Les Parapluies de Cherbourg, 1964 – Analisi dei costumi

Genevieve, Les Parapluies de Cherbourg

In questi mesi di lockdown e di continua alternanza di zona arancione e rossa (almeno in Lombardia), ho avuto l’occasione di vedere alcuni film che da tempo erano nella mia “To do list”. Per me le serie tv o i film sono sempre stati un mezzo per viaggiare con la mente, evadere dalla realtà, immedesimarmi nei personaggi e vivere con loro un determinato contesto o periodo storico. Mai come ora essi sono per me un’esplorazione, un viaggio fuori dalla mia stanza, dall’appartamento in cui vivo, dal mio comune, dalla mia regione e dalla mia nazione. L’inizio di un film lo paragono ad una partenza vera e propria, mentre il finale un ritorno, con suggestioni e atmosfere provate.

Les Parapluies de Cherbourg

Con l’analisi dell’abbigliamento e del costume di Les Parapluies de Cherbourg, del 1964, sono catapultata addirittura fuori nazione, a Cherbourg, una cittadina francese della Normandia (ora chiamata Cherbourg – Octeville che affaccia sulla Canale della Manica), dal 1957 al 1963.

Les Parapluies de Cherbourg trailer, Fonte Youtube

La trama vede come protagonisti due ragazzi innamorati: la bella Geneviève (interpretata da Catherine Deneuve) che con la madre vedova gestisce un negozio di ombrelli e Guy (l’attore italiano Nino Castelnuovo), giovane meccanico. Il loro amore vede l’improvvisa interruzione per il richiamo alle armi, per la Guerra d’Algeria. I due giovani si promettono eterno, “Je t’aime” – urla la ragazza dalla banchina dei binari, ma quando quest’ultima scopre di essere incinta, Guy è ormai in terra straniera. Nei primi mesi i due giovani fidanzati vivono un amore a distanza, si scrivono ovviamente lunghe lettere, ma quando Guy non risponde più a Geneviève, la madre invita la ragazza a sposare Roland, un benestante rappresentante di gioielli, lasciando la cittadina di provincia per trasferirsi a Parigi. Tornato dalla guerra, dopo due anni, Guy non trova più la sua amata. La sua disperazione però è alleviata da Madeleine. Con lei ricomincerà la sua vita, forse però, accompagnato sempre con il ricordo di Geneviève e di come sarebbe stato il loro amore.

Il film così struggente, ma colorato tanto da essere quasi irreale è stato diretto dal regista Jacques Demy. Les Parapluies de Cherbourg è stato anche vincitore nel 1964 del Premio Grand Prix (Palma d’Oro), come miglior pellicola tra quelle in competizione nella diciassettesima edizione del Festival di Cannes.

E’ un film dalla trama modesta che narra di una partenza e di un ritorno. L’amore, i ricordi, le illusioni e i rimpianti fanno da contorno. La vicenda, la scenografia, i costumi, appaiono così terribilmente contemporanei. Le pareti dei cafè, delle stanze, del negozio di ombrelli, con i loro colori saturi trasmettono allo spettatore atmosfere e sensazioni, quasi come se fossero delle installazioni dell’artista statunitense Dan Flavin o semplicemente campiture appartenenti a dipinti della corrente dei Fauves o meglio ancora dei pittori dell’espressionismo astratto americano.

Dan Flavin 1972 1975
Dan Flavin, Untitled (to Barry, Mike, Chuck and Leonard), 1972/1975

Le scene, i gesti, i passaggi che si ripetono rimandano allo scorrere del tempo; tutto appare così lontano e obsoleto, ma i sentimenti che i personaggi fanno percepire sono ancora così estremamente attuali e innati nell’indole umana.

Ho visto il film due volte; in entrambi i momenti ho avuto l’istinto di interromperlo, forse per la lentezza della vicenda (tra l’altro tutta cantata), che in realtà è l’elemento che caratterizza i film anni Cinquanta. Una volta terminato, però ho saputo apprezzare questo aspetto. Ho dimenticato la velocità con cui nella società contemporanea tramite i mezzi tecnologici c’è la possibilità di essere sempre presenti e sempre connessi, in cui basta una foto su Whats App per ricordare il viso o l’abbraccio di una persona e mi sono immedesimata nei protagonisti. Ho percepito la lentezza, la scansione dei tempi, le lettere che sembrano non arrivare mai a destinazione, il passare delle stagioni…l’amore che in questo tempo così dilatato però sembra non aspettare. I secondi, i minuti e le ore sembrano interminabili per Geneviéve, la quale ogni giorno attende il ritorno del suo tenero, ma ormai offuscato amore. Forse bastava qualche momento di attesa in più per poter riabbracciare Guy. Forse l’amore per il ragazzo non era così forte, non era così eterno o semplicemente il passare del tempo ha affievolito il ricordo.

La vicenda oltre a testimoniare l’attesa, l’illusione di un qualcosa che presto, tardi o mai arriverà ricalca anche il tempo e il costume in cui è ambientata. La madre di Geneviève sembra rifiutare per la figlia l’amore di Guy, giovane ed umile ragazzo, meccanico in una carrozzeria di Cherbourg, di estrazione sociale media, partito per la guerra d’Algeria. La donna sembra preferire il benestante Roland, commerciante di gioielli dagli occhi ghiaccio, con il quale alla fine Geneviève, su consiglio della madre, convoglierà a nozze.

Accanto a ciò, i costumi rispecchiano i personaggi e il momento storico in cui vivono. Il giovane Guy rappresenta il ragazzo di estrazione sociale medio bassa, che potrebbe non avere una riscatto della sua situazione, la giovane Geneviève con i cardigan dai colori pastello, i quali testimoniano un’ingenuità forse non così veritiera, la madre vedova con i tailleur eleganti, attenta alle apparenze, Roland il commerciante di gioielli sempre impeccabile e la giovane Madelaine (forse più furba di Geneviève), la quale con i suoi foulard e i suoi cerchietti bombati in velluto è dipinta come la ragazza della porta accanto. Oltre a rispecchiare il momento in cui essi vivono, ogni scena sembra essere perfettamente in linea con i colori degli abiti o viceversa. L’obiettivo di Jacques Demy è stato quello di fare del colore l’elemento principale di tutte le scene. Di conseguenza la costumista Jacqueline Moreau ha pensato di creare un train d’union tra le scenografie e gli abiti dei diversi personaggi. Come per le tappezzerie delle stanze in cui la vicenda si svolge, le quali riescono a trasmettere un sentimento o un’emozione, anche gli abiti, con la scelta delle diverse gamme cromatiche vogliono rappresentare un qualcosa, in particolar modo i colori indossati dai personaggi femminili. Dolcezza, determinazione, spavento, illusione, tutto ciò traspare dalle forme degli abiti e dai colori adottati.

