Marrakech, progettato dallo Studio KO. Al di fuori della Medina, una costruzione color ruggine di 4000 mq2 ospita un’esposizione permanente di circa 40 anni della casa di moda YSL (1962/2002). Uno spazio in cui gli abiti e gli accessori sono in perfetta armonia con l’architettura dell’edificio. All’interno della struttura sono presenti uno spazio per mostre temporanee, la Sala dedicata ad YSL, il bookshop, l’auditorium Pierre BergΓ©, una biblioteca (entrata su appuntamento) e il cafΓ¨ Le Studio.
Superato l’ingresso su Rue Yves Saint Laurent, nel quartiere Gueliz, si accede ad un atrio circolare (quasi come se fosse la pianta di un mausoleo o di un battistero) nel quale, su di una parete sono poste le iniziali YSL, nonchΓ© logo, geometrico ed essenziale realizzato dal grafico Cassandre nel 1961.
L’atmosfera nell’edificio Γ¨ silenziosa, pacata. I giochi di luce e i riflessi sono i protagonisti.
Lo spazio espositivo dedicato al lavoro dello stilista si apre con l’abito Mondrian del 1965, per poi continuare lungo un corridoio dove alle pareti sono esposti poster e fotografie. Proseguendo si entra in un atrio in cui gli abiti sono i veri protagonisti e noi semplici spettatori. Il silenzio della sala Γ¨ reso importante e vivo dalle silhouette e dai colori degli abiti, i quali fuoriescono con sensualitΓ e potenza dalle pareti nere. Si respirano diverse influenze, differenti periodi storici. Gli abiti, fissi, immobili sembrano animarsi e raccontare una storia, un pensiero, un’idea. Tutt’intorno sketches, filmati, voci e musiche.
(All’interno della sala espositiva non era possibile scattare fotografie; di seguito un breve video del museo)
Altra sala dedicata al lavoro di Yves Γ¨ la lobby del cinema e del teatro. Alle pareti disegni degli abiti realizzati per spettacoli teatrali o opere cinematografiche. Si possono riconoscere frame della pellicola Belle de Jour del 1967 con l’attrice Catherine Deneuve o sketches dei costumi per lo spettacolo della ballerina Zizi Jeanmarie del 1963, diretto da Roland Petit.
Da vedere anche il cafΓ¨ Le Studio del museo. Ispirato allo studio di YSL a Parigi, il locale con le sue luci, i riflessi che entrano dalla grande vetrata e l’utilizzo di determinati materiali, Γ¨ un luogo di pace e contemplazione.
Entrare nel bookshop invece Γ¨ come fare un viaggio indietro nel tempo, esattamente nel 1966; qui immediatamente sembra di essere catapultati all’interno della boutique Rive Gauche di Parigi. Il colore ruggine delle pareti, le mensole, le pareti specchiate e i banconi hanno un gusto retrΓ² anni Sessanta, facilmente riconducibile a YSL. All’interno sono in vendita libri sul Marocco, su Yves Saint Laurent, poster, le cartoline LOVE, ma anche dvd.
E’ sorprendente come una cittΓ cosΓ¬ antica, con usi e costumi ben precisi, abbia in realtΓ un’ apertura verso il prossimo (vedi musei di moda Museo Yves Saint Laurent) cosΓ¬ evidente.
Sono soddisfatta di essere riuscita a documentare anche questa parte della cittΓ di Marrakech. Anche se i Giardini Majorelle, il Museo Berbero e il Museo Yves Saint Laurent rientrano tra le mete piΓΉ visitate della cittΓ marocchina, mantengono un fascino immutato.
Come se fossero dei luoghi sacri, fulcro di tanta bellezza e storia, essi vanno visitati con rispetto e contemplati con tranquillitΓ per percepire ogni singolo aspetto.
Spero che questo post sia stato di tuo gradimento.
Fammi sapere se anche tu hai visitato questi meravigliosi luoghi!
Valentina
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Thank you