Ho deciso di analizzare l’abbigliamento dei personaggi, seguendo la divisione in capitoli (La partenza, L’assenza, Il ritorno) con cui è stato scandito il film.

  1. Prima parte – La partenza;
  2. Seconda parte – L’assenza;
  3. Terza parte – Il ritorno;

Prima parte – La partenza

Prima parte, La partenza
Fonte Les Parapluies de Cherbourg

La prima parte del film – soprannominata La partenza – è ambientata nelle prime scene nel mese di Novembre del 1957.

La prima immagine con cui si apre la pellicola è la carrozzeria Garage du Port Aubin, nella quale lavora come meccanico, il giovane Guy. Il garage, con la facciata dipinta da grandi scritte e luci al neon affaccia direttamente su una strada trafficata con un brulichio di persone. E’ possibile rintracciare già in questa scena legami tra i personaggi in primo piano e lo sfondo. Gli ombrelli rossi e blu, riprendono la vetrina delle occasioni della carrozzeria, ma anche il marinaio di spalle con la sua divisa blu richiama le scritte. L’intero del garage con le pareti in muratura è invece contraddistinto da manifesti colorati che a loro volta sembrano essere abbinati con le lucine appese alla trave in legno del soffitto. Qui Guy lavora con una divisa, una tuta in twill di cotone di un peso medio pesante, di un colore bluette. A portare la lussuosa Mercedes a far revisionare è Roland, un giovane ragazzo benestante, che spesso si trova a passare nel paese di Cherbourg per affari e che nel corso dell’intero film ha un ruolo fondamentale. Anche se Guy, che ha finito il turno, è di spalle, si può notare la differenza di classe sociale tra i due ragazzi. Se quest’ultimo indossa una tuta da lavoro sporca di grasso che testimonia grandi sogni e desideri nascosti, dall’altra parte si nota un giovane e distinto ragazzo che ormai sembra aver raggiunto l’apice della sua carriera, in abito nero con in testa una bombetta. Guy ha terminato il suo turno di lavoro, chiede così al suo collega se può controllare la macchina del ricco signore, mentre lui va verso lo spogliatoio per cambiarsi e prepararsi ad incontrare la sua bella Geneviève.

Garage du Port Aubin, Les Parapluies de Cherbourg
Fonte Les Parapluies de Cherbourg
Edward Ruscha, Twentysix gasoline stations, 1963
Fonte Les Parapluies de Cherbourg

La tuta da lavoro, come la si conosce attualmente (rivisitata nei modi più disparati nella moda contemporanea) ha una storia molto lunga.

Gli abiti da lavoro per tutto il Medioevo erano composti principalmente da calzebrache e tuniche di lana cotta; tra il 1400 e il 1600 la divisa era spesso accompagnata da una specie di grembiule in pelle. Questo abbigliamento da lavoro è stato anche rappresentato nella pala d’altare della Chiesa di Sant’Anna ad Annaberg del 1521 di Hanshesse. Altre testimonianze dei vestiti usati per il lavoro provengono dai dipinti di Pieter Brugel il Giovane.

Bisognerà aspettare l’Ottocento per poter rintracciare nelle opere segni di come intendiamo la tuta da lavoro attualmente, dai personaggi delle opere di Van Gogh a quelle di Pellizza da Volpedo. Il pittore francese Gustave Coubert con l’opera Gli Spaccapietre (1849) ha rappresentato due uomini, uno più giovane e uno più anziano che lavorano in una cava. I due lavoratori indossano abiti larghi, bucati, rovinati e rattoppati con altri pezzi di tessuto di diverso colore.

Solitamente l’abbigliamento da lavoro era caratterizzato da strati di abiti in modo tale da essere coperti e da avere maggiore protezione. La divisa da lavoro nell’ Ottocento era composta principalmente da pantaloni, camicia, giacca, scarpe e biancheria intima. I pantaloni solitamente molto larghi, ma sostenuti da bretelle, erano realizzati di robusto cotone, canapa, lana o velluto a coste. Le camicie in lino, cotone, flanella o un misto lino – lana conosciuto come linsey woolsey erano spesso indossate a strati, specialmente nei mesi invernali. L’orlo della maniche veniva arrotolato per non sporcarlo. Molto spesso gli abiti erano protetti anche con una miscela di olii in modo tale da renderli impermeabili. Ciò che caratterizzò la metà dell’Ottocento e con esso anche l’abbigliamento, fu nel 1848 la corsa all’oro in California. La divisa indossata dai minatori e dai pionieri tra Ottocento e Novecento era composta da alcuni capi essenziali: il cappotto a sacco (che già poteva essere rintracciato tra i minatori europei), l’overall (abito che sta sopra, per definire salopette, giubbetti multitasche, giacche e pantaloni che venivano indossati sopra ai normai vestiti affinché non si sporcassero), i pantaloni in denim, la camicia, gli stivali, la biancheria intima, il cappello di paglia e la bandana. Questa serie di indumenti erano riservati per le classi lavoratrici ed erano chiaramente considerati un simbolo dei ceti meno abbienti. Il primo esempio di overall moderno si ebbe intorno al 1830 e apparve nel dipinto In the woodshed di James Clooney. Gli overall divennero ben presto un prodotto di massa, tanto che a partire dal 1850 l’industria della confezione rese disponibili dei completi da lavoro a buon mercato, oppure, con la diffusione dei cartamodelli dal 1870 divenne possibile confezionare i capi in casa. Tra il 1891 e il 1916 il capo da lavoro ad un solo pezzo incominciò ad essere indossato sopra alla camicia, veste o pantaloni. Il tessuto più utilizzato in quel periodo fu il denim; le cuciture erano spesso rinforzate e di solito questi capi potevano avere anche delle tasche applicate per riporre agevolmente gli attrezzi da lavoro.

L’overall americano venne poi ripreso dai futuristi italiani e dalla avanguardie russe. Dalla TuTa di Thayaht al completo da lavoro di Rodchenko, di Tatlin o da quelle ideate da Varvara Stepanova e Lioubov Popova. La tuta che introdusse Thayaht nel 1918 era un capo pratico, nuovo, a buon mercato, confezionabile a casa tramite il cartamodello e il tessuto che venivano venduti insieme ad un costo irrisorio. Abbottonata sul davanti, si infilava con un gesto rapido, si indossava facilmente senza camicia e si portava con una cintura in vita, proposta in quattro tasche senza alcun tipo di elemento decorativo. Diversamente, nei modelli adottati da Rodchenko non era presente una destinazione d’uso precisa, ma grazie alla sua semplicità era adatta a diverse occasioni e circostanze. Per Tatlin, artista russo anche lui appartenente al Costruttivismo, invece 

“l’abito è un oggetto costruito, non disegnato. A partire da frammenti diversi l’abito è assemblato, montato come lo è una macchina con pezzi separati e i criteri di efficienza che governano la macchina dovrebbero essere applicati anche ai vestiti”. (Guillaume V., Europe 1910/1939. Quand l’Art Habillait le Vetement, Paris – Musees, Parigi, 1997, p. 67)

Anche Rodchenko e Stephanova progettarono abiti da lavoro definiti “tute produttiviste”. Rodchenko disegnò tute multitasche utili per contenere una varietà di oggetti, mentre Stephanova cucì la tuta in panno e in pelle mettendo in risalto le impunture e quindi il segno della macchina. L’interesse per la bellezza meccanica venne portata avanti anche grazie all’introduzione durante la prima guerra mondiale della cerniera lampo, creata nel 1893 in America. Di particolare risalto è il fim muto Modern Times di Charlie Chaplin del 1936, in cui Charlot indossa una salopette in pesante cotone e tshirt bianca. La tuta divenne anche oggetto della manipolazione degli stilisti. Con lo scoppio della seconda guerra mondiale, nel 1939, Elsa Schiaparelli progettò la tuta Tenue pour abrì, in vista del clima di guerra. In lana, color blu notte, con una cerniera centrale e quattro grandi tasche a soffietto era adatta per una donna elegante che avvertita dalle sirene di un eventuale bombardamento poteva inserire nelle tasche i beni di prima necessità e fuggire al riparo. Oltre a ciò, l’abbigliamento workwear riguardò a pieno anche le donne, le quali in breve tempo sostituirono gli uomini nelle catene di montaggio o in altri lavori manuali. Emblematico è il manifesto “We can do it!” di J. Howard Miller, nel quale una giovane ragazza con bandana rossa a pois indossa volenterosa la sua tuta indaco mostrando i muscoli, a testimonianza di come anche le donne, senza una figura maschile al loro fianco potessero portare aventi il paese. Oltre a questa, di particolare rilevanza è l’eroina, la modella Mary Doyle Keefe, disegnata da Norman Rockwell, la quale indossa una tuta completamente in denim.

Numerosi sono stati poi gli stilisti che hanno reinterpretato la tuta blu da lavoro. Da Sonia Rykiel negli anni Sessanta, ad Agnes B. nel 1975, allo stilista Yohij Yamamoto nella collezione primavera/estate del 2003, a Jean Charles de Castelbajac che del blu (insieme al giallo e al rosso) ne ha fatto la sua firma distintiva. Negli anni Novanta Comme Des Garçons dedicò un’intera collezione all’estetica del lavoro, fino ai giorni nostri in cui la rivisitazione dell’overall con le varie sfaccettature è all’ordine del giorno.

Elsa Schiaparelli, Tenue pour abri, 1939, Fonte Diktats
Mary Doyle Keefe “Rosie the riveter”, Norman Rockwell, 1943
Cartamodello McCall, 1943, Fonte Etsy

L’overall (ciò che sta sopra) era spesso indossato sopra ai vestiti quotidiani. Si può notare come Guy, una volta tolta la tuta da lavoro, indossa una camicia di un azzurro cielo, della quale si intravede solo il colletto e un maglione con fantasia fair isle, probabilmente non di qualità eccelsa. All’interno dell’armadietto del ragazzo il poster della diva americana Marilyn Monroe, che proprio in quegli anni ottenne un successo mondiale grazie all’interpretazione di varie protagoniste in numerose pellicole. Il giovane Guy con jeans (che si affermarono negli anni Cinquanta soprattutto tra le subculture giovanile, influenzate dallo stile americano) e giubbotto di daino esce veloce dalla carrozzeria a bordo della sua bicicletta gialla, contento perchè finalmente potrà incontrare la sua bella Geneviève.

Fonte Les Parapluies de Cherbourg

La giovane ragazza, interpretata da Catherine Deneuve appena ventenne, dalla vetrina del negozio di ombrelli che gestisce con la madre vedova, guarda il brucolio di persone speranzosa di incontrare al più presto il suo amato Guy. Con il cardigan giallo, una candida camicia bianca e guance disegnate dal fard rosa, Geneviève sembra essere un raggio di sole in un’ uggiosa giornata di Novembre. I capelli biondi lunghi fino alle spalle, sono tirati indietro da un fiocco in velluto nero, in modo tale da lasciare il viso della ragazza ben evidente. E’ interessante notare come il cardigan della fanciulla sia dello stesso colore dell’impermeabile giallo indossato dall’uomo in primo piano. (Ho analizzato l’impermeabile giallo in precedenza).

Fonte Les Parapluies de Cherbourg

Guy raggiunge Geneviève nei pressi del negozio, dove finalmente i due innamorati possono abbracciarsi e organizzare la loro uscita serale a teatro.

Dietro il ragazzo è visibile una vetrina di negozio di alimentari o di un bar, riconoscibili dalla stampa appesa al vetro dei gelati Motta. Alla parete anche tante piccole piastrelle, riconducibili a soggetti riscontrabili dei disegni delle stampe toile de jouy, una tipologia di illustrazione che richiama situazioni bucoliche di idillio campestre che si può incontrare tutt’ora su tappezzerie e tessuti. Le figure sui toni del rosso, del blu, del bruno, appaiono in risalto su sfondi chiari ed ecrù. La creazione della tela toile de jouy è riconducibile al 1760, progettata dai laboratori della fabbrica di Christophe Philippe Oberkampf, nella città di Jouy en Josas (oggi Yvelines), a nord della Francia, diventando uno dei più importanti centri del diciottesimo secolo per questa tipologia di tessuto. I disegni di scene pastorali di Jean Baptiste Huet richiamavano lo spirito del tempo; risale proprio a questi anni (1782/1783), il villaggio bucolico che la Regina Maria Antonietta fece costruire all’interno dei giardini di Versailles, ed in particolare il Petite Trianon. Oltre a Huet, si possono ricordare i soggetti spensierati dei dipinti dei pittori francesi Jean-Honoré Fragonard e Francois Boucher.

Fonte Les Parapluies de Cherbourg
Fonte Les Parapluies de Cherbourg
Jean Baptiste Huet, Les travaux de la manufacture, 1783, Lino, Fonte Met Museum, New York
Jean-Baptiste Huet A Shepherd and a Shepherdess Resting
Jean-Baptiste Huet, A Shepherd and a Shepherdess Resting, Acquerello

Guy ritorna a casa per cambiarsi, mangiare un boccone e prepararsi per la serata in compagnia della sua amata. Ad accogliere il ragazzo a casa c’è la zia malata. Le stanze sono contraddistinte da colori saturi; la tenda in velluto rosso crea un contrasto spiccato con la tappezzeria rigata sulla gamma dei verdi. La stanza azzurra che si intravede sullo sfondo, richiama invece la camicia, i blue jeans e i dettagli del maglioni di Guy. Di particolare interesse è la coperta crochet rossa e beige adagiata sul letto della zia, probabilmente realizzata da lei stessa nei momenti di noia e di solitudine.

Guy si prepara per uscire con Geneviève e a far compagnia alla zia ci pensa la bella e premurosa Madelaine, che silenziosa compare alla porta. La giovane indossa un impermeabile verde bottiglia, caratterizzato da un colletto navy in velluto corduroy con bottoni dello stesso tessuto, un leggero foulard navy avvolto intorno al viso per coprirsi da freddo e intemperie, borsa rettangolare a mano dello stesso colore e gonna con sfondo piega rosa. A completare il look un cerchietto bombato in velluto, dello stesso colore della borsa e del foulard, molto in voga sul finire degli anni Cinquanta, come testimoniano le fotografie di Grace Kelly o Agneta Freiberg. Spesso questo accessorio non solo consentiva di lasciare il viso in ordine, ma permetteva di mettere in risalto i grandi orecchini a clip. Madelaine, con il suo viso dolce, senza ulteriori accessori, se non i suoi grandi occhi, rappresenta la ragazza della porta accanto, estremamente innamorata del giovane Guy.

Madelaine e Guy
Fonte Les Parapluies de Cherbourg
Foulard e copricapi 1965
Copricapi e foulard, 1965, Fonte Pinterest
Brigitte Bardot
Brigitte Bardot, 60s, Fonte Pinterest
Madelaine e Guy
Fonte Les Parapluies de Cherbourg
Agneta Freiberg Glamour
Agneta Freiberg, Glamour, 1965, Fonte Pinterest

Guy e Geneviève si incontrano fuori dal teatro della città. Il ragazzo indossa una camicia rosa, un completo rigato blu e azzurro e una cravatta nera con piccoli pois di diversi colori. E’ possibile notare che per quanto Guy voglia sembrare vestito bene, i suoi capi hanno sempre qualcosa di forte che stona. La ragazza con il suo cappotto doppiopetto color salmone di un tessuto lavorato, simile ad un modello degli anni Sessanta di Pierre Cardin, il suo fiocchetto dorato, la sua pochette di lustrini e il suo bracciale argento con piccole perline appare invece molto elegante. A teatro sulle spalle, per educazione e per coprirsi indossa una stola in organza dello stesso colore del cappotto e dell’abito, quasi come se fossero stati realizzati appositamente con tessuti della stessa identica nuance. Si viene a conoscenza da Geneviève di come i suoi abiti siano appena usciti dalla sartoria; avvisa infatti Guy di stare attento a non pungersi con gli spilli. Nel 1957 nonostante la presenza dei grandi magazzini, dei magazine di cartamodelli per cucire i propri capi in casa, e nonostante da lì a poco ci sarebbe stata una vera e propria rivoluzione giovanile del costume e dell’abbigliamento era ancora in uso far confezionare abiti unici e su misura alle sarte seguendo le ultime tendenze. Bisogna tener conto che la cittadina di Cherbourg, nonostante la vicinanza con la capitale francese, rimaneva un paese di provincia e prettamente portuale, di conseguenza i dettami della moda parigina arrivavano con ritardi e continue erano le influenze dall’Inghilterra o da altri paesi.

Genevieve e Guy
Fonte Les Parapluies de Cherbourg
Pierre Cardin Jacket
Pierre Cardin Couture, 1960, Esterno 100% lana, fodera interna 100% seta, Fonte Sito Featherstone Vintage
Genevieve e Guy
Fonte Les Parapluies de Cherbourg

All’interno del locale dalle pareti rosse, nel quale i due ragazzi si ritrovano a ballare, la bella Geneviève sfoggia un abito con spalline, aderente al corpo e svasato al fondo, arricchito da un pizzo cucito lungo tutto l’orlo; molto simile ad una sottoveste, probabilmente di raso di seta. Il capo mi ha ricordato immediatamente il dipinto Sole di mattina, del 1952 del pittore americano Edward Hopper. Una donna assorta nei suoi pensieri, in sottoveste rosa è rivolta verso la grande finestra della stanza riscaldata dai raggi di sole della mattina. Dalla vetrata, senza persiane o tende, si intravede una fabbrica, testimonianza di una città in espansione. Probabilmente si tratta di un quartiere periferico, in cui la ragazza magari si è da poco trasferita, data l’assenza di elementi di riconoscimento all’interno della stanza. Il pittore decide di non svelare ulteriormente rispetto a quello che già è presente, lasciando lo spettatore in preda all’ambiguità e al mistero. L’unica cosa certa è il forte contrasto delle ombre decise e nette; anche la sottoveste rosa proietta un’ombra sulle gambe della ragazza. Ciò può far intuire di come la vestaglia sia realizzata con un tessuto riflettente, come appunto il raso, di seta o di poliestere.

Genevieve e Guy Les Parapluies de Cherbourg
Fonte Les Parapluies de Cherbourg
Edward Hopper Morning Sun
Edward Hopper, Morning Sun, 1952
Nightgown Catalogo Aldens
Catalogo Aldens, 1956/1957, Fonte Pinterest

Il giovane Guy, nella scena della passeggiata notturna al porto, indossa un trench probabilmente del marchio Burberry (intuibile dalla fodera interna check), sopra al completo blu ravvivato dalla camicia rosa. Il trench, capospalla di tessuto antigoccia con doppio sprone alle spalle, ampio bavero e cintura in vita e ai polsi era l’impermeabile più adottato nella moda maschile degli anni Cinquanta, alternato spesso con cappotti, montgomery e bomber per i ragazzi più giovani. Numerosi sono gli attori che in quegli anni indossavano con classe e fascino il trench coat, come il misterioso Alain Delon in Le Samouraï (1967) o George Peppard in Colazione da Tiffany.

La storia del marchio mondiale Burberry, può essere in qualche modo associata a quella dell’azienda inglese Barbour (avevo fatto in precedenza un piccolo approfondimento su Barbour). Quel che è certo, è che entrambe nacquero dalla necessità di avere a disposizione capi per affrontare intemperie e agenti atmosferici, restando comunque asciutti, senza dover per forza far ricorso a sostanze scivolose e impermeabili da spalmare sui capi da esterno, per renderli waterproof. Thomas Burberry, che già nel 1856 capì questo bisogno, progettò qualche anno dopo un tessuto di cotone – gabardine – resistente all’acqua, alle intemperie, durevole ed estremamente versatile e confortevole. Tessuto adottato negli anni seguenti per spedizioni polari o per traversate in mongolfiera, nel 1912 fu associato alla silhouette del Tielocken Coat, anticipatore del trench coat e distinguibile da quest’ultimo per la presenza di una singola cintura chiusa con fibbia e un unico bottone al colletto. Si dovette aspettare il primo conflitto mondiale per l’invenzione del Trench Coat come lo si conosce attualmente. Il design funzionale Burberry per l’uso bellico (trench, trincea), includeva spalline utili per appendere gli strumenti militari, come fischietto e guanti, anellini metallici a D, per fissare le granate e un’aletta sul petto per conferire maggiore protezione. Dagli anni Venti i capi Burberry adottarono il loro elemento distintivo; il check rosso, nero e beige venne registrato e fu introdotto come fodera in tutti gli impermeabili. Dagli anni Cinquanta in poi gli outwear Burberry vennero esportati in tutto il mondo. Ad aumentare il prestigio dell’azienda furono anche le numerose pellicole, in cui i protagonisti indossano impermeabili Burberry, come nel caso di Guy in Les Parapluies de Cherbourg.

Genevieve e Guy Les Parapluies de Cherbourg
Fonte Les Parapluies de Cherbourg
Tielocken Coat Burberry
Tielocken Coat, Burberry, Fonte Pinterest
Trench Coat Burberry
Trench Coat Burberry, 1914, Fonte Pinterest
George Peppard
George Peppard, in Colazione da Tiffany, 1961
Alain Delon nel film Le Samourai 1967
Alain Delon in Le Samouraï, 1967

Al porto i due ragazzi confessano i loro desideri. Guy in particolare ha grandi sogni: vorrebbe aprire un benzinaio tutto suo. Anche se faticosa da realizzare, l’idea del giovane non era per niente sprovveduta.

Il giorno successivo Geneviève si confida con la madre e le racconta la serata passata insieme a Guy. La donna è scettica riguardo al loro amore; non crede che il giovane sia all’altezza di sua figlia. La madre con atteggiamento altezzoso, nel suo tailleur dai colori sgargianti accessoriato da una collana composta da tre fili di perle, giudica Guy senza conoscerlo. Nella scena sottostante Geneviève, indossa una gonna a pieghe grigio perla, camicia bianca e cardigan rosa blush, dello stesso colore dell’ombrello sullo sfondo. Sta indossando anche lei il trench Burberry, ma improvvisamente entra il postino, il quale consegna le fatture del negozio, che, come scoprirà la madre, includono ulteriori pagamenti, rispetto al solito.

Genevieve
Fonte Les Parapluies de Cherbourg

La madre entra in casa spaventata e senza una soluzione su come rimediare ai pagamenti richiesti. Geneviève è invece intenta, in modo spensierato, a comporre un bouquet di fiori che adagia dolcemente in fogli di giornale. Il video di Prada per la collezione Resort 2020, sembra riprendere esattamente il gesto, la scena, i colori e il mood.

Genevieve fiori
Fonte Les Parapluies de Cherbourg

La madre, invece, in cerca di una soluzione si rifugia in cucina, che però non sembra essere il suo habitat naturale. L’unico elemento d’unione sono sul davanzale i pomodori rossi, dello stesso colore del tailleur della donna.

Madre Genevieve
Fonte Les Parapluies de Cherbourg
Genevieve con bouquet di fiori
Fonte Les Parapluies de Cherbourg
Prada Resort, 2020, Fonte Youtube

Madre e figlia riflettono su come possono pagare le fatture che sono arrivate. L’unica soluzione che trovano è quella di vendere la collana di perle della madre. Diversamente dalla cucina, in cui i pomodori erano gli unici elementi convergenti con gli abiti della donna, nella stanza di quest’ultima tutto invece appare in perfetta unione con lei e con il suo tailleur. La carta da parati con fiori orientali, rimanda al dipinto Stanza Rossa, di Henri Matisse del 1908. Anche il dettaglio della sedia nell’angolo conferma il legame. Il completo indossato dalla donna invece richiama le silhouette degli abiti proposti da Balenciaga nel 1956/1957.

La madre di Genevieve decide di vendere i suoi gioielli per pagare il debito
Fonte Les Parapluies de Cherbourg
Stanza Rossa Henri Matisse
Henri Matisse, Stanza Rossa, 1908

Il giorno seguente la madre e Geneviève, in abiti eleganti, si recano nella gioielleria del paese per far valutare la collana di perle. Il proprietario della gioielleria non accetta il monile perchè secondo lui di poco valore e difficilmente vendibile. All’interno del negozio, nello stesso momento, è presente anche un distinto ragazzo di nome Roland Cassard, diamantista, il quale si mostra interessato alla collana; a parer suo è invece facilmente ri vendibile a Londra, Parigi o Amsterdam, dove spesso si reca per affari. (Abbiamo incontrato Roland nelle prime scene; è lui il ragazzo che porta a far controllare la Mercedes nera in carrozzeria). La madre che stava avendo una crisi di pianto, improvvisamente si rasserena e invita immediatamente il giovane Roland a far visita al negozio di ombrelli il prima possibile. Elegante, ricco, ben vestito, con magnetici occhi azzurri, la donna lo vedrebbe bene al fianco della sua giovane figlia.

Nella scena nulla è lasciato al caso. Il negozio dagli infissi bianchi in legno è reso più lussuoso con la presenza di una decina di lampadari pendenti di cristallo, che accentuano il bianco della stanza. Il bianco dello sfondo richiama il cappotto a trapezio, (silhouette introdotta da Yves Saint Laurent per la maison Dior) con allacciatura con dettagli stondati di Geneviève. Negli anni Sessanta invece Pierre Cardin aveva proposto un completo arancione, gonna e giacca in cui, quest’ultima, era caratterizzata da un’abbottonatura con dettagli stondati, proprio come il cappotto della ragazza. A rendere più elegante il look per l’occasione, guanti corti bianchi, come era d’uso portare, pochette e capelli raccolti con un piccolo fiocco color oro. Il trucco è contraddistinto da una precisa linea di eyeliner sugli occhi, sopracciglia larghe e poco marcate, bocca dai contorni morbidi e guance rosa, dello stesso colore della parete della stanza. La madre, il cui viso in queste scene sembra provenire da Ritratto femminile, del pittore Giovanni Boldini, indossa un tailleur giallo saturo, riconducibile al colore dei numerosi impermeabili gialli presenti nel film. Il completo composto da gonna con linea ad A al ginocchio e giacca con ampi revers, maniche a tre quarti, grandi bottoni ricoperti, aderente ai fianchi, richiama esattamente il tailleur giallo del nobile stilista francese Oleg Cassini che nel 1961, la first lady Jacqueline Kennedy indossò per visitare l’ospedale dei bambini a Bogota. Se non fosse per l’abito giallo, dagli accessori neri, come la borsa a busta, i guanti lunghi, collana e cappello a tesa larga, la donna appare essere in lutto.

Genevieve e la madre in gioielleria
Fonte Les Parapluies de Cherbourg
Giovanni Boldini Ritratto femminile
Giovanni Boldini, Ritratto femminile, 1900 circa
Jackie Kennedy in un completo di Oleg Cassini
Jacqueline Kennedy con completo Oleg Cassini, 1961, Fonte Pinterest
Primo piano Genevieve con sfondo rosa
Fonte Les Parapluies de Cherbourg

Il giorno seguente Geneviève si allontana dal negozio per andare a trovare Guy fuori dalla carrozzeria. Nel frattempo Roland Cassard, come da invito, passa dal negozio di ombrelli dove però incontra solamente Mrs Emery. La madre intrattiene il giovane offrendogli un thè caldo e riempiendolo di complimenti. E’ sempre più convinta che il ragazzo potrebbe essere un ottimo fidanzato e marito per la figlia. E’ opportuno notare come l’abbigliamento della madre sia riconducibile alle silhouette proposte dai grandi stilisti degli anni Cinquanta, come Balenciaga, Givenchy e Dior. Accanto a ciò, spesso gli abiti che indossa, sia per colore, che per forma e volume sono molto simili a quelli indossati da Jacqueline Kennedy, come nel caso del tailleur rosa shocking, colore introdotto negli anni precedenti, nel 1936 per la precisione, dall’artista Elsa Schiaparelli. Appare evidente anche la differenza con i capi indossati dalla figlia. Se la madre predilige un abbigliamento sofisticato e fasciante, Geneviève adotta invece abiti meno costruiti, più giovanili che lasciano non solo maggiore libertà di movimento, ma che anticipano anche la moda degli anni Sessanta.

Fonte Le Parapluies de Cherbourg

Guy non ha una buona notizia per Geneviève. Il giovane ha ricevuto la lettera per l’arruolamento per la guerra d’Algeria, della durata di due anni. Essi non si danno pace, piangono, si disperano, si stringono forte e si dichiarano eternamente il loro amore. Entrambi promettono di aspettarsi.

Geneviève accompagna a casa il giovane. Sullo sfondo si può notare la vetrina del negozio di macchine per cucire Singer, a testimonianza della maggiore diffusione della capacità di confezionare abiti in casa.

Guy riceve la lettera di arruolamento
Fonte Les Parapluies de Cherbourg
Geneviene accompagna Guy a casa
Fonte Les Parapluies de Cherbourg

Memorabile è la scena in cui i due giovani si baciano, nella strada deserta, tra le mura colorate. Geneviève sale a casa di Guy, dove si dichiarano tutto il loro amore.

Fonte Les Parapluies de Cherbourg

La giovane torna a casa in lacrime dalla madre, la quale sembra essere a tratti sollevata e contenta. Geneviève indossa un abito in cotone vichy azzurro e bianco, cardigan azzurro cielo e fiocco nero, che richiama l’abat jour con fiori rossi sullo sfondo. La donna con il telaio da ricamo in mano, indossa una vestaglia morbida con cintura a righe verticali; chiaro è il legame con la tappezzeria rigata sullo sfondo.

Genevieve è triste per l'improvvisa partenza di Guy
Fonte Les Parapluies de Cherbourg

Geneviève si cambia e indossa una camicia da notte in voile di cotone con maniche e scollatura con piccoli ricami sangallo, speranzosa di svegliarsi e di trovare Guy per sempre al suo fianco. Ma così non sarà.

Genevieve è triste per l'improvvisa partenza di Guy
Fonte Les Parapluies de Cherbourg
Jacqueline Kennedy con la figlia Caroline 1960 circa
Jacqueline Kennedy con la figlia Caroline, 1960 circa

La mattina successiva alla stazione dei treni i due ragazzi non riescono a separarsi. La hall delle partenze è desolata, pallida. Gli unici colori provengono dai manifesti e dalle affiche alle pareti di alcune località marittime francesi. Nulla attorno sembra comprendere il loro dolore.

Ancora una volta nell’angolo a destra, appeso, è possibile rintracciare l’impermeabile giallo, che questa volta richiama i manifesti degli itinerari appesi. Dalla banchina del treno i due innamorati si lasciano.

Guy e Genevieve in stazione
Fonte Les Parapluies de Cherbourg
Guy parte per l'Algeria
Fonte Les Parapluies de Cherbourg

I colori della scena richiamano il dipinto La ferrovia, dell’impressionista Edouard Manet.

Édouard Manet La ferrovia 1872-1873
Édouard Manet, La ferrovia, 1872-1873

Guy con il cuore a pezzi sale sul treno; Geneviève in lacrime, urla tutto il suo amore.

Seconda parte – L’assenza

Seconda parte Les Parapluies de Cherbourg
Fonte Les Parapluies de Cherbourg

La seconda parte del film, soprannominata – L’assenza – inizia con il mese di gennaio del 1958; esattamente due mesi dopo la partenza di Guy.

Gennaio 1958 Les Parapluies de Cherbourg
Fonte Les Parapluies de Cherbourg

La prima scena che appare, vede la madre di Geneviève recarsi in negozio. Il tailleur rosso della donna che si intravede dalla pelliccia richiama le confezioni di biscotti della vetrina della pasticceria. Il look della ragazza, invece ora è cambiato. I suoi capelli biondi sono pettinati con la riga centrale e raccolti in una bassa coda. La giovane che indossa un morbido e caldo maglione con collo alto aspetta ansiosa le lettere di Guy, ma niente sembra arrivare. E’ in questo momento che Geneviève ha un mancamento. A soccorrerla è subito presenta la madre che invita la figlia a riposarsi. La ragazza dichiara però di essere incinta di Guy. La donna è preoccupata, forse non tanto della situazione di salute della figlia, ma di quello che la gente penserà e dirà di loro.

Genevieve sviene in negozio
Fonte Les Parapluies de Cherbourg

La sera stessa la madre invita il bel Roland Cassard a cena. E’ in questa occasione che il giovane, innamorato, chiede la mano di Geneviève alla madre, la quale espone la situazione particolare in cui si trova la figlia. Nonostante ciò il ragazzo non vuole rinunciare al suo amore e farà di tutto per prendersi cura di lei e del bambino/a che ha in grembo, facendola vivere come una regina.

La madre con tubino nero e stola di un rosa saturo richiama ancora una volta un’opera di Giovanni Boldini, Franca Florio, in cui una pennellata rosa fa da contrasto al nero dell’abito. Ma non è solo questo il riferimento. Il modo in cui la madre muove la stola e il volume che essa crea nello spazio rimanda allo scatto di Richard AvedonDovima e gli elefanti del 1955 e al memorabile abito con fiocco di Yves Saint Laurent del 1983, scattato da Gilles Tapie.

Cena con Roland
Fonte Les Parapluies de Cherbourg
Giovanni Boldini Franca Florio 1924
Giovanni Boldini, Franca Florio, 1924
Richard Avedon Dovima e gli elefanti 1955 abito da sera Dior
Richard Avedon, Dovima e gli elefanti, 1955, abito da sera Dior, Fonte Harper’s Bazaar
Abito Yves Saint Laurent 1983
Abito Yves Saint Laurent, 1983, fotografo Gilles Tapie, Fonte Pinterest
Schiaparelli Haute Couture Collezione primavera/estate 2020
Schiaparelli Haute Couture, Collezione primavera/estate 2020
Genevieve con la corona
Fonte Les Parapluies de Cherbourg
Febbraio 1958 Les Paapluies de Cherbourg
Fonte Les Parapluies de Cherbourg

Febbraio vede scendere la neve su Cherbourg.

In negozio arriva il postino con una lettera per Geneviève. Tutto è bianco, quasi come se la neve potesse anestetizzare il dolore della giovane. Il cardigan bianco della ragazza e il fiocco che ha tra i capelli riprendono le tende, gli infissi e il paesaggio innevato. La giovane ha ricevuto una lettera da Guy, direttamente dall’Algeria con una sua foto in divisa. La ragazza però lo sente distante, lontano, quasi non ricorda più il suo viso. Al tempo stesso c’è il ricco Roland che aspetta una risposta.

Genevieve incinta alla finestra
Fonte Les Parapluies de Cherbourg

In casa, la ragazza, mentre scrive una lettera di ringraziamento a Roland, indossa un abito ecrù realizzato dalla sarta e un cardigan fucsia dello stesso colore dei petali di rosa della carta da parati. Ai piedi ciabattine basse, in velluto, leggermente a punta di influenza orientale.

Genevieve scrive a Roland
Fonte Les Parapluies de Cherbourg
Catalogo ciabattine 60s
Catalogo di ciabattine per casa, 1960 circa, Fonte Pinterest
Marzo 1958 Les Parapluies de Cherbourg
Fonte Les Parapluies de Cherbourg
James Ensor Entrata di Cristo a Bruxelles 1889
James Ensor, Entrata di Cristo a Bruxelles, 1889

E’ Carnevale, tutti festeggiano tranne Geneviève, la quale si fa largo tra costumi di fatine, guerrieri, marinai, per entrare in negozio. La scena sembra richiamare i colori del dipinto Entrata di Cristo a Bruxelles di James Ensor. Tutto fuori è colorato, ma lei non riesce a sorridere; il suo pensiero è rivolto a Guy, anche se ormai lo sente troppo, troppo lontano. Il pensiero per il giovane è continuo, ma i mesi di lontananza iniziano a farsi sentire.

Genevieve incinta con la madre in negozio
Fonte Les Parapluies de Cherbourg
Aprile 1958 Les Parapluies de Cherbourg
Fonte Les Parapluies de Cherbourg

La primavera porta con sè il ritorno da Amsterdam di Roland, che finalmente può dichiarare personalmente il suo amore alla giovane, la quale accoglie le sue belle parole. Nella zona del porto, dove fino a cinque mesi fa Guy e Geneviève passeggiavano fantasticando sul loro futuro, ora la ragazza è in compagnia di un altro uomo. La ragazza indossa il cappotto panna che aveva il giorno del primo incontro in gioielleria con Cassard e un abito bluette con un’accesa fantasia floreale. Parallelamente ai capi dalle linee moderne di Pierre Cardin e André Courrèges, numerosi stilisti adottarono invece design dalle linee più morbide e femminili, preferendo tessuti leggeri e meno strutturati. E’ in questi anni che Emilio Pucci introdusse abiti, pantaloni palazzo e top dalle linee fluide che seguivano delicatamente i movimenti del corpo. Oltre a ciò, le sue stampe dai colori caleidoscopici e accattivanti divennero un fenomeno di grande originalità nella moda a cavallo tra gli anni Cinquanta e Sessanta.

Genevieve e Roland
Fonte Les Parapluies de Cherbourg
Pucci Hilton Hotel Londra 1963
Emilio Pucci, Hilton Hotel Londra, 1963, Fonte Getty Images

Geneviève accetta la proposta di matrimonio di Roland Cassard. Guy ormai è solo un ricordo, che il tempo sembra cancellare sempre di più. Il giorno delle nozze però la ragazza non sembra essere particolarmente felice. L’abito che indossa è caratterizzato da piumette bianche al collo e ai polsi e sembra essere completamente plissettato probabilmente per dare volume e nascondere la pancia. Sul capo il velo, con piccoli fuori applicati e una tiara di brillanti.

Fuori dalla chiesa, ad assistere alla celebrazione è presente Madelaine, che con il suo cerchietto giallo e l’abito con stampa a fiori sembra non essere mai cambiata. La giovane accenna un sorriso; ha avuto la conferma che ora Geneviève non potrà più frequentare e sposare Guy.

Genevieve in abito da sposa
Fonte Les Parapluies de Cherbourg
Madelaine con il cerchietto giallo fuori dalla chiesa
Fonte Les Parapluies de Cherbourg

Terza parte – Il ritorno

Terza parte Il ritorno Les Parapluies de Cherbourg
Fonte Les Parapluies de Cherbourg

La terza e ultima parte – Il Ritorno – si apre con il mese di marzo del 1959. Guy a distanza di circa due anni ritorna a Cherbourg in cui nulla sembra essere cambiato. E’ stanco e compromesso, probabilmente anche ferito, ma desideroso di abbracciare la sua amata. Il primo posto in cui si reca è al negozio di ombrelli di Mrs. Emery. Egli nota però che è spoglio, non c’è più alcun colore. Guy disperato non sa più come rintracciare Geneviève. Arrivato a casa apprende dalla sua cara zia che la sua ex amata si è sposata ed è andata a vivere a Parigi con un ricco commerciante. A casa arriva anche Madelaine, che è felicissima invece di poter vedere e riabbracciare il ragazzo.

Marzo 1959 Les Parapluies de Cherbourg
Fonte Les Parapluies de Cherbourg
Guy rivede Madelaine
Fonte Les Parapluies de Cherbourg

Guy ritorna a lavorare in carrozzeria, ma è nervoso e facilmente irritabile, tanto da avere una discussione con il responsabile. Lungo la strada, senza una meta precisa, il giovane passa davanti ai vari distributori di benzina situati lungo la via, quasi come se fossero stati installati in quel punto per rimarcare e ricordare al giovane il suo più grande desiderio. Guy passa nuovamente dalla negozio di ombrelli, che ormai si è trasformato in un rivenditore di lavatrici di ultimo modello.

Aprile 1959 Les Parapluies de Cherbourg
Fonte Les Parapluies de Cherbourg
Guy lascia il lavoro al garage
Fonte Les Parapluies de Cherbourg

Egli ancora più demoralizzato si rifugia al Cafè du Port. Situato in una zona periferica della città, il bar accoglie gruppi di marinai, prostitute, travestiti e ragazzi soli come Guy.

L’ambiente del cafè e i personaggi presenti all’interno richiamano suggestioni provenienti dal passato. Si percepisce degrado e promiscuità. Le pareti rosse del locale richiamano le case di Parigi che il pittore Toulouse Lautrec amava rappresentare con pennellate nervose ma veritiere. La donna/uomo al bancone con i capelli a la garconne, con trucco pesante, rossetto rosso e abito nero con piume assomiglia alle donne proposte da Ernst Ludwig Kirchner, della Berlino tra gli anni Venti e Trenta del Novecento. Figure spigolose, con abiti scuri, volti scavati era la femminilità rappresentate dall’artista, a testimonianza del degrado e della solitudine psicologica e sociale che l’umanità viveva in quegli anni. Oltre a ciò, la figura del film richiama anche il dipinto Soir Bleu, del 1914 di Edward Hopper in cui il tema della maschera sembra far da padrone. Una cameriera/prostituta con capelli alla maschietta, rossetto rosso, occhi con eyeliner nero e guance eccessivamente truccate sta prendendo ordinazioni ad un tavolo al quale sono seduti personaggi particolari e strani, tra cui un uomo mascherato da Pierrot. Tutte le figure al tavolo hanno in bocca una sigaretta, simbolo dell’appartenenza a un determinato ceto sociale, inteso come bohème, tipico del mondo parigino, in cui il mondo dell’arte e del crimine si incontrano.

Ad aspettare Guy per fargli compagnia c’è Jenny, una ragazza più grande di lui. Continui sono i richiami con l’arte: il paravento con motivi orientali è visibile in moltissimi dipinti impressionisti e post-impressionisti, da Manet, a Cezanne a Van Gogh, a testimonianza dell’interesse per la cultura giapponese e dell’estremo oriente.

Mentre Guy passa la notte in compagnia di Jenny, a casa la zia, in seguito ad un peggioramento del suo stato di salute, muore. Con lei era presente fino all’ultimo momento Madelaine, la quale raccoglie i suoi oggetti personali per lasciare definitivamente la casa. La giovane è però bloccata da Guy, che le chiede di restare al suo fianco.

Interno del Cafè du Port
Fonte Les Parapluies de Cherbourg
Au Salon de la rue des Moulins Henri Toulouse Lautrec
Henri de Toulouse-Lautrec, Au Salon de la rue des Moulins, 1894, Fonte Wikipedia
Edward Hopper, Soir Bleu, 1914
Guy al Cafè du Port
Fonte Les Parapluies de Cherbourg
Giugno 1959 Les Parapluies de Cherbourg
Fonte Les Parapluies de Cherbourg

E’ Giugno del 1959. Guy esce da uno studio notarile, in un completo elegante, felice. Finalmente il suo desiderio più grande si avvera: avrà un benzinaio tutto suo. Moderno, bianco, con scritte rosse, proprio come lo sognava. Accanto a lui ora c’è Madelaine. La ragazza con abito aranciato a pois fucsia e cerchietto dello stesso colore, aspetta il giovane seduta al tavolo di una gelateria. E’ in questo momento che Guy le chiede di condividere la loro vita insieme.

Guy e Madelaine al cafè
Fonte Les Parapluies de Cherbourg
Dicembre 1963 Les Parapluies de Cherbourg
Fonte Les Parapluies de Cherbourg

La parte finale del film si conclude con il mese di Dicembre del 1963. Madelaine e Guy trascorrono una vita felice e hanno avuto un bambino, che nella scena si è travestito da pellerossa (erano molto di moda i costumi degli indiani e dei cow boy). Il bimbo indossa la tutina blu da benzinaio con il marchio Esso sulla taschina, quasi come se volesse imitare il padre. Madelaine è felice; i suoi capelli sono ora più corti, tenuti indietro da una fascia elastica.

Fonte Les Parapluies de Cherbourg
Fonte Les Parapluies de Cherbourg
Illustrazione del libro per bambini Bedtime Stories di Uncle Maxwell, Arthur Pretending Indians Tens Boys Red wagon Volume 9, 1965, Fonte Pinterest

Nel momento in cui la giovane madre si allontana con il bambino, si ferma una macchina nera per chiedere rifornimento. All’interno una ragazza bionda, sofisticata, in pelliccia, con capelli cotonati tenuti in ordine da un fiocco nero, con orecchini e anelli vistosi.

E’ Geneviève. I due ex innamorati si scambiano qualche parola, ma tra di loro ormai non c’è più alcun legame. Entrambi sono sorpresi di rivedersi dopo anni, ma anche molto dispiaciuti. Ora però è Guy che appare fermo nelle sue decisioni e contento di avere una ragazza come Madelaine al suo fianco. Geneviève sembra quasi stonare vicino al giovane, la loro diversità e lontananza è accentuata dall’abbigliamento. Entrambi si allontanano e ognuno ritorna alla propria vita, con il pensiero del loro ormai, lontano amore.

Fonte Les Parapluies de Cherbourg
Pubblicità di bigodini, 1960 circa, Fonte Pinterest
Fonte Les Parapluies de Cherbourg
Fonte Les Parapluies de Cherbourg
Edward Hopper, Orleans, un ritratto, 1950

E’ stato entusiasmante analizzare l’abbigliamento dei personaggi di Le Parapluies de Cherbourg per i continui rimandi alla storia della moda, ma soprattutto alla storia dell’arte. Sono numerosi i collegamenti con Hopper, per testimoniare la società e la città immersa in un improvviso cambiamento; anche i dipinti impressionisti riescono a trasmettere l’atmosfera percepibile in alcuni punti del film. Per quanto riguarda gli abiti, invece, nonostante l’estrema semplicità riescono a caratterizzare la personalità, le paure, i sogni e i desideri di ogni singolo personaggio.

Spero che questa analisi assolutamente personale degli abiti del film vi sia piaciuta!

Avete mai visto Les Parapluies de Cherbourg? Cosa ne pensate?

Fatemi sapere!

Valentina

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Welcome to VALELLE!

X
error: Content is protected!